Droga, estorsioni e prestanome |Chiesti oltre 300 anni di carcere - Live Sicilia

Droga, estorsioni e prestanome |Chiesti oltre 300 anni di carcere

E' entrato nel clou il processo scaturito dalla maxi inchiesta della Dda di Catania che aveva portato ad oltre 30 arresti tra le file dei Nizza e dei Santapaola. Le richieste di pena del rito abbreviato.

Processo Ghost
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CATANIA – Un quadrilatero della droga gestito da Daniele Nizza e Rosario “U Russu” Lombardo. L’operazione Ghost nel 2014 smantella un’organizzazione specializzata in traffico di droga a San Cristoforo e non solo. Cocaina, marijuana e hashish: piazze di spaccio per tutte le tasche e per tutti i gusti. Le vie Villa Scabrosa, Stella Polare, Playa, Del Principe (riunita in un’unica piazza) e via Alogna a San Cristoforo, mentre via Zia Lisa è il take away per il Villaggio Sant’Agata. Una mappa ben delineata nel pieno potere del clan Santapaola con una gestione manageriale dell’attività illecita. Le intercettazioni inchiodano “U Russu” a capo dello spaccio del Villaggio che – dalle risultanze investigative – era solito pianificare un “breafing” con i pusher e le vedette per organizzare lo spaccio serale.

E’ il pm Rocco Liguori davanti al Gup, nel corso dell’ultima udienza a Bicocca che vede imputati 34 persone, a ripercorrere il quadro probatorio raccolto sul traffico di droga grazie alle articolate indagini della Squadra Mobile tra il 2009 e il 2011. Periodo questo, in cui sono scattati anche diversi arresti e sequestri di droga in alcuni centri di “stoccaggio” localizzati lontano dalle piazza di spaccio. Un espediente di Rosario Lombardo per cercare di “evitare le perdite di stupefacenti a seguito di operazioni di controllo e ispezioni da parte delle forze di polizia”.

Gli agenti della Narcotici fecero irruzione in due abitazioni in via Osservatorio e in via Fossa della Creta. Cocaina (tra cui anche ovuli) e anche una mitraglietta Skorpion portarono all’arresto di Antonino Marletta. A casa della madre, Giovanna La Mattina, anche lei imputata nel processo che si celebra con il rito abbreviato, i poliziotti scovarono mezzo chilo di erba. Era il 2010. A nulla servì quella lezione, perché l’anno scorso durante il blitz la Squadra Mobile sequestra un altro “significativo” quantitativo di marijuana.

E Daniele Nizza, fratello del boss Fabrizio (da poco diventato collaboratore di giustizia), a rivestire il ruolo di capo delle piazze di spaccio di San Cristoforo. I due fratelli diventano uomini d’onore nel 2007 come emerge nel processo Stella Polare dall’interrogatorio di Santo La Causa, ex reggente dei Santapaola. Il pentito ha permesso di sferrare duri colpi contro Cosa Nostra catanese. I Nizza entrano a pieno titolo nel gruppo della Civita e piano piano, grazie al monopolio del “fumo” proveniente dall’Albania, diventano una vera e propria famiglia di “rango criminale”. Alla sbarra anche Davide Seminara, luogotenente dei Nizza e da poco entrato nel programma dei collaboratori di giustizia.

Non fa sconti il sostituto della Dda nelle richieste di pena avanzate al giudice: 20 anni per i due capi Daniele Nizza e Rosario Lombardo; 16 anni per Giuseppe Boncaldo, Giovanni Catalano, Marcel Diaccioli, Davide Salvatore Licciardello, Orazio Mantello, Antonino Mascali, Antonino Marletta, Carmelo Migliorino, e Raimondo Santonocito; 12 anni per Francesco Belsivo, Giovanna La Mattina e Giuseppe Valentino Caltabiano; 11 anni e 8 mesi per Jonathan Fichera, Francesco Scuderi, Andrea Vitale e Salvatore Scavone; 8 anni e 27 mila euro di multa per Cesare Marletta; 2 anni e 5000 euro di multa Giuseppe Migliorino e Carmelo Motta; 3 anni per Davide Seminara.

Il sostituto procuratore Jole Boscarino nella sua parte di requisitoria ha analizzato l’impianto probatorio riguardante il vincolo associativo, il racket delle estorsioni e le intestazioni fittizie. Un ruolo particolarmente rilevante all’interno dell’organizzazione lo avrebbe avuto – secondo le risultanze investigative – Benedetto Cocimano. In particolare lo storico reggente dei Santapaola avrebbe cercato di depistare le iniziative della polizia utilizzando stratagemmi che lo avrebbero portato ad essere un essere “invisibile”. Non usava il cellulare, non dormiva nella stessa casa e gli appuntamenti con i sodali erano sempre “face to face”. Un fantasma (da qui il nome dell’inchiesta) che avrebbe gestito la “cassa degli stipendi” della cosca. Le contestazioni fanno riferimento ad un periodo storico cruciale per la cosca: è nel 2009 che la famiglia esautorata dai reggenti finiti in cella sta riorganizzando la sua piramide gerarchica. E Cocimano – secondo la tesi accusatoria – diventa uomo di rilievo. Il “fantasma” è intercettato. In piazza Cutelli avvengono importanti incontri tra “capi”: le telecamere piazzate dalla Squadra Mobile registrano tutto. E nel 2011 Benedetto Cocimano finisce in manette per estorsione: secondo le ricostruzioni dell’accusa aveva costretto il titolare di un’impresa edile catanese al pagamento, sin dal 2009, di somme che andavano dai 2.000 ai 5.000 euro. E non solo estorsioni ma anche la regia di una serie di intestazioni fittizie: con il collaudato sistema dei prestanome Benedetto Cocimano avrebbe predisposto – secondo la ricostruzione della procura – l’intestazione fittizia di due società del settore edile, la “P.M.L. Costruzioni s.r.l.” e la “AL.CO. Costruzioni s.r.l.

Pesanti le richieste di condanna per gli altri imputati. Per Benedetto Cocimano il pm Boscarino ha chiesto di comminare una pena di 12 anni di reclusione e il pagamento di 6 mila euro di multa. 16 anni e 4 mila euro di multa è quanto chiesto per Massimiliano Alessi, dieci di reclusione e 9 mila euro di multa per Salvatore Ottavio Papale, per Giuseppe Scaletta 10 anni e sei mila euro di multa, dieci anni e sei mila euro di multa anche per Lorenzo Michele Schillaci e Giuseppe Felice; sei anni (in continuazione di una sentenza) per Ignazio Cavallaro. Richiesta di assoluzione, invece, con la formula perché “il fatto non costituisce reato” per Agata Caratozzolo e Concettina Palumbo.

 


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