I viticoltori hanno detto no al clan |"Etna paradiso dove investire" - Live Sicilia

I viticoltori hanno detto no al clan |”Etna paradiso dove investire”

Parlano Giuseppe Mannino e Giovanni Valenti, (nella foto) due dei cinque imprenditori vitivinicoli finiti nel mirino degli estortori arrestati dai carabinieri nell'operazione Santabarbara. "Abbiamo denunciato immediatamente, da parte nostra massima collaborazione con le forze dell'ordine".

CATANIA – Non si sono fatti piegare dai tentativi di intimidazione. Anzi. Hanno denunciato immediatamente ai carabinieri. A parlare sono Giuseppe Mannino e Giovanni Valenti, due dei cinque imprenditori vitivinicoli che sono finiti nel “ciclone mediatico” relativo agli arresti di una banda di estortori del clan Brunetto. “E’ passato un messaggio errato – spiegano – qualche organo di stampa ha scritto che i produttori non hanno collaborato. Non è così, perchè di fatto è stato proprio grazie alla denuncia se le forze dell’ordine hanno catturato queste persone”. Le due aziende, Cantine Valenti e Tenuta Mannino di Plachi, nel 2013 sono stati nel mirino del gruppo criminale, ma ogni episodio è stato prontamente segnalato alle forze dell’ordine. “Abbiamo preso – chiariscono Mannino e Valenti – quello che ci hanno portato e lo abbiamo portato ai carabinieri. Ci sono verbali che lo dimostrano. Abbiamo denunciato immediatamente. Noi – ribadiscono – abbiamo fatto la nostra parte”.

Il modus operandi per cercare di intimidire gli imprenditori era il consueto. Un biglietto d’avvertimento, qualche danneggiamento alle viti, o una bottiglia “in odor di benzina” lasciata davanti ai cancelli. Mannino e Valenti hanno scoperto chi erano i mittenti dei “messaggi minatori” solo quando hanno letto i giornali. “Io non potevo sapere chi erano – spiega Giuseppe Mannino – perchè non si sono mai materializzati, da noi hanno lasciato una bottiglia appesa al cancello. I nostri operai hanno trovato questa bottiglia con all’interno un biglietto con scritto “cercati l’amico”. Poi hanno tagliato alcuni filari di viti e alcuni aberi di ulivo”.

Episodi, tutti, denunciati alle forze dell’ordine. Precisazione che ribadisce anche Giovanni Valenti nel racconto di quanto è successo invece nella sua azienda: “Mi hanno messo la bottiglia vicino alla guardiola, io non l’ho nemmeno toccata e ho fatto venire direttamente i carabinieri. Dopo hanno cercato di avvelenarmi i cani: seconda denuncia. Mi hanno ucciso un cane: terza denuncia. Poi siamo andati in campagna e abbiamo scoperto che ci avevano tagliato le vigne. Arrivano i carabinieri e fanno mille fotografie. Poi mi fanno la croce con i legni, ma non mi hanno mai – chiarisce – contattato direttamente”.

Giuseppe Mannino, oltre a parlare come titolare della Tenuta, è la voce delle 70 aziende del Consorzio Tutela Vini Etna Doc di cui è presidente. “Io vorrei far scendere un velo pietosissimo – afferma con fermezza – su tutta questa vicenda perchè l’Etna non è quella che è apparsa sui giornali. L’Etna è un posto dove c’è un sacco di gente che lavora e che ha fatto il suo dovere andando a denunciare queste persone, immediatamente”.

Una denuncia che ha portato giustizia. “Il lato positivo di questa vicenda – evidenzia Mannino – è che queste persone  sono in galera e questo deve fare capire alla gente che denunciando si ottiene il risultato. E quindi serva da incoraggiamento alla denuncia, perchè chi subisce intimidazoni, ma anche al di fuori dell’Etna, dica quello che sa e metta nelle condizioni le forze dell’ordine di operare”.

Però quanto riportati su alcuni giornali ha provocato un effetto boomerang negativo. “Sentendo queste notizie gli imprenditori hanno paura a investire. Si chiedono che faccio realizzo e poi mi danneggiano?- affermano i due viticoltori. Per questo “è necessario ripristinare la verità su quanto è accatuto”. La verità. Un concetto che il presidente del Consorzio ripete allo spasimo nel corso di tutta l’intervista. “Si è trattato di casi isolati e nessuno ha pagato”. Su 70 soci del consorzio sono cinque le aziende prese di mira. Ma se vogliamo fare un conto totale sull’Etna operano 130 aziende.”Io a Castiglione ci sono dal 1998 e non mi era mai successo niente” – spiega ancora Mannino.

“L’Etna è un paradiso, un luogo dove si fa un ottimo vino. Noi attraverso le regole che ci siamo posti per la vinificazione – afferma il presidente del Consorzio – abbiamo creato le condizioni affinchè altri da fuori potessero investire. E investire significa creare lavoro stabile. Il fatto che le più grosse cantine siano venute sull’Etna, e hanno speso milioni di euro, è perchè hanno creduto in questo territorio”.

Le verità di questa storia per il presidente sono due: “Primo: tutti gli attori di questa vicenda, aziende, carabinieri e magistratura, hanno fatto la loro parte e secondo- chiosa Mannino: L’Etna resta uno dei posti più belli dove investire”.

 


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