Colpo al clan di Santa Maria di Gesù | Sequestro e confisca ai Vernengo - Live Sicilia

Colpo al clan di Santa Maria di Gesù | Sequestro e confisca ai Vernengo

Antonino e Cosimo Vernengo

Il sequestro di cui è destinatario Cosimo Vernengo arriva al termine delle indagini patrimoniali eseguite dal Gico della Polizia Tributaria di Palermo. La confisca colpisce, invece, l'imprenditore edile Antonino Vernengo.

PALERMO - MAFIA
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PALERMO – Valgono un milione e trecentomila euro i beni sequestrati e confiscati a Cosimo e Antonino Vernengo dalla sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo.

Il primo nel 2010 è stato condannato a 12 anni di carcere per mafia e racket con sentenza definitiva. Originario di Avola, nel Siracusano, Cosimo Vernengo – figlio di Antonino, soprannominato “u dutturi”, e nipote di Pietro, entrambi condannati per mafia – è stato riconosciuto colpevole di sedici estorsioni commesse per conto della famiglia mafiosa di Santa Maria del Gesù. Il sequestro che riguarda due appartamenti e un magazzino del valore di 300 mila euro arriva al termine delle indagini patrimoniali eseguite dal Gico della Polizia Tributaria di Palermo. “I redditi dichiarati non sono sufficienti – scrivono i finanzieri – per giustificare gli acquisti e gli investimenti effettuati dall’interessato negli anni. Questa sproporzione ha fatto quindi supporre che i beni ora sequestrati siano stati acquisiti con i profitti dell’attività illecita della famiglia di origine”.

La confisca colpisce, invece, Antonino Vernengo, imprenditore edile arrestato nel 2007 per intestazione fittizia di beni, con l’aggravante di aver favorito la famiglia mafiosa di Cruillas, ma assolto definitivamente nel 2009. La ricostruzione della Procura non è servita a farlo condannare in sede penale, ma basterebbe, sostiene l’accusa, a giustificare la confisca del suo patrimonio. Antonino Vernengo sarebbe un soggetto socialmente pericoloso.

Anche in questo caso, i finanzieri agli ordini del comandante Francesco Mazzotta avrebbero fatto emergere la sproporzione fra gli investimenti e i redditi ufficiali. La pericolosità sociale, presupposto per l’applicazione della misura di prevenzione, emergerebbe da alcune intercettazioni telefoniche e da dichiarazioni dei collaboratori di giustizia.

Nel 2004 le microspie hanno captato le conversazioni tra Giovanni Nicoletti, Piero Di Napoli Piero ed Eugenio Rizzuto – tutti esponenti della famiglia mafiosa della Noce – da cui si evincerebbe che l’impresa di Vernengo avrebbe dovuto eseguire dei lavori su un terreno a Cruillas perché appoggiato da esponenti di Cosa nostra. Qualche mese dopo Salvatore Gottuso e Goorgio Campisi, anche loro indagati nella stessa inchiesta, sostenevano che Vernengo si fosse accaparrato tutti i lavori nella zona di Cruillas, sbaragliando la concorrenza di altri imprenditori per via della sua vicinanza a Luigi Caravello, allora reggente della famiglia di Cruillas: “…perché lui fa parte di Caravelle…perché comanda lui a Cruillas, per questo”. Come imprenditore “sponsorizzato” lo avevano descritto anche i collaboratori di giustizia Francesco Franzese e Andrea Bonaccorso, un tempo affiliati a San Lorenzo.

Ecco l’elenco dei beni confiscati ad Antonino Vernengo: impresa individuale “Vernengo Antonino” con sede in via Badia, tre appartamenti in via Theodor Daubler, una parte di un immobile in contrada Piraineto-Serra Cardillo, un terreno in via Trabucco, alcuni rapporti e conti correnti bancari.

Questi i beni sequestrati a Cosimo Vernengo: due appartamento e un magazzino in piazza Ponte dell’Ammiraglio.

 


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