Perché ci si sposa oggi? - Live Sicilia

Perché ci si sposa oggi?

Gli sposati sono più longevi; accumulano più ricchezza; fanno meno abuso di alcol e droghe e soffrono meno di depressione. E le donne? Si sposano per amore, e proprio per motivi sentimentali conoscono più infelicità, fanno meno carriera, e sono più stressate delle single.

Abbiamo scritto di separazioni e divorzi, fornendo, e non solo per la Sicilia, dati statistici, economici e sociali. Una domanda è rimasta inevasa.

Oggigiorno, perché ci si sposa?

Occorre preliminarmente chiarire che il numero di unioni matrimoniali, per la prima volta in Italia sotto quota duecentomila, è in caduta libera. Secondo gli ultimi dati offerti dall’ISTAT, fermi al 2013 (presumibilmente nel 2014 saranno ancora meno), sono stati celebrati 194.057 matrimoni: 13 mila in meno rispetto al 2012, e ben 53mila in meno negli ultimi cinque anni. Sono soprattutto diminuite le prime nozze tra sposi di cittadinanza italiana: 145.571 celebrazioni nel 2013 (40 mila in meno negli ultimi cinque anni). La diminuzione osservata per il totale dei matrimoni nel quinquennio 2008-2013 è pari al 77%. Diminuiscono anche i matrimoni successivi al primo, che scendendo da 34.137 nel 2008 a 30.691 nel 2013. Come contraltare, il numero di separazioni e divorzi cresce ogni anno, e sono sempre più numerose le coppie che si separano dopo un periodo di vita coniugale molto breve. Su 1000 matrimoni 272 finiscono in separazione; in 151 casi arriva il divorzio.

Riguardo alla Sicilia, si rileva che in tutto sono stati celebrati, nell’ultimo anno censito, 20.442 matrimoni, così suddivisi per provincia: 5323 a Palermo, 4499 a Catania, 2467 a Messina, 1725 a trapani, 1690 a Siracusa, 1292 a Ragusa, 1019 a Caltanissetta e, infine, 682 a Enna.

Recessione economica, mancanza di lavoro e di certezze per il futuro. Tuttavia, sono schermi della grande crisi dei valori, specialmente di quelli della famiglia, che investe le società occidentali e sta relegando il matrimonio al rango di anacronistica istituzione, non più al passo coi tempi, atta semplicemente a regolare i rapporti patrimoniali e a tutelare la riproduzione.

Difatti, la gran parte dei giovani siciliani intervistati dichiara che si sposa perché vuole un figlio. Questo sembra, in effetti, il trend nazionale. Svanito per sempre il sogno d’amore eterno, dei due cuori e relativa capanna, vi è ancora chi intende pragmaticamente tutelare, anche sotto il profilo giuridico, il nascituro, soggetto debole per definizione, in quanto l’uomo è l’unico animale che, abbandonato da cucciolo prima dei due anni, non ha possibilità di sopravvivenza. Si dimentica però che nella coppia convivente c’è sempre un soggetto meno forte dell’altro, e tradizionalmente è la donna. Sedotta e abbandonata ci può anche stare, sedotta, abbandonata e in mezzo a una strada, no.

Un classico comportamento sociale prevede che le mamme piangano ai matrimoni: ci sarà un ‘perché’. La sposa lo scoprirà presto. Forse per questo l’aspirazione femminile più condivisa per secoli a un rito connotato di un’aura romantica e insieme solenne, sembra in declino. Una scuola di pensiero sta propagando un dubbio: è ancora conveniente sposarsi, specie per una donna?

Pare che sposarsi, nei fatti, avvantaggi gli uomini più che le donne. Gli sposati sono più longevi; accumulano più ricchezza; fanno meno abuso di alcol e droghe e soffrono meno di depressione; spesso convertitisi al matrimonio per ‘sistemarsi’, sono, in generale, più soddisfatti degli scapoli. E le donne? Si sposano per amore, e proprio per motivi sentimentali conoscono più infelicità, fanno meno carriera, e sono più stressate delle single. Come dimostra la cronaca recente, sono pure più a rischio di femminicidio.

Insomma, pare che se gli uomini vincono la lotteria, le donne entrino in un inferno lastricato dalle loro stesse buone intenzioni.

Nell’ambito di una coppia di coniugi lavoratori, le italiane si dedicano alla famiglia per 5 ore e 20 minuti al giorno, il tempo più alto in tutta l’Unione europea: i mariti, un’ora e 35 minuti, meno di tutti. In Francia la suddivisione dei tempi di lavoro familiare è di 4 ore per le donne e 2 ore e 22 minuti per gli uomini; in Germania di 4 ore e 11 minuti contro 2 ore e 21 minuti e in Svezia, ove l’equilibrio tra i sessi è maggiore, le donne si occupano della famiglia per 3 ore e 43 minuti al giorno, gli uomini per 2 ore e 23 minuti. In ogni caso, come è evidente, una assoluta parità non è data.

Qualche anno fa, la psicoterapeuta Roberta Giommi affermava inoltre che la disparità nel matrimonio viene accentuata dall’arrivo dei figli: la vita di una madre cambia totalmente. A questo punto, sembra chiaro che il messaggio che si intende far passare non sia solo ‘donne non sposatevi”, ma anche ‘donne non fate figli’: che tristezza! Possibile che siamo ridotti al punto che gli unici matrimoni in cui si creda e che funzionino siano quelli di convenienza?

Anche la Chiesa cattolica affronta le sfide indotte dall’erosione dell’istituto matrimoniale. La proliferazione delle unioni libere e dei divorzi sarà uno dei punti da affrontare nel Sinodo sul tema ‘La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo’, che si riunirà nell’ottobre 2015. Qualche mese fa il movimento dei Focolari ha proposto l’interrogativo ‘Sposarsi, perché?’ nell’abito del convegno di preparazione al matrimonio che si è svolto a Castel Gandolfo. Provenienti da luoghi e realtà diverse, i fidanzati hanno espresso le medesime perplessità, perché la cultura contemporanea, incentrata sull’egoismo, non incoraggia a un passo che richiede impegno e rinunce. Sposarsi fa paura, diciamolo, e la locuzione ‘per sempre’, che un buon cattolico dovrebbe porsi quale obiettivo, può spaventare. Ecco perché appare opportuno richiamare le parole dette da Papa Francesco in occasione della festa di San Valentino dello scorso anno: ‘Un matrimonio non è riuscito solo se dura, ma è importante la sua qualità. Stare insieme e sapersi amare per sempre è la sfida degli sposi cristiani’.

Tra totalmente laici e profondamente cattolici, si colloca un dato oggettivo. In base agli studi socio-demografici, il matrimonio è più stabile dell’unione libera.

Di certo non per scoraggiare i nubendi, ma per invitare le istituzioni a prendere provvedimenti, le ACLI bresciane hanno pubblicato un documento (una provocazione, in realtà), che elencava ‘10 buoni motivi per non sposarsi in Italia oggi’, (dall’indicatore Isee alle detrazioni IRPEF per i figli a carico, dagli assegni calcolati in base al reddito familiare all’esenzione ticket che tiene conto del reddito dei due genitori mentre, se non sposati, rileva il reddito di uno solo), evidenziando gli ostacoli che lo Stato deve rimuovere per favorire il matrimonio, evitando che le persone siano costrette, per convenienza, a separarsi o a non sposarsi in quanto, paradossalmente, queste pratiche risultano economicamente più vantaggiose.

Un acuto road movie di Sam Mendes del 2009, sulla precarietà e l’incertezza del futuro e sulle difficoltà del divenire adulti, ‘Away We Go’ (tradotto, si fa per dire -né si capisce perché, visto che si è mantenuta una dizione inglese -, in ‘American life’), racconta di due trentenni in attesa di una figlia, che contano sui genitori di lui per un aiuto. Questi, invece, stanno per trasferirsi in Europa. Perduto l’unico punto di riferimento, la coppia decide di partire alla ricerca del posto ideale in cui mettere radici e divenire una vera famiglia. In uno sfondo così vasto da sembrare infinito come quello del continente americano, reale e al contempo immaginario (e quanto immaginato!), l’assenza di vincoli, poiché entrambi possono lavorare da casa, che ostacolino la scelta di un qualsiasi luogo, e di relazioni famigliari, creano una sorta di tabula rasa, di punto di non ritorno dell’anno zero. I due ragazzi viaggiano fisicamente nello spazio, con numerose opportunità di scelta e altrettante incertezze, e a ritroso nel tempo, incontrando persone dalle vite più o meno fallimentari, ma che comunque hanno riferimenti con le loro storie personali. Avvertono nel contempo il potenziale della libertà e il vuoto del non avere affetti: esistono esclusivamente l’uno per l’altra, soli di fronte ad una sorta di immenso deserto dagli spettacolari paesaggi che si susseguono ai loro occhi, puntellati dalle vicende, varie e dolenti, di personaggi i cui volti diventano ricordi sfocati, pietre miliari in disfacimento all’interno d’un disegno registico misurato sulla passione per la simmetria, nella sequela delle immagini come degli eventi. Nel lungo percorso, alla ricerca di un punto fermo da cui ripartire, si misurano con situazioni precarie e fragili. Sono le uniche che incontrano. Loro, però, rinsaldano la volontà comune di proseguire nonostante tutto. Infine, giungono alla vecchia casa di famiglia di lei, non mero luogo fisico, ma tempio della memoria, simbolico legame tra quel che è stato e quel che potrà essere: e, finalmente, una porta si apre sul futuro.

Il registro dell’umorismo di fondo, mai smarrito, svela gli stereotipi ma enfatizza un progetto di vita. Sentirsi al sicuro è una aspirazione legittima, non dimentichiamolo. Sposarsi per amore può avere ancora un significato.

 

 


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