Crocetta, Renzi e lo scaricabarile | E la Sicilia cade a pezzi - Live Sicilia

Crocetta, Renzi e lo scaricabarile | E la Sicilia cade a pezzi

La “guerra” tra Palermo e Roma per l'utilizzo dei fondi Pac sul dissesto idrogeologico, i tagli in Finanziaria, il flop delle Province e l'azzeramento degli investimenti per pagare debiti e stipendi. E un pilone crollato che ha diviso in due un'Isola allo stremo. Sindacati, costruttori, artigiani: “Così affondiamo”.

PALERMO – Il crollo del pilone è l’immagine del prossimo crollo del Pil. La fotografia di una Sicilia sempre più cadente. E mentre il governatore Crocetta “litiga” con l’esecutivo di Renzi, l’Isola è immobile: senza fondi per il rischio idrogeologico, senza soldi per le infrastrutture, senza un euro per gli investimenti. In pratica senza un presente e senza un futuro. E divisa in due.

“Roma, invece di fare chiacchiere, ci dia i soldi”, ha protestato il presidente della Regione. E il riferimento, tra gli altri, è proprio indirizzato alla gestione dei fondi per il contrasto del dissesto idrogeologico, sfumati tra ritardi e rimpalli di competenze. La legge di stabilità del governo nazionale, infatti, ha deciso il recupero di tutti quei fondi Pac non ancora spesi alla fine del 2014. Tra questi, come detto, i circa 100 milioni di euro che la Sicilia avrebbe dovuto utilizzare per il contrasto al dissesto. “Troppo tardi”, ha praticamente detto Roma alla Sicilia. E in effetti, non è che il governo regionale abbia brillato per celerità. È il luglio del 2013 quando la giunta Crocetta approva la prima ripartizione dei fondi Pac. Una specifica linea di intervento è destinata al rischio idrogeologico. Si va avanti così da giunta in giunta, da rimodulazione in rimodulazione dei fondi. Fino a una somma di 119 milioni riconosciuta alla Sicilia dal dipartimento per lo sviluppo economico. Ma siamo già nell’ottobre del 2014. Sei mesi fa. Solo pochi mesi prima, ad agosto, veniva istituito un capitolo nel bilancio della Regione destinato al dissesto, con una dotazione finanziaria iniziale di 30 milioni.

Ma come detto, ecco la legge di stabilità nazionale. E la decisione del governo Renzi di togliere 3,5 miliardi alle Regioni del Mezzogiorno e alla Valle d’Aosta. Somme drenate con un criterio spietato: la decurtazione sarà proporzionale alla percentuale di fondi non spesi. E la Sicilia, in questo senso, è messa malissimo. Il totale dei Fondi Pac destinati all’Isola ammonta infatti a quasi due miliardi. Di questi, la Sicilia ha speso o impegnato circa 600 milioni. Il resto torna a Roma.

Tra questi appunto i fondi per il dissesto. Nonostante nel novembre scorso, 25 interventi fossero già stati selezionati dalla Regione: per circa 14 milioni di euro. I progetti più importanti (da circa un milione di euro l’uno), quelli destinati al bacino del torrente Mela, alla statale 115 nel Siracusano, alla zona compresa tra i comuni di Grotte, Licata e Racalmuto, al bacino del torrente Mazzarà, alla zona tra i comuni di Casteltermini e Cammarata, al Catanese (nella zona di Randazzo). Tutto fermo, adesso. Per Roma la Sicilia ha perso troppo tempo. Per il governo regionale quello è uno “scippo”.

Ma insieme ai soldi per il rischio idrogeologico, a “sfumare” tra i ritardi dell’amministrazione e della burocrazia siciliana, ecco anche una serie di interventi destinati alle infrastrutture siciliane. Tra gli altri, 45 milioni per completare l’autostrada Siracusa-Gela, 25 milioni per l’ammodernamento della Santo Stefano Camastra-Gela, 30 milioni per i collegamenti con l’aeroporto di Comiso, 58 milioni per sistemare le strade provinciali e secondarie, 7 milioni per migliorare la sicurezza sulle arterie stradali dell’Isola. Tutto sfumato. Tutto fermo.

E se in questi casi è difficile riuscire a capire dove finisca la responsabilità siciliana e dove inizi quella romana, molto più chiaro è ciò che è accaduto su altre strade dell’Isola e anche nell’ultima finanziaria. Nella legge di stabilità presentata in queste ore all’Ars, infatti, il governo Crocetta è intervenuto sforbiciando anche quelle voci destinate agli effetti delle calamità naturali e del dissesto: circa 700 mila euro tolti alle voci riguardanti le spese di prima assistenza per fronteggiare i danni conseguenti a stati di emergenza, a quelle per la difesa dell’incolumità pubblica, a quelle per il contrasto a eventi climatici eccezionali, alle opere pubbliche e al consolidamento di abitati situati in zone franose, alla sistemazione e alla manutenzione ordinaria di opere marittime, agli interventi della Protezione civile per le “emergenza infrastrutturali”.

E a proposito di “emergenze infrastrutturali”, le strade gestite dalle ex Province crollano pezzo dopo pezzo, insieme alla riforma che avrebbe dovuto segnare una svolta “epocale” per l’Isola. E invece, sui territori il racconto è quello di un disastro dovuto alla politica. Alla scelta, cioè, di commissariare per due mesi l’ente relegandolo all’ordinaria amministrazione. E così, dalla Madonie all’Agrigentino, è tutto un racconto di buche e crolli. Di pericoli per i cittadini e in qualche caso persino dell’isolamento di interi centri abitati.

Un quadro confermato recentemente anche dalla Cgil: “Sulle strade secondarie – ha detto il segretario regionale Michele Pagliaro – è il disastro: quanto accaduto lungo l’autostrada A19 è comune a tantissime strade siciliane. Chilometri e chilometri di strade che ogni anno vengono meno ai siciliani, ai turisti e a tutti gli operatori economici – continua Pagliaro – . Ci dispiace ascoltare dal presidente della Regione Crocetta, così come dal presidente dell’Anas Ciucci, dal coordinatore della struttura di missione di Palazzo Chigi, a tutti gli altri, la litania dello scaricabarile”.

Ma al di là delle vicende di strettissima attualità, nemmeno il futuro appare roseo. Nell’ultimo documento di programmazione economico-finanziaria, l’assessore all’Economia Alessandro Baccei ha stigmatizzato l’abitudine dei governi regionali di utilizzare i fondi destinati agli investimenti per sostenere la spesa corrente. Stipendi, nella maggior parte dei casi. È proprio, però, quello che ha fatto, con l’ultimo bilancio, il governo Crocetta, coprendo attraverso i Fondi Pac e quelli del Piano di sviluppo e coesione (soldi destinati appunto agli investimenti) la partecipazione alla Finanza pubblica che lo Stato chiede alle Regioni. “Ancora una volta – ha protestato ad esempio l’Ance, l’associazione dei costruttori edili – la Regione sottrae quei soldi agli investimenti infrastrutturali e di sviluppo per pagare gli stipendi di precari e forestali. Se l’Ars non dovesse trovare il coraggio e il senso di responsabilità per bloccare questo disastro, il settore edile siciliano morirà definitivamente. Non ci resterà che consegnare a Palazzo d’Orleans camion, pale meccaniche e tutti i mezzi di cantiere ormai fermi da tempo”. Un grido d’allarme rilanciato anche dal presidente Confartigianato Sicilia Filippo Ribisi: “La politica continua a litigare, non riuscendo a compiere quel salto di qualità che finalmente porterebbe la Sicilia verso una crescita sostenibile. Occorrerebbe – conclude il numero uno della Federazione regionale degli artigiani – un ripensamento sul comportamento reiterato dei nostri politici e governanti che appoggiano incondizionatamente il leader di turno, più per produrre vantaggi personali e particolari che per il bene della comunità rappresentata. E’ successo con Berlusconi ieri, succede oggi con Renzi”. Senza presente e senza futuro, la Sicilia crolla pezzo dopo pezzo. Come il pilone che ha diviso l’Isola in due parti. Entrambe senza speranza.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI