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Piacere, sono lo smartphone…

I ‘nativi digitali’, fin da piccolissimi, usano i dispositivi dei grandi e, appena consapevoli di poterlo ottenere, richiedono l’acquisto di quello che è il segno identificativo generazionale, lo smartphone.

La rivoluzione digitale, per gli adulti, ha luci e ombre. Le giovani generazioni, invece, sono in grado di sfruttarne a pieno i vantaggi. I ‘nativi digitali’, fin da piccolissimi, usano i dispositivi dei grandi e, appena consapevoli di poterlo ottenere, richiedono l’acquisto di quello che è il segno identificativo generazionale, lo smartphone. Per i genitori il problema diventa non tanto il generico controllo dell’accesso del minore a internet, ma della fruizione diretta e senza mediazioni, per mezzo di telefonini, tablet e dispositivi vari, della rete. E questa sorta di ‘autonomia digitale’ si conquista sempre più precocemente.

Lo smartphone rappresenta nel contempo una porta verso l’abisso di ogni possibile pericolo e un’incredibile opportunità di crescita. Status symbol fra i ragazzi, che sono ‘always-on’ in quanto sempre connessi alla rete, permette l’invio di immagini, video e informazioni i cui contenuti possono non essere appropriati, e una navigazione in rete libera, senza filtri, e, soprattutto, senza limiti.

Poiché il telefonino si può occultare facilmente, si presta a un uso ‘clandestino’ e facilita la trasgressione dei divieti genitoriali; se un tempo i genitori ‘invadevano’ con facilità il privato dei figli leggendo i loro diari, oggi è molto difficile impadronirsi dell’oggetto di culto, tenuto costantemente presso di sé, tanto da essere definito dagli psicologi ‘estensione protesica del proprio io’. I tentativi di controllo vengono di norma mal tollerati, e, sebbene la legge stabilisca che l’età minima per potersi intestare una SIM sia 12 anni, sono sempre di più i bambini che possiedono uno smartphone.

I dispositivi mobili sono facilmente reperibili anche a basso costo, e i piccoli li utilizzano già in tenera età. I ricercatori della Boston University School of Medicine, hanno pubblicato sulla rivista Paediatrics uno studio sulla cosiddetta ‘tata-tablet’ scaturito dal dato di fatto che i genitori usano il tablet come ‘aiuto-maestro’. E’ stato rilevato che eBook, i media interattivi, come anche le apps per imparare a leggere, possono essere utili a insegnare il vocabolario e la lettura, ma solo per i bambini in età prescolastica o più grandi. La ricerca ha invece dimostrato che tablet, eBook e applicazioni di vario genere sono meno utili prima dei due anni e mezzo di età, e questo a prescindere da indagini ulteriori sugli eventuali danni derivanti dalla sovraesposizione ai tablet e ai video in genere, che renderebbe poi i bambini incapaci di normali e semplici giochi di logica associata come le vecchie costruzioni.

Sull’uso di smartphone e tablet in età scolastica è in corso, nell’Università di Messina, una indagine statistica di estremo interesse. Lucia Crisafulli e Ida la Rosa stanno conducendo una inchiesta ‘a tappeto’ per la completezza dei dati, nell’ambito della propria tesi di laurea specialistica, guidate dal relatore, Massimo Mucciardi, docente di Statistica nel Dipartimento di Scienze Economiche (SEAM), Sezione di Scienze Statistiche e Matematiche, dell’Ateneo messinese. Il report utilizza quale terreno di indagine l’XI Istituto Comprensivo Gravitelli, situato in una zona semicentrale di Messina, che comprende sia la scuola primaria che la secondaria di 1° grado, nell’ambito del quale è stato raccolto un complesso di dati di sintesi sull’uso delle nuove tecnologie da parte degli studenti, anche comparato, rispetto ai tempi di utilizzo, con le ore dedicate allo studio. Le informazioni che emergono dalla ricerca ci forniscono, al di là dei dati numerici, anche un attendibile quadro socio-culturale.

Nei cinque plessi scolastici che fanno capo all’Istituto (A. Paino, Passamonte, Montepiselli, Cristo Re, A.M. di Francia), sono stati intervistati 531 studenti che frequentano le classi dalla terza elementare alla terza media: la fascia di età testata va quindi dagli otto ai tredici anni. Alla domanda preliminare, ‘sai usare il cellulare?’, hanno risposto positivamente ben 508 bambini (95.8%), dei quali 412 (81.1%) possiedono un cellulare personale. Riguardo all’età nella quale hanno avuto il primo cellulare, nove scolari dichiarano di averlo avuto a 4 anni, dodici a 5, trentanove a 6, settantadue a 7, ottantasei a 8, settantadue a 9, settantasei a 10, ventisette a 11, dodici a 12 e solo quattro a 13 anni. Appare evidente una coincidenza dei due estremi della ‘forbice’: se è vero che un esiguo numero di bambini ha avuto il cellulare prima dell’ingresso nella scuola elementare, pochissimi non lo possiedono ancora al momento della conclusione del ciclo di studi medi. E, chi non ha il suo, usa comunque, per la quasi totalità (94%) quello di genitori, fratelli e sorelle.

Una volta conquistato l’oggetto del desiderio, per cosa se ne servono i nostri figli? Anzitutto per inviare messaggi (via sms e whatsapp); quindi, nell’ordine, per ricevere e fare telefonate, per giocare (in effetti il cellulare viene spesso usato dai più piccoli come una mini-console), per ascoltare musica, per navigare in internet, per utilizzare le applicazioni, per fare foto e video e, proprio da ultimo, per fare ricerche scolastiche. Il 95% dei piccoli intervistati sa usare il tablet e 330 ne possiedono uno personale, mentre 99 ne usano uno a disposizione della famiglia. Come per lo smartphone, anche il tablet viene usato per scambiarsi messaggi, ma principalmente (date le dimensioni) per giocare.

 Entrando più nello specifico, si è indagata la conoscenza dei minori riguardo alle applicazioni di messaggistica e ai social network. Solo uno sparuto numero (tredici scolari, il 2.5% degli studenti intervistati) non sa cosa sia Whatsapp, utilizzato dalla quasi totalità degli intervistati; 48 bambini dichiarano di non sapere cosa sia Facebook; 276 lo usano e hanno un profilo personale, gli altri si collegano al social network mediante l’account di un familiare. Come lo usano? Chattano con amici e compagni, mettono i like, commentano e condividono i post degli amici. Ma quante ore al giorno trascorrono usando il cellulare?

Come il professor Mucciardi ha efficacemente sintetizzato, vi è una tendenza all’utilizzo dello smartphone maggiore tra i maschi (quasi 3 al giorno contro le 2 ore e 43 minuti delle femmine), come pure tra i ragazzini provenienti da famiglie numerose (3 ore e 24 minuti). Sarà per la minore attenzione che si riceve in famiglia? La tendenza è particolarmente accentuata per la scuola secondaria di primo grado: i giovanissimi utenti lo usano quasi 4 ore in media al giorno, con una punta massima di 5 ore e 16 minuti relativa agli studenti frequentanti la 3° media. Un dato singolare: viene usato di meno nelle famiglie con almeno un genitore laureato.

L’uso dello smartphone ha un notevole impatto sul rendimento scolastico dichiarato dallo studente, e in maniera inversamente proporzionale al tempo di utilizzo: 2 ore al giorno corrispondono a un profitto ottimo, 2 ore e 50 minuti a un profitto buono, e 4 ore e 30 minuti a uno appena sufficiente. ‘Sul versante dell’iPad’, spiega Mucciardi, ‘ci si attesta su un uso giornaliero medio di circa 1 ora e 50 minuti. Non si presentano differenze rimarchevoli nei vari sottogruppi analizzati (genere, numero di componenti famigliari, titolo di studio dei genitori, rendimento scolastico etc.), il che lascia intravedere un utilizzo di tale dispositivo più trasversale e comunque nettamente inferiore rispetto a quello dello smartphone. Rilevante, infine, appare le relazione che emerge tra ‘tempo studio’, ‘tempo per lo smartphone’ e ‘tempo per l’Ipad’: per ogni ora trascorsa in più nell’utilizzo di tali dispositivi diminuisce in media il tempo dedicato allo studio di circa 10 minuti’.

Tra gli scolari intervistati, c’è ancora qualcuno che non utilizza affatto lo smartphone? La categoria di studenti che non lo possiede né lo usa (solo 22 bambini, pari al 4% del campione), si colloca maggiormente nella scuola elementare e ha genitori laureati, il che, sul piano sociologico, fa pensare che ci sia ancora qualcuno che prova ad interessare i figli a un libro o, almeno, a una sana passeggiata.
L’abbassamento costante dell’età nella quale si usa il telefonino, e i relativi adeguamenti del mercato, fanno prevedere che i ricercatori messinesi estenderanno l’indagine anche alle prime due classi delle elementari. Secondo i dati Eurispes -perfettamente in linea col report citato- il 62 per cento dei bambini fra i 7 e gli 11 anni ha un telefonino e il 17,6 per cento ne ha uno già a meno di sette anni di età. E per la nuova generazione digitale sono stati creati degli smartphone ad hoc, utilizzabili a partire dai tre anni di età, con pochi tasti e contatti memorizzati, tra i quali i numeri di mamma e papà, quelli utili del pronto intervento, la funzione di geolocalizzazione, che consente di sapere sempre dove si trova il bambino e, persino, di una navigazione internet limitata. Ma, soprattutto, questi smartphone sono dotati di parental control, la funzione per controllarne costantemente il contenuto.

Per il buon senso, non esiste un’app. Ci si affida ai genitori.

 

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