Sull'immigrazione prevalgano | responsabilità e concretezza - Live Sicilia

Sull’immigrazione prevalgano | responsabilità e concretezza

L’Europa ancora tergiversa, non cambia passo e rischia di assumersi una grave responsabilità.

Le stragi degli immigrati sul canale del Mediterraneo continuano. E’ una tragedia senza fine. Uomini, donne, bambini … esseri umani che vanno in fondo al mare e con loro un’umanità indifferente ed incapace di agire. Si continua a sottovalutare la portata della tragedia. Prevalgono, purtroppo, ancora troppe parole di circostanza e ahimè le bieche strumentalizzazioni di certa politica. L’Europa ancora tergiversa, non cambia passo e rischia di assumersi una grave responsabilità, pari a quella di quei Paesi che nella storia hanno assistito a genocidi inenarrabili. L’Italia e la Sicilia portano sulle spalle tutto il peso dell’accoglienza. I siciliani rispondono al meglio.

Pensate a quello che stanno facendo i pescatori, la gente di Lampedusa, la Caritas, le associazioni di volontariato, i sindaci e le comunità che accolgono gli immigrati. I prefetti, le forze dell’ordine stanno facendo di tutto per accogliere queste persone e reprimere la tratta. E ancora lo sforzo immane dei nostri operatori sanitari, soprattutto quelli dell’ASP 6 di Palermo su cui grava il compito dell’accoglienza a Lampedusa. Professionisti che svolgono un delicato lavoro di cura, in silenzio e a riflettori spenti. Eppure non ci siamo, le stragi continuano e gli sforzi fatti non sono sufficienti.

Diciamoci la verità: “Mare Nostrum” funzionava meglio di “Triton”. L’operazione “Mare Nostrum” coinvolgeva la nostra marina militare e doveva essere un punto di partenza per fare un salto di qualità che mettesse fine alle stragi. Invece con “Triton” è stato fatto un passo indietro. L’Europa adesso va messa di fronte alle proprie responsabilità e costretta ad assumersi impegni concreti e puntuali. Ciò sarà possibile se siamo consapevoli che per affrontare il problema è indispensabile essere uniti nell’impegno e nell’azione. Reagire non è semplice, ma si può fare. Le soluzioni ci sono. Bisogna cambiare passo, comprendere la portata biblica di questa tragedia e con coraggio, con la testa e con il cuore, operare scelte di grande portata. Quattro sono le sfide da affrontare per una progettualità efficace, giocata su più livelli e con diversi protagonisti. Prima: bisogna intervenire sul piano repressivo con un combinato mix di intelligence e di azione contro le organizzazioni dei trafficanti radicate nei Paesi africani e nel Medio Oriente con basi logistiche e mezzi a disposizione.

Azioni mirate che non comportano necessariamente uno scenario di guerra tradizionale, ma una strategia chirurgica, sistematica, che duri nel tempo. Si tratta, infatti, di organizzazioni mafiose, per come sono strutturate, e che agiscono a livello transnazionale con una forte capacità militare, collusiva e di riciclaggio. Sulla Libia in particolare bisogna trovare il modo di bloccare il naviglio di partenza e i porti di appoggio da cui passano le imbarcazioni cariche di esseri umani pronti a tutto pur di scappare dalla fame e dalle guerre. Naturalmente è necessario l’avallo dell’Onu ed una pianificazione militare strategica. Seconda: l’Europa deve istaurare rapporti con i Paesi di provenienza degli immigrati, censire le richieste, allestire campi di accoglienza e programmare gli arrivi in base alle loro esigenze di ricongiungimento, con i familiari che già vivono in Europa, ed in base alle esigenze del mercato del lavoro del Paese europeo di destinazione. Ogni Nazione, quindi, deve farsi carico, quota parte, dei flussi di migrazione. Non si può lasciare tutto all’improvvisazione, né scaricare il peso dell’accoglienza sulle spalle dell’Italia e della Sicilia in quanto principali vie d’ingresso in Occidente. Terza: intervenire sui focolai di crisi con politiche strategiche di soluzione dei conflitti e di stabilizzazione dei governi locali. Questo ragionamento vale per diversi scacchieri, dall’Iraq alla Siria, ed in particolare per la Libia. Su quest’ultimo Paese non si può più attendere, bisogna predisporre un’azione integrata in grado di rafforzare la parte più sana della società in funzione anti Isis e predisporre la presenza di truppe dell’ONU nei punti nevralgici delle coste. Quarta: deve essere svolto un attento e scrupoloso lavoro di intelligence per individuare i circuiti del denaro sporco tracciando i percorsi del riciclaggio. Un lavoro ancora poco sviluppato sia sul versante antimafia che dell’antiterrorismo.

I trafficanti di esseri umani accumulano enormi quantità di denaro, una parte viene intercettata dall’Isis e da altre organizzazioni terroristiche, un’altra sicuramente dalle stesse mafie italiane ed europee. Bisogna scardinare questi circuiti, individuare quali Paesi off shore fanno da deposito bancario e procedere, quindi, con sequestri e confische. A queste grandi sfide si aggiungono poi investimenti sul fronte culturale e politico, come ad esempio l’organizzazione di uno spazio di cooperazione e di sicurezza nel Mediterraneo. L’unica cosa che non possiamo fare è convivere con le stragi. Adesso basta alibi. La responsabilità e la concretezza devono prevalere su tutto.

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