Mafia, nuovo pentito a Palermo | Chiave per decifrare omicidi e pizzo - Live Sicilia

Mafia, nuovo pentito a Palermo | Chiave per decifrare omicidi e pizzo

Francesco Chiarello ha parlato di una stanza delle torture

ESCLUSIVO Francesco Chiarello, 35 anni, deteneva il libro mastro delle estorsioni del clan di Borgo Vecchio che fa parte del mandamento di Porta Nuova. Conosce i nomi dei commercianti e degli imprenditori di Palermo "con cui si guadagnano i soldi" e svelerebbe i segreti di tanti omicidi. Tra cui, quello del penalista Enzo Fragalà.

PALERMO – Dopo quattro anni di carcere – gliene restavano da scontare altri nove – ha deciso di pentirsi. Francesco Chiarello, mafioso di Borgo Vecchio, è diventato un collaboratore di giustizia. Il picciotto cresciuto a pane e racket può essere la chiave per decifrare una serie di omicidi. Innanzitutto quello del penalista Enzo Fragalà, massacrato a bastonate sotto il suo studio in via Nicolò Turrisi, la cui matrice mafiosa viene confermata dal neo pentito. Così come quelli di Giuseppe Di Giacomo, uomo forte di Porta Nuova crivellato di colpi per le strade della Zisa e di Davide Romano, picciotto dello stesso rione del neo pentito, ucciso e fatto ritrovare nel bagagliaio di una macchina in via Michele Titone, nella zona di corso Calatafimi.

A proposito di quest’ultimo omicidio: è stato Chiarello, 35 anni, e non un altro recente collaboratore, Danilo Gravagna, a condurre i carabinieri in un magazzino alle spalle del nuovo Palazzo di Giustizia. L’ipotesi inquietante è che potrebbe trattarsi della camera dove Romano sia stato torturato prima di essere ammazzato. Il tutto a pochi metri dagli uffici giudiziari.

Chiarello fu arrestato nel luglio 2011 assieme ad altre nove persone. In cima alla lista c’era Luigi Abbate, soprannominato Gino u mitra, per la sua dimestichezza con le armi, storico boss della Kalsa, su cui, però, ad un certo punto si addensarono delle ombre per la sua gestione della cassa. Fu proprio Chiarello a sospettare di lui e a ricevere mandato di avviare un’indagine interna per capire se davvero fossero spariti soldi. Un lavoro delicato che andava fatto con discrezione.

Dunque, a Porta Nuova, mandamento che ingloba anche la famiglia del Borgo, si fidavano del rampante uomo del racket. Aveva dimostrato fermezza e affidabilità quando, con uno stipendio di 650 euro al mese, andava in giro a chiedere il pizzo a tappetto. Nelle sue mani finì pure il libro mastro delle estorsioni. Dell’episodio parlò Monica Vitale, pentita del clan. Disse che, dopo l’arresto del capomafia di Borgo Vecchio, Antonino Abbate, era stato un altro Abbate, Gino, a contattarla perché su mandato di Tommaso Di Giovanni, reggente del mandamento di Porta Nuova, doveva recuperare il libro mastro gestito da Chiarello.

Il neo pentito si era accorto che alcune cifre annotate non corrispondevano a quanto versato dai commercianti. E i sospetti caddero su Gino u mitra. Chiarello ne parlò con Di Giovanni. Risultato: Abbate fu messo da parte e il libro mastro consegnato a Gaspare Parisi, compagno della Vitale. Ecco perché la donna era a conoscenza di quanto accaduto.

Non è tutto perché Chiarello è in grado di ricostruire i rapporti economici che legano i mafiosi di Porta Nuova ad imprenditori e costruttori “con i quali guadagnano i soldi”. Ce n’è abbastanza per fare sussurrare a qualcuno che il pentimento di Chiarello nuocerà parecchio a tanti, mafiosi e non. Per primi ai presunti boss sotto accusa nel processo Iago che vede imputati Giovanni e Marcello Di Giacomo, Nunzio Milano, Tommaso Lo Presti, Vittorio Emanuele Lipari e il figlio Onofrio. E ad altri che potrebbe avere partecipato ai delitti di cui Chiarello conosce i segreti e su cui indagano i pubblici ministeri Caterina Malagoli e Francesca Mazzocco. Intanto, ormai da due mesi, Chiarelli e i suoi parenti vivono sotto protezione in una località segreta.


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