“Uno a uno, la partita deve finire” | "Ridotti come uno scolapasta" - Live Sicilia

“Uno a uno, la partita deve finire” | “Ridotti come uno scolapasta”

Marcello, Lorenzo, Enrico, Alfredo e Salvatore Marra

L'omicidio Quartararo al Cep. Le intercettazioni incastrerebbero i fratelli Marra assieme alla testimonianza di una sorella degli arresti che ha rivelato: "Mio fratello teneva una pistola nascosta nel berretto di lana".

PALERMO – “Uno a uno”. “Sta partita deve finire”. Marcello e Salvatore Marra erano stati convocati in questura e si lasciarono andare a dei commenti senza immaginare di essere intercettati. Commenti che, secondo gli investigatori, rappresenterebbe la prova che ci sarebbe l’intera famiglia Marra dietro la sparatoria del Cep che costò la vita a Maurizio Quartararo.

Così come le cimici hanno intercettato un dialogo in cui si parlerebbe di una pistola, “quella lunga” che qualcuno aveva fatto sparire: “… le cose si sono buttate nel secchio”. Si tratterebbe dell’arma (“Quella cosa l’ho comprata 1.500 euro”, diceva Salvatore) con cui fu colpito a morte uno dei due fratelli Quartararo davanti alla bancarella dei meloni del mercatino rionale del Cep.

Ce n’è abbastanza, scrive il giudice per le indagini preliminari Sergio Ziino, per parlare di un “piano in preparazione da tempo” . I Marra “attendevano solo l’occasione più favorevole per vendicarsi di Maurizio” e di tutto il nucleo familiare. Perché dietro il delitto del Cep c’è la storia di una guerra infinita fra due famiglie. I Marra contro i Quartararo. I primi si sarebbero legati al dito l’offesa ricevuta dai secondi. Nel 2013 Lorenzo Marra era andato dai Quartararo per riportare a casa la moglie Caterina, sorella della vittima. Maurizio Quartararo aveva reagito prima colpendo con un bastone la macchina di Lorenzo e poi sparando contro di lui alcuni colpi di pistola.

Un anno dopo il fattaccio, su cui hanno fatto luce i poliziotti della sezione Omicidi della Squadra mobile e i carabinieri della compagnia di San Lorenzo. In un contesto di assoluta omertà è stata decisiva la testimonianza di una sorella degli arrestati. Ha raccontato ai poliziotti di avere visto “una pistola nascosta dentro il berretto di lana utilizzato da mio fratello Salvatore”. Sarebbe stata una delle due armi usate il 21 ottobre 2014 nella folle mattinata che gli investigatori hanno così ricostruito: scoppiano le ennesime scintille; stavolta sarebbe stata Caterina Quartararo ad offendere Provvidenza Bonanno, compagna di Marcello Marra. La lite si sposta in via Barisano da Trani dove abitano i due nuclei familiari. A quel punto, tra le 10.59 e le 11.02, i Marra sarebbero scesi di casa armati per fare fuoco contro i Quartararo. Alle 11.03 arriva una telefonata al 113. Qualcuno ha assistito alla scena.

Decisiva la presenza di un poliziotto che, libero da servizio, vede due uomini fuggire a bordo di uno scooter. Nel frattempo, appresa la notizia delle pistolettate, gli animi in via Barisano da Trani si surriscaldano ancora di più. Ed è ora che Maria Rita Bologna, madre dei Marra, avrebbe pronunciato la frase rivolta alla mamma dei Quartararo: “Te li abbiamo ridotti come un colapasta”.

Il resto lo hanno fatto le indagini. Campioni di povere da sparo sono stati trovati addosso a Marcello, Salvatore, Enrico ed Alfredo Marra. I loro alibi – dalla visita ginecologica della moglie alla compravendita di una macchina in un’agenzia di disbrigo pratiche – sono crollati. E così il procuratore aggiunto Claudio Corselli e il sostituto Alessandro Picchi hanno chiesto e ottenuto l’arresto dei Marra, assieme al quinto fratello, Lorenzo, considerato l’istigatore del delitto.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI