Denunciò il racket, ora è in crisi | La Bufala a rischio fallimento - Live Sicilia

Denunciò il racket, ora è in crisi | La Bufala a rischio fallimento

Fabio Sodano, 53 anni, sta subendo una procedura fallimentare, con la chiusura di tre locali, che potrebbe contagiare anche altre due società che gestiscono le pizzerie ''Fratelli la Bufala pizzaioli emigranti''. A rischio decine di posti di lavoro.

PALERMO – E’ piombato a Palermo da Napoli e ha aperto cinque grandi ristoranti-pizzerie, con il marchio mondiale FLB e Vulkania, dando lavoro a 167 dipendenti. Poi ha denunciato senza timore il racket delle estorsioni contribuendo a far condannare boss del gotha di Cosa nostra palermitana. Ora Fabio Sodano, 53 anni, sta subendo una procedura fallimentare, con la chiusura di tre locali, che potrebbe contagiare anche altre due società che gestiscono le pizzerie ”Fratelli la Bufala pizzaioli emigranti” (marchio che in franchising ha oltre 100 locali nel mondo) in piazza Castelnuovo (la prima aperta il 27 ottobre 2008) e in via D’Annunzio a Palermo. In questi due locali lavorano 35 dipendenti.

”Non mi sento eroe – dice il responsabile del gruppo Flb in Sicilia – ma solo un cittadino che ha fatto il proprio dovere. Dopo le richieste estorsive, le denunce, i processi con le condanne dei mafiosi attorno alle pizzerie si è creata terra bruciata che ha inciso sulla gestione più della crisi economica che ha colpito tutti. Ora voglio salvare i due ristoranti e i dipendenti”. Sodano, un suo socio-dipendente, suo fratello Danilo hanno denunciato gli estorsori che operavano nelle cosche di boss del calibro di Luigi Abbate detto Gino u mitra, Giulio Caporrimo, Giuseppe Arduino, longa manus dei Graviano di Branaccio. Diverse famiglie di Cosa nostra erano interessate alla spartizione del pizzo dei ristoranti La Bufala i cui gestori erano definiti dai mafiosi ”sbirri”. Picciotti e capi mandamento sono stati condannati, le vittime parti civili sono state risarcite, le società di Sodano usufruiscono dei benefici della legge 44/99 in favore delle vittime di estorsioni e usura. Ma ora dopo la chiusura di tre società e dei locali che gestivano l’imprenditore campano teme che tutto quello che ha subito e che lo ha costretto a scelte che altrimenti non avrebbe dovuto fare possa influire anche sulla vita di altre due società e dei ristoranti rimasti aperti. In una nota al curatore fallimentare Sodano ricostruendo il percorso imprenditoriale in Sicilia afferma che ”il programma particolarmente studiato nei minimi dettagli venne accolto inizialmente con fervore ma fu seguito a distanza di 14-15 mesi da una serie di richieste estorsive da parte della criminalità organizzata. Venne a determinarsi uno sconvolgimento totale dei programmi prestabiliti che finirono col determinare un continuo e costante logoramento delle aziende”.

”Io non sono in grado – continua – di poter valutare le ragioni per le quali il programma da me predisposto è andato a farsi benedire so solo che la mafia ha vinto la sua battaglia ancora una volta nei confronti di chi ha avuto il coraggio di affrontarla a rischio della propria vita in difesa e nel rispetto dei valori sociali”. Il suo legale, l’avvocato Vincenzo Fallica sostiene che ”questa vicenda è dimostrativa di come la mafia talvolta riesce a distruggere anche quando viene sconfitta nelle aule giudiziarie. Di ciò se ne deve rendere conto ogni cittadino ed affiancarsi per rafforzare come ha fatto Sodano gli strumenti di lotta contro il malcostume, in quanto l’inerzia è da considerarsi antisociale e antimorale da qualunque parte essa provenga”. Per Fallica ”il disordine contabile nelle società non è determinato da avvenimenti addebitabili all’ amministratore, ma bensì ad altre ragioni: questa non è una comune vicenda di procedura fallimentare, ma una storia che va inserita nelle pagine della nostra triste letteratura giudiziaria contaminata dall’ imperversare dell’attività criminale e mafiosa di cui purtroppo è colpita Palermo. E’ evidente, esaminando la documentazione, che Sodano è stato aggredito su due distinti fronti: uno concernente l’atteggiamento vessatorio della delinquenza e l’altro diffamatorio da chi in qualche maniera non ne ha condiviso l’atteggiamento civico e morale dimostrato dal sodano stesso”. (ANSA).


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