"Mazzette e fotovoltaico" | Vitrano condannato a 7 anni - Live Sicilia

“Mazzette e fotovoltaico” | Vitrano condannato a 7 anni

L'ex deputato regionale Gaspare Vitrano

Il reato contestato all'ex deputato regionale Gaspare Vitrano è stato riqualificato da concussione in "induzione indebita a dare o promettere utilità”. Niente risarcimento danni per le parti civili.

PALERMO – La condanna è pesante, ma il reato è stato riqualificato come meno grave rispetto a quello contestato all’inizio. Il Tribunale di Palermo ha condannato a sette anni di carcere l’ex deputato regionale Gaspare Vitrano.

Una pena inflitta non per concussione, ma per “induzione indebita a dare o promettere utilità”. Si tratta di un reato introdotto nel 2012 con l’articolo 319 quater che si configura quando “il privato soddisfa la pretesa del pubblico ufficiale, la cui richiesta è assistita da una pressione più contenuta, per ottenere un indebito beneficio”. I privati in questo caso erano l’imprenditore Giovanni Correro e l’ingegnere Piergiorgio Ingrassia che avevano puntato il dito contro il politico. Con la nuova legge, che può essere applicata retroattivamente solo all’imputato, sono previste sanzioni anche per i privati. Il Tribunale ha respinto la richiesta di risarcimento danni avanzata dalle parti civili.

Erano stati gli stessi pubblici ministeri Maurizio Agnello e Sergio Demontis a chiedere la riqualificazione del reato e la condanna di Vitrano a otto anni. Uno in più di quanti gliene siano stati inflitti dalla terza sezione del Tribunale, presieduta da Fabrizio La Cascia. Giudici a latere erano Daniela Vascellaro e Salvatore Flaccovio.

L’ex deputato regionale del Pd fu arrestato, a marzo del 2011, mentre intascava quella che è stata considerata dall’accusa una mazzetta di diecimila euro da Correro, imprenditore del fotovoltaico, nelle scale dell’Azienda sanitaria di via Cusmano a Palermo. In carcere era finito anche Piergiorgio Ingrassia, l’ingegnere che avrebbe fatto da mediatore. Fu Ingrassia ad accusare Vitrano e Mario Bonomo, pure lui ex deputato, svelando che i due erano titolari di fatto di società nel settore delle energie rinnovabili, formalmente intestate a prestanome. Secondo l’accusa, i due parlamentari agevolavano le attività delle imprese snellendo i tempi e gli iter di autorizzazioni e procedure burocratiche. Bonomo è sotto processo davanti a un’altra sezione del Tribunale.

Secondo i pm, Vitrano, Bonomo e Ingrassia erano in affari nella Green srl, un’impresa con sede a Palermo, che avrebbe ottenuto dalla Regione siciliana, grazie anche all’interessamento dei deputati, le licenze per la costruzione di due impianti fotovoltaici a Carlentini, nel Siracusano. Proprio il fatto che esistesse una società fra i tre è stato uno dei punti sostenuti nella difesa degli avvocati Vincenzo Lo Re e Fabrizio Biondo. Come dire, non si può imporre una tangente ad uno con cui si è in affari.

I legali annunciano battaglia e inviano una nota di precisazione: “Dalla lettura del dispositivo deduciamo che Correro non è vittima di una pretesa estorsiva, ma avrebbe pagato in cambio di futuri vantaggi imprenditoriali. Il problema è che le promesse, alternate a palesi pressioni, gli furono fatte da Ingrassia. Di ben altro tenore è la conversazione intercorsa tra Correro e Vitrano al momento dell’arresto. Per quanto concerne Ingrassia le somme date a Vitrano e quelle ricevute da Vitrano rientrano in una iniziativa imprenditoriale comune che risulta tra l’altro da un foglio sequestrato ad Ingrassia in cui si trova in chiaro riferimento a tre quote del 33% (Ingrassia, Vitrano e Bonomo), da una tripartizione utili e spese consegnata da Ingrassia a Bonomo e da numerose e mail intercorse con i collaboratori di Bonomo e Vitrano che aiutavano Ingrassia nei progetti della Enerplus. E’ una sentenza di primo grado e il tempo è galantuomo”.

Secondo l’accusa, che ha retto al vaglio dei giudici, Vitrano e Bonomo controllavano le aziende attraverso alcuni prestanome. I due deputati ne detenevano il 40% ciascuno, mentre all’ingegnere Ingrassia spettava il restante 20%. Nell’inchiesta, sono finite sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti anche altre due società del fotovoltaico: l’Enerplus 2010, gemella della Enerplus, società a responsabilità limitata. Le due imprese, che avevano realizzato degli impianti nel palermitano, avevano aumentato subito il loro valore tanto da essere vendute a una società spagnola per oltre sei milioni di euro. I fondi sarebbero poi stati versati in due conti in Svizzera: uno di Ingrassia e l’altro di Marco Sammatrice, nipote di Bonomo e socio della Green srl. Ingrassia, che ha collaborato con gli inquirenti, ha patteggiato la condanna a due anni. Correro ha raccontato le pressioni di Ingrassia affinché versasse la tangente.

Il collegio ha disposto la confisca di 80 mila euro a danno di Vitrano. Altro non sono che i soldi che Ingrassia, assistito dagli avvocati Giovanni Di Benedetto e Ugo Castagna, avrebbe versato negli anni a Vitrano. Correro era invece assistito dall’avvocato Salvatore Forello.

 


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