Abuso d’ufficio e truffa aggravata | Inchiesta su appalto della Provincia - Live Sicilia

Abuso d’ufficio e truffa aggravata | Inchiesta su appalto della Provincia

Tra gli indagati anche il funzionario del Dipartimento Ambiente della Provincia di Catania Salvatore Raciti e il vice presidente del consiglio comunale di Riposto, Michele D’Urso.

L'indagine
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RIPOSTO. Abuso d’ufficio e truffa aggravata finalizzata al conseguimento di erogazioni pubbliche sono le ipotesi di reato per le quali sono indagati Michele D’Urso, vice presidente del consiglio comunale di Riposto, Salvatore Tropea ed Emanuela Triolo. Un avviso di conclusione indagine solo per abuso d’ufficio ha raggiunto anche Salvatore Raciti, funzionario del Dipartimento Ambiente della Provincia Regionale di Catania.

Al centro dell’inchiesta, condotta dalla Guardia di Finanza della Compagnia di Riposto e coordinata dal sostituto procuratore di Catania Assunta Musella, l’affidamento da parte della Provincia Regionale di Catania, nell’estate del 2011, del servizio di pulizia del litorale di Riposto alla cooperativa “Porto dell’Etna”, già travolta nel gennaio del 2013 dall’indagine sull’appalto del servizio di sosta a pagamento nel comune marinaro. Un’inchiesta sfociata nel rinvio a  giudizio, tra gli altri, degli stessi Michele D’Urso, Salvatore Tropea ed Emanuela Triolo, oggi indagati in qualità di socio, legale rappresentante e gestore della cooperativa.

Secondo la Procura di Catania il servizio di pulizia del lungomare sarebbe stato affidato con determina dirigenziale da Salvatore Raciti, responsabile delle gare di aggiudicazione, alla cooperativa “Porto dell’Etna” senza alcuna gara ad evidenza pubblica, violando così le norme contenute nel Codice dei contratti pubblici e la Disciplina delle cooperative sociali.

Ma sarebbero stati compiuti, sempre secondo l’accusa, anche artifici e raggiri per ottenere il pagamento di servizi svolti fittiziamente. Salvatore Tropea, Michele D’Urso ed Emanuela Triolo, in concorso tra loro, avrebbero attestato, al momento dell’affidamento del servizio da parte dell’ente, che la cooperativa era in possesso di tutti i requisiti previsti. Dai controlli compiuti successivamente sarebbe emerso che così non era. Non solo. Gli indagati avrebbero attestato anche l’impiego di soci e dipendenti fittizi, con il conseguente pagamento delle indennità spettanti. In questo modo avrebbero causato un danno alla Provincia Regionale di Catania, ente erogatore, indotta in errore sull’effettivo lavoro svolto e sul numero di unità impiegate nel servizio.


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