Di Matteo, Lo Stato | e gli indifferenti - Live Sicilia

Di Matteo, Lo Stato | e gli indifferenti

Ci voleva l’acume e l’esperienza di Di Matteo per scoprire la vocazione di Cosa nostra a cercare il dialogo con le istituzioni, su cui si sono scritti volumi, inchieste e trattati dal 1860 a oggi...

“Vent’anni dopo la mafia tratta ancora con lo Stato”, questo è il titolo con cui Repubblica sintetizza l’articolo che anticipa quel che il pm palermitano Nino Di Matteo ha scritto in un libro in uscita firmato con Salvo Palazzolo. Nei giorni scorsi, l’insigne giurista Giovanni Fiandaca, a proposito del ritornello giornalistico-giudiziario sulla “trattativa tra Stato e mafia”, ha ricordato ai vari Di Matteo che la magistratura è parte e non controparte dello Stato. Occorre quindi individuare le persone che negli apparati dello Stato tradiscono lo Stato e colludono con la mafia. Di Matteo dice: “Vent’anni di indagini e processi – che ho seguito da osservatori privilegiati come la Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta prima e di Palermo poi – mi hanno fatto capire che Cosa nostra, più delle altre mafie, ha sempre avuto nel suo Dna la ricerca esasperata del dialogo con le istituzioni”.

Cazzo, ci voleva l’acume e l’esperienza di Di Matteo per scoprire la vocazione di Cosa nostra a cercare il dialogo con le istituzioni, su cui si sono scritti volumi, inchieste e trattati dal 1860 a oggi. Invece, occorre sapere, e questo spetta ai magistrati, chi sono nelle istituzioni i dialoganti e sulla base delle prove, com’è stato fatto in alcune occasioni, emettere sentenze. Non ho letto il libro, ma tutto il ragionamento che si evince dal sunto fattone da Repubblica è sostanzialmente questo: io, Di Matteo, e alcuni miei colleghi, siamo impegnati nel processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia e chi avanza critiche e dubbi sull’impianto del processo fa solo campagne distorsive contro “indagini eccellenti” provocando indifferenza e “disinteresse sempre più generalizzato nella politica verso la lotta alla mafia”.

E Di Matteo aggiunge: “il germe dell’indifferenza ha camminato, si è diffuso, si è insinuato anche nei tessuti che sembravano più resistenti. Poco alla volta ha provocato, persino in una parte della magistratura e delle forze dell’ordine, una sorta di stanchezza e di fastidio nei confronti di quelle indagini che miravano a scoprire in che modo la mafia sia ancora ben presente dentro le stanze del potere”. È chiaro, per esempio, che anche quei magistrati che hanno dato torto a Ingroia e Di Matteo assolvendo due volte il generale Mori accusato di collusione sono “indifferenti”. Non avevo dubbi sul senso del libro, che tuttavia leggerò per parlarne ancora.

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