Salvini sbarca al Sud |Le "tattiche" in un libro - Live Sicilia

Salvini sbarca al Sud |Le “tattiche” in un libro

Antonio Rapisarda, giornalista “misterbianchese nato a Catania", pubblica "All’Armi siam leghisti".

CATANIA  – Il futuro della Lega 2.0 l’ha già scritto Matteo Salvini: scendere al Sud ed egemonizzare una destra ormai priva di leader, simboli e partito. Chiamiamolo pure combinato disposto. Chiamiamola scommessa. Le cronache ci dicono però che “l’altro Matteo” quel Rubicone chiamato più semplicemente Stretto l’ha già superato e senza colpo ferire. In attesa di un ponte che forse non verrà mai realizzato, il neosegretario del Carroccio è arrivato fin dove il suo maestro Umberto era stato letteralmente respinto. Era il 1991, infatti, quando un giovanissimo Salvo Pogliese, segretario allora del Fronte della Gioventù catanese, impediva al senatur di prendere la parola durante un evento elettorale promosso dalla Lega Sud, sigla cestinata quasi immediatamente. I tempi cambiano. E se ancora non si può dire che della Sicilia Salvini sia il neoviceré, in tanti non disdegnano un selfie al suo fianco. Chi lo contesta oggi? Non più i juniors dell’Msi, ma la sinistra antagonista. Vedi i recenti fatti di Marsala. Ma anche l’altrettanto anomala piazza palermitana con dentro autonomi e neoborbonici (sic!). Insomma, una rivoluzione cromatica inimmaginabile fino a qualche anno fa.

Ci spiega ciò che sta davvero accadendo a sud del Po Antonio Rapisarda, giornalista “misterbianchese nato a Catania” . È sua infatti l’inchiesta All’Armi siam leghisti. Come e perché Matteo Salvini ha conquistato la Destra (Aliberti, 2015). E non poteva che essere un siciliano con l’aggravante di aver già firmato il saggio celebrativo Sessant’anni di un Secolo d’Italia a scattare una fotografia su di un contesto assolutamente in evoluzione. Se la prefazione è poi di Pietrangelo Buttafuoco, si comprende benissimo che ci vogliono arnesi ben tarati su nuove unità di misura per sondare il terreno. E già. L’autore di Buttanissima Sicilia, il nemico giurato di Rosario Crocetta, l’ha detto prima di altri che questo matrimonio “s’ha da fare”. Sì, lui. Il ritratto è dei meno scontati: campione di cuntu, sottomesso ad Allah, ma nato e cresciuto sotto le insegne della fiamma tricolore. Non esattamente un padano puro sangue. Un modo come un altro per glissare (ma solo in parte) la sloganistica stop immigrazione, no moschea e anti Meridione della Lega di sempre.

Ma le apparenze ingannano. E di radici profonde ce ne sono, eccome. Rapisarda, con pazienza, non fa altro che mettere tutto in chiaro, riportando all’attenzione dei lettori una storia politica che va letta dalla fine. In altri termini, l’incontro tra destra, autonomie, leghe e ruffiani di ogni genere, non è un fatto inedito. All’origine di tutto c’è don Luigi Sturzo, il padre della nozione di Autonomia. Manco a dirlo, si tratta di uno degli autori che Salvini vorrebbe fossero obbligatori nelle scuole di tutta Italia. Strano ma vero, tutto ciò con buona pace del prete sepolto a Caltagirone. E intanto Angelo Attaguile e Giuseppe Arena, ex deputato Ars – non a caso – nato in An, ma cresciuto nell’Mpa, gongolano. Una sorta di legittimazione culturale per il parlamentare che Raffaele Lombardo ha voluto fosse messo in lista nel Pdl per sloggiare poi, una volta eletto, in zona Lega Nord. Oggi Attaguile è addirittura il segretario nazionale di Noi con Salvini e da democristiano mai rinnegato ostenta una certa soddisfazione nel raccontare che è stato lui in persona a trascinare una giovanissimo Lombardo dall’Msi alla Dc. Che dire, d’incroci non ne mancano.

C’è poi Nello Musumeci. Di destra lo è di certo. Leghista? No (o non ancora). Questo nonostante con Matteo Salvini abbiamo avuto già un incontro a quattr’occhi in quel di Roma. Anzi, a sei. Il “sinzale” era – manco a dirlo – Buttafuoco. Questo dietro le quinte. Alla luce del sole c’è che fu l’ex presidente della Provincia catanese, bisticciando con Gianfranco Fini, a inventarsi un’Alleanza siciliana. Un esperimento mai diventato maggiorenne, ma che oggi – all’interno di un quadro del tutto rinnovato – può apparire profetico. Negli annali c’è poi l’abbraccio con La Destra di Storace e il cartello piglia tutto, tranne i voti, per le europee del 2009 con dentro Mpa, Pensionati, gli autonomisti del sindaco di Taranto Giancarlo Cito e Alleanza di centro. Un modo come un altro per superare lo sbarramento, ma che gli elettori non hanno del tutto compreso. Storia assai simile per le Politiche del 2006, quando la Lega di Bossi fece lista unica con la colomba bianca di Raffaele Lombardo. I tempi però non erano maturi e i risultati furono tutt’altro che entusiasmanti.

Cambia il contesto e cambiano le parole d’ordine. Se prima era il “Roma ladrona” a dettare la linea, dalle parti del Carroccio oggi preferiscono parlare di “Bruxelles ladrona”. Il nuovo totem d’abbattere è tutto ciò che ha sapore di Europa: dall’euro alla Bce, alle direttive sulla lunghezza delle zucchine, la curvatura delle banane e l’apertura del mercato continentale alle arance nordafricane. Al netto di divagazioni politologiche, la dicotomia centralismo (tanto caro a destra) e secessione (tanto cara in Padania) è di fatto superata dai Trattati costitutivi dell’Ue.

Ed è così che in nome delle patrie e delle identità, si apre uno spazio che Salvini non solo vede ma vuole cavalcare, sgommando a destra, a Sud e sulle macerie di una Forza Italia che vuole riconfigurarsi in chiave repubblicana e di un’Alleanza nazionale che per molti è ormai un vago ricordo. Sugli scenari futuri, il libro di Rapisarda non si lascia incastrare dentro mantra visionari, non fosse altro che oltre le percentuali demoscopiche, il dato reale passa e passerà dagli elettori (agrigentini e gelesi in primis).


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