Crocetta e il caos Sicilia e-Servizi | L'atto d'accusa della Finanza - Live Sicilia

Crocetta e il caos Sicilia e-Servizi | L’atto d’accusa della Finanza

Il "caso" delle assunzioni nella Spa, già censurato dalla Corte dei conti, è racchiuso nelle 48 pagine che il Nucleo di polizia tributaria ha consegnato ai pubblici ministeri di Palermo. Accuse che coinvolgono anche sei ex assessori e l'ex ragioniere generale Pisciotta.

PALERMO – Niente e nessuno obbligava Crocetta e Ingroia ad assumere i 75 di Sicilia e-Servizi. Anzi, nel farlo, il governatore e l’ex pm avrebbero violato la legge e adesso rischiano di finire nel registro degli indagati per abuso d’ufficio.

L’atto d’accusa della guardia di finanza è contenuto in 48 pagine che il Gruppo tutela spesa pubblica del Nucleo di polizia tributaria ha consegnato ai pubblici ministeri di Palermo. Un atto d’accusa che i pm hanno girato al giudice per le indagini preliminari Lorenzo Matassa assieme alla richiesta di archiviazione dell’inchiesta aperta e rimasta sempre a carico di ignoti. Alla luce dell’informativa, però, sostiene il Gip, l’indagine non può e non deve restare a carico di ignoti. Bisogna iscrivere nel registro delle notizie di reato i nomi di coloro che vengono citati nelle 48 pagine consegnate nell’aprile del 2014 e firmate dall’allora comandante del Nucleo di polizia tributaria Stefano De Braco e da quello del gruppo Spesa pubblica, Fabio Ranieri. Oltre al governatore e all’ex pm, ecco anche i nomi deli assessori di Crocetta (Nino Bartolotta, Nelli Scilabra, Patrizia Valenti, Dario Cartabellotta, Michela Stancheris ed Ester Bonafede) oltre all’ex ragioniere generale Mariano Pisciotta.

Quelle assunzioni, secondo la Guardia di finanza avrebbero violato le norme che vietano qualsiasi tipo di nuovo contratto nella pubblica amministrazione. Norme introdotte già nel 2008 da una direttiva dell’ex governatore Raffaele Lombardo, ribadite nel 2010 dallo stesso presidente e successivamente anche dal governo Crocetta. Eppure, in quei giorni, sia il governatore che il commissario (poi sarebbe diventato amministratore unico) di Sicilia e-Servizi, nel giustificare quelle assunzioni avevano fatto riferimento a una deroga prevista proprio dalla norma del 2010. Nel ribadire il divieto, infatti, erano fatte salve le “procedure contrattuali discendenti da bandi ad evidenza pubblica effettuati prima dell’entrata in vigore della presente legge”. Su questa deroga si baserà il parere dell’Avvocato dello Stato Giuseppe Dell’Aira, che darà di fatto il “via libera” a quelle assunzioni. Peccato che, scrive la Guardia di Finanza, nessuna selezione e nessun bando a evidenza pubblica era stato effettuato prima del 2010 in Sicilia e-Servizi. Un dubbio, del resto, sollevato dall’allora dirigente del servizio partecipazioni e liquidazioni, Rossana Signorino: “Letta la bozza di parere – scrive in una mail indirizzata anche a Ingroia – non so fino a che punto sia esaustiva per permettere all’amministrazione di compiere i passi relativi all’assunzione”. Ingroia a quella mail risponderà: “Non è l’amministrazione che deve farlo, ma Sicilia e-Servizi, e da questo punto di vista mi pare che il parere ci dia spazio, anzi addirittura lo imponga”. Quel parere, secondo Ingroia, aveva persino “imposto” le assunzioni. Una interpretazione che per le Fiamme gialle sarebbe del tutto errata. “Il parere dell’Avvocatura dello Stato – scrivono infatti – è normalmente facoltativo, in quanto la sua adozione non può prescindere dall’iniziativa dell’organo di amministrazione attiva e non ha valore vincolante all’interno della Pubblica amministrazione”. Anzi, è lo stesso Avvocato dello Stato a precisare, nel parere sul quale Ingroia e Crocetta fondano la propria decisione, che la volontà di assumere o meno atteneva alla discrezionalità del governo regionale.

Quelle assunzioni, insomma, avrebbero violato leggi e buon senso. Un concetto del resto affermato già in maniera durissima dalla Procura della Corte dei conti, che ha rinviato a giudizio contabile Crocetta, Ingroia e anche l’avvocato dello Stato, oltre a sottolineare come, con la decisione di assumere gli ex dipendenti del socio privato, il governatore avesse “rinnegato la prima scelta di legalità”, quella cioè di creare un ufficio interno alla Regione che assumesse le competenza della società partecipata.E invece, il governo è stato a guardare. Non ha favorito l’effettivo trasferimento delle competenze che erano alla base della convenzione tra i privati e la Regione, arrivando a un passo dalla scadenza di quella convenzione con una società “priva di idonee professionalità per garantire la prosecuzione ordinaria delle attività”. A dire il vero, dal mese di novembre la Regione aveva avviato l’affiancamento di personale interno a quello della partecipate. Per la guardia di finanza, però, si tratta solo di un escamotage: una scelta “seppur corretta sul piano procedurale, comunque adottata in ritardo, circostanza questa, che ha inevitabilmente impedito al personale coinvolto di acquisire competenze idonee a garantire, senza soluzione di continuità, il funzionamento dei sistemi info-telematici regionali e a scongiurare, al contempo, il popolamento aziendale (vietato per legge)”. Il “popolamento”, cioè le assunzioni.

Assunzioni che hanno creato un danno, secondo le Fiamme gialle, alle tasche dei siciliani. Un danno quantificato in 179 mila euro “corrispondente agli emolumenti erogati, in violazione di legge, ai dipendenti ex Sisev (la metà ‘privata’ dell’azienda) nei mesi di gennaio e febbraio 2014”, ma che potrebbe crescere esponenzialmente: “Ulteriori 2.257.736,42 euro saranno corrisposti per il pagamento degli emolumenti relativi ai restanti mesi contrattualizzati (marzo 2014-luglio 2015)”. Un danno da due milioni e mezzo.


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