Tribunale aperto agli studenti |"Sono loro i cittadini di domani" - Live Sicilia

Tribunale aperto agli studenti |”Sono loro i cittadini di domani”

I tribunali italiani celebrano la giornata per la giustizia indetta dalla Giunta Esecutiva dell’Anm. LE FOTO

CATANIA – La giornata nazionale per la giustizia: l’Anm apre il tribunale agli studenti. Si respira un’atmosfera frizzante al Palazzo di Giustizia con l’atrio centrale pieno di dipinti e banchetti e le aule piene di ragazzi. “La lezione” di oggi è impegnativa e riguarda la legalità, i professori sono i magistrati dell’Anm, pronti a sciogliere dubbi e illustrare il funzionamento della macchina della giustizia. Riccardo e Franz studenti quattordicenni del Galilei non hanno dubbi: “Giornate come questa andrebbero svolte più volte durante l’anno”, dicono entusiasti dopo avere fruito delle lezioni dei magistrati sul funzionamento dei processi e sulle tecniche d’interrogatorio.

I banchetti delle associazioni antiracket e antimafia (Libera Impresa, Addiopizzo e Libera) sono letteralmente presi d’assalto dagli studenti che, tra il racconto di un volontario e un dépliant informativo, ricevono in dono libretti della Costituzione. Il clima è gioioso e anche le storie dure, come quelle delle vittime della mafia, hanno un sapore nuovo: sono l’inizio, per tanti, di un viaggio nella memoria che guarda, però, al domani e pretende un impegno da parte di ogni cittadino. Libri di cartone raffiguranti le vittime della mafia si trovano ai piedi dei dipinti realizzati dagli studenti del liceo Emilio Greco. Gli studenti riconoscono i volti dei caduti per la lotta alla mafia, qualcuno lo vedono qui per la prima volta e iniziano a chiedere informazioni.

Oggi sono assetati da sete di conoscenza, domani lo saranno di giustizia. Sono loro i veri protagonisti di questa giornata, che contestualmente si svolge in tutti i tribunali italiani, “i cittadini del domani” come li definisce il presidente dell’Anm, Pasquale Pacifico. Nell’aula II Assise i magistrati etnei proiettano un documentario sui beni confiscati e parlano dei risultati concreti ottenuti negli ultimi anni. Le cifre sono impressionanti: 1200 ettari di terreni, circa un decimo della città di Catania è stato sottratto alla criminalità.

L’aula Serafino Famà, per l’occasione, è stata adibita ad auditorium per il concerto messo su dai ragazzi dell’orchestra giovanile “Di.sco Brass Ensemble”. C’è pure qualche avvocato tra i corridoi del tribunale. Il presidente della Camera Penale, Enrico Trantino, ai microfoni di LiveSicilia, interviene sull’iniziativa organizzata dall’Anm plaudendo all’evento ma avanzando al contempo una serie di riserve. “E’ sempre auspicabile che il Palazzo sia una casa di vetro aperta a tutti, ci dispiace però quando vi è un effetto di personalizzazione quasi a far credere che il palazzo appartiene a qualcuno che da padrone di casa apre le porte al pubblico”. “Il Palazzo – continua Trantino- è aperto al pubblico ogni giorno e anzi vorremmo che i catanesi venissero più spesso per verificare l’efficienza della giustizia e come questa si ripercuota sulla tutela dei diritti dei cittadini”.

Il presidente della Camera Penale riconosce nella “carenza di organico” un problema da affrontare, ma ci tiene a precisare che in alcuni casi davanti a proposte avanzate dagli avvocati (ad esempio fare tornare i magistrati in distacco presso gli uffici ministeriali) non si riesce a trovare una “sponda” con le associazioni di categoria. “Ripeto, queste giornate sono positive purché però non servano pretestuosamente per creare un consenso che poi si volge verso altre direzioni cioè una trasversalità contro la politica quando si parla di individuare dei sistemi o delle riforme che incidano anche sul loro status come la responsabilità civile”, continua Trantino.

“Noi abbiamo rispetto per la funzione magistratuale senza la quale certamente non potremmo realizzare quei criteri di efficienza che vogliamo. Però, credo anche si possa trovare attraverso una sintesi delle diverse componenti. Il problema è che a volte quando parliamo di giustizia sembra quasi che magistrati e avvocati si trovino su due livelli contrapposti, non è così”, precisa Trantino che non disdegna l’idea di iniziative comuni.

I temi da dibattere, però, rimangono il nodo da sciogliere. “Una sintesi può esserci solo su certi argomenti”, dice chiaramente il Pm Pasquale Pacifico. “È ovvio che ci sono alcuni punti su cui la sintesi non sarà mai possibile (a meno che non cambino idea loro), penso alla responsabilità civile e alla separazione delle carriere, su altre tematiche si possono invece trovare punti d’incontro penso ai disagi concreti sul mal funzionamento della macchina della giustizia e la carenza di risorse, quelli li patiamo tutti: magistrati, avvocati e soprattutto cittadini”.

E la giornata di oggi è anche un momento per fare il punto su un tema che sta molto a cuore ai magistrati: la responsabilità civile (“che rischia di divenire un vulnus, un colpo gravissimo all’autonomia della magistratura”). Un argomento all’ordine del giorno nel dibattito politico e che ha visto il governo nazionale poco incline ad accogliere i suggerimenti dei diretti interessati e spesso sprezzante nei toni. La premessa per affrontare il tema della responsabilità civile dei magistrati è il bilanciamento tra due valori tutelati dalla carta costituzionale: da un lato l’articolo 28 che sancisce il principio di responsabilità civile, penale ed amministrativa dei dipendenti pubblici e dall’altro l’articolo 104 che prevede l’indipendenza e l’autonomia della magistratura da ogni altro potere.

La giunta distrettuale di Catania incontrando i giornalisti in conferenza stampa ha evidenziato le criticità dell’intervento paventato dal governo sull’autonomia della magistratura. A supporto della loro posizione c’è il parere, votato all’unanimità (quindi anche dai laici), dal Csm sul progetto di riforma: “Una sonora bocciatura” in virtù del fatto che “la responsabilità civile non può avere funzione di strumento surrettizio per mettere pressione sul magistrato al fine di aumentare la qualità o la produttività dell’attività del singolo magistrato”, spiega il presidente dell’Anm etnea Pasquale Pacifico.

Sono soprattutto tre i punti di criticità sintetizzati dalla vignetta graffiante illustrata da un manifesto affisso alle pareti raffigurante un giudice che ha dinanzi un imputato con tanto di valigetta colma di denaro. In primo luogo il provvedimento in questione non lo vuole, come spesso si è detto, la Corte di Giustizia Europea che ha “solo affermato che la responsabilità dello Stato (non del singolo magistrato) non può essere limitata ai soli casi di dolo o colpa grave”. In secondo luogo c’è l’aspetto interpretativo e “il rischio di conformismo giudiziario”.

Il concetto di colpa grave, “una dizione troppo generica”, rischia di abbracciare “l’ipotesi di travisamento del fatto o delle prove” e “pone il rischio che si possa arrivare ad affermare una responsabilità per l’interpretazione di norme di legge”. Pacifico ha ricordato casi, come “sui diritti fondamentali della persona”, settori come eutanasia e fecondazione assistita, l’interpretazione della legge è stata fondamentale visto il sonno del legislatore. Infine il terzo punto osteggiato dall’Anm: l’eliminazione del filtro di ammissibilità sulle domande. Ciò avrebbe due conseguenze molto gravi: “Ingolferebbe ulteriormente le aule giudiziarie ed esporrebbe il magistrato in ogni fase e grado di giudizio alla spada di Damocle di una richiesta risarcitoria, anche pretestuosa, potrebbe condizionarne imparzialità e indipendenza”.

Un problema quest’ultimo che è in primis del cittadino. “Soprattutto per le fasce più deboli della cittadinanza – tuona Pacifico- un giudice meno autonomo e condizionabile in una controversia tra lavoratori e una multinazionale da quale delle due parti pensate sarebbe condizionato? Lascio a voi la risposta”. “Noi non siamo contrari a qualunque ipotesi di riforma, ma vogliamo quelle che servono a fare funzionare la giustizia”, spiega il Pm che rimanda al mittente (il governo nazionale) la tacita accusa di conservatorismo. Insomma, il vero problema non sono le ferie dei magistrati ma la loro autonomia.


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