I racconti di Vito Galatolo | Radiografia di un pentito - Live Sicilia

I racconti di Vito Galatolo | Radiografia di un pentito

Il boss viene considerato un pentito vero. Per i pm è "soggettivamente credibile ed intrinsecamente attendibile". Il nuovo numero di "S" pubblica i suoi verbali e ricostruisce i motivi che portano i magistrati a credere alle sue dichiarazioni. CLICCA QUI PER ACQUISTARLO.

PALERMO – “Soggettivamente credibile ed intrinsecamente attendibile”. È stato il tribunale del Riesame di Palermo, con queste parole, a mettere per iscritto quella che fino ad allora era solo un’impressione raccolta nelle stanze del palazzo di giustizia. Vito Galatolo viene considerato un pentito vero. “Le dichiarazioni, proprio per la loro rilevantissima valenza, non solo sono in grado di aggiungere elementi ulteriori a carico di Vincenzo Graziano ma – scrivono ancora i giudici nell’ordinanza – consentono anche di chiarire, di valorizzare e di attribuire maggiore forza dimostrativa agli elementi già acquisiti che quindi ormai assumono ben altro spessore una volta illuminati da quanto desumibile dalle dichiarazione di Galatolo”.
E così Graziano, uno dei primi ad essere inguaiati dalle dichiarazioni dell’aspirante collaboratore, è rimasto in cella. È recluso al 41 bis, il regime del carcere duro che spetta ai capi di Cosa nostra. L’attendibilità di Galatolo non viene misurata sulla ricerca, finora vana, del tritolo con cui – è stata una delle prime cose che ha raccontato – la mafia di Palermo voleva ammazzare il pubblico ministero Antonino Di Matteo. E neppure sull’episodio da lui riferito che individuerebbe in Matteo Messina Denaro il grande regista dell’attentato. Sul punto i pm che danno la caccia al latitante sollevano più di un dubbio: non convincono alcuni passaggi delle lettere del padrino e la tempistica della spedizione. Galatolo, però, non è stato il destinatario delle missive con cui il boss avrebbe ordinato l’omicidio. Racconta di averlo saputo da Girolamo Biondino, capomafia di San Lorenzo, a cui erano pervenute le direttive di Messina Denaro.
È per questo che la partita dell’attendibilità di Galatolo si gioca su altri terreni. E finora chi ha raccolto le sue dichiarazioni è convinto della sua buona fede perché il boss dell’Acquasanta ha rivelato particolari finora inediti, elementi investigativi che vanno ben oltre il materiale probatorio già raccolto e inserito nelle ordinanze di custodia cautelare che Galatolo ha avuto modo di leggere. Fa nomi e cognomi di insospettabili prestanome e avrebbe fornito ai magistrati le chiavi per aprire i forzieri di famiglia. E le deleghe di indagine sono state affidate a tappeto ai finanzieri del Nucleo speciale di Polizia valutaria.
Il primo riscontro sulla sua credibilità arriverebbe proprio da una vicenda legata all’attentato a Di Matteo. Galatolo ha raccontato che non si escluse di uccidere il pm servendosi di Salvatore Cucuzza, killer di Pio La Torre e collaboratore di giustizia, morto nel luglio scorso, che avrebbe dovuto attirare in un tranello il magistrato, chiedendo di essere interrogato. A quel punto lo avrebbero assassinato a Roma a colpi di kalashnikov. Galatolo riferisce pure di contatti fra uomini della famiglia Graziano con il collaboratore di giustizia, avvenuti nel 2012. Il “formidabile riscontro” arriverebbe dal fatto che il neo dichiarante non poteva sapere che gli stessi contatti erano emersi durante alcune indagini, ancora in corso, della Direzione distrettuale antimafia di Palermo. C’è di più, però. Molto di più, nei verbali che Galatolo ha riempito davanti ai magistrati di mezza Procura.

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