Alla sbarra i killer dei Carateddi |Ergastolo per Lo Giudice e Privitera - Live Sicilia

Alla sbarra i killer dei Carateddi |Ergastolo per Lo Giudice e Privitera

La sentenza d'appello del processo Revenge 3 in abbreviato. Non sono mancate le assoluzioni per alcuni delitti. Tutti i particolari.

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CATANIA – Vendette, regolamenti di conti, epurazioni interne. A Catania tra il 2001 e il 2010 la mafia ha colpito e ucciso. Oggi alcuni dei killer appartenenti alle fila della cosca Cappello Carateddi, tra cui i capimafia Orazio Privitera e Sebastiano Lo Giudice, sono stati condannati per alcuni di questi delitti dalla prima sezione della Corte d’Assise d’Appello di Catania. Arriva, dunque, al secondo grado di giudizio il processo Revenge 3, nello stralcio che si celebra in abbreviato. I giudici d’Appello in parte hanno sovvertito però il verdetto di primo grado del Gup. Non sono mancate le assoluzioni con la formula “per non aver commesso il fatto”.

Alla parola assolto pronuniciata dal presidente della Corte, Antonino Giurato, sono partiti gli abbracci e i baci all’interno delle gabbie. E non sono mancate le lacrime nei corridoi del Palazzo di Giustizia tra la folla di parenti presenti in attesa della lettura del dispositivo per i 14 imputati.

Antonio Aurichella, imputato per l’omicidio di Giacomo Spalletta, freddato in via Santa Maria della Catena il 14 novembre 2008, è stato assolto (30 anni in primo grado). Secondo l’accusa il vertice degli Sciuto Tigna fu ucciso per vendicare la morte del boss Sebastiano Fichera. Per Aurichella che era solo imputato per questo delitto, quindi, è assoluzione piena. “Questa sentenza – commenta a caldo il difensore Salvo Cannata – non fa altro che riequilibrare un errore commesso dal Gup in primo grado. E quindi conferma la bontà del nostro sistema nei vari gradi di giudizio che garantiscono una valutazione oggettiva dei fatti oggetti del processo”.

Sebastiano Lo Giudice è stato assolto per gli omicidi D’Angelo e Gianguzzo del 2001. La Corte d’Assise D’Appello ha infatti assolto con la formula “per non aver commesso il fatto” Sebastiano Lo Giudice, Antonino Bonaccorsi e Vito Acquavite per l’omicidio di Mario D’Angelo e per il reato collegato del porto d’armi. I giudici hanno assolto i tre insieme a Orazio Privitera per il delitto di Matteo Gianguzzo, caduti anche i capi d’accusa collegati: sequestro di persona, armi e distruzione di cadavere. D’Angelo fu ucciso a Catania in contrada Fiumazzo il 10 giugno del 2001, nella sua azienda agricola, alla base del delitto secondo l’accusa ci sarebbero stati i contrasti con il gestore di un’altra azienda agricola, parente di Domenico Privitera. E’ del 2001 anche l’uccisione di Matteo Gianguzzo: un presunto caso di lupara bianca; secondo la ricostruzione degli inquirenti – basata sulle dichiarazioni anche di due collaboratori di giustizia Vincenzo Fiorentino e Gaetano Musumeci – la vittima sarebbe stata sequestrata per avere informazioni sull’eliminazione di Massimiliano Bonaccorsi, avvenuta nel gennaio del 1997. Il cadavere sarebbe poi stato bruciato. Resta confermata la condanna di primo grado per Lo Giudice per gli altri delitti.

“Moderatamente soddisfatti per la parte assolutoria della sentenza, attendiamo le motivazioni in quanto riteniamo che vi siano spazi per ricorrere in Cassazione per gli altri capi d’imputazione”. E’ il commento dei difensori di Sebastiano Lo Giudice, gli avvocati Luca Blasi e Licino La Terra Albanelli.

Per Orazio Musumeci, imputato per l’omicidio di Luca Mario Grillo, avvenuto in via Genovesi, il 30 ottobre 2001, i giudici hanno derubricato il reato in favoreggiamento e lo hanno dichiarato “estinto per intevenuta prescrizione”.

Assolto per “non aver commesso il fatto” Alfio Sanfilippo. Era imputato per l’omicidio di Salvatore Tucci, commesso in via Feliciotto il 6 marzo del 2010. Gli inquirenti sono convinti che Tucci fu ucciso perché il clan pensava che fosse un confidente delle forze dell’ordine.

Altri sono i delitti al centro di questo processo. L’uccisione, registrata da una telecamera di videosorveglianza, di Orazio Daniele Milazzo. La morte di Salvatore Gueli: ammazzato il 2 dicembre 2007 perché avrebbe avuto rapporti di “vicinato” con un boss del Clan Cappello. E poi c’è “l’eliminazione” di Raimondo Maugeri: il cadavere fu trovato in via Gelso Bianco la mattina del 3 luglio 2009, un omicidio progettato dal Clan dei Cursoti con i Lo Piccolo di Palermo per destabilizzare gli equilibri di Cosa Nostra catanese. Per l’omicidio di Sebastiano Fichera e Raimondo Maugeri è in corso il processo di primo grado davanti alla Corte d’Assise di Catania.

Questo processo scaturisce da un’inchiesta che è l’ultimo capitolo del filone Revenge, partito con l’operazione del 23 ottobre 2009. L’indagine aveva fatto luce sugli equilibri del Clan Cappello e in particolare del gruppo dei Carateddi che storicamente gestisce le piazze di spaccio del rione San Cristoforo. Il gruppo era riuscito a diventare (secondo le ricostruzioni della procura) il gruppo più forte dei Cappello, tanto da detenere il monopolio del traffico di cocaina. Potere e denaro che ha permesso ai Carateddi di diventare il braccio armato del Clan. Con gli arresti Revenge secondo la Dda era stata evitata una nuova e cruenta guerra di mafia tra i Cappello e i Santapaola.

LE CONDANNE – Ergastolo per Sebastiano Lo Giudice, Orazio Privitera, Antonino Stuppia. Rideterminata in 30 anni rispetto alla sentenza di primo grado la pena per Antonino Bonaccorsi. 30 anni per Agatino Di Mauro, Alessandro Guerrera, Giovanni Musumeci, Giuseppe Platania, e Natale Squillaci.

LE ASSOLUZIONI: Assolto Vito Aquavite, Antonio Aurichella, Orazio Musumeci e Alfio Sanfilippo. I giudici hanno disposto per i quattro l’immediata liberazione, ma questo succederà solo se non sono detenuti per altra causa.


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