La controfigura - Live Sicilia

La controfigura

L'ingresso in giunta di Giovanni Pistorio si chiude il cerchio (magico) della totale continuità tra Crocetta e Lombardo. Con quest'ultimo il governatore gelese condivide non solo gli uomini, ma anche le pose.

PALERMO – In un colpo solo Rosario Crocetta ha fatto cadere due tabù nominando Giovanni Pistorio assessore alla Funzione pubblica. Il primo è quello del no ai politici in giunta, incomprensibile e quasi grottesco refrain del primo biennio di legislatura. Il secondo è l’altro no, ancora più grottesco, quello che il governatore ha riservato, quando gli faceva comodo, agli “uomini del passato”. “Io in giunta non voglio uomini del passato, come Giovanni Pistorio o Rosolino Greco. Questa si chiama restaurazione, non cambiamento”, diceva poco più di un anno fa Crocetta. Più chiaro di così.

Su questo come su tanto altro, il governatore si è esibito in un’altra piroetta, accogliendo in squadra il numero due di Raffaele Lombardo, l’unico pezzo mancante, in fondo, per completare il quadro di perfetta continuità tra il presidente di Grammichele e il governatore di Gela. Che a ben vedere sembra ormai quasi una controfigura di Lombardo, per tanti motivi.

La continuità tra le due ere è palese, innegabile e l’abbiamo già raccontata in più di un’occasione. Chi furono i registi del grande e discusso patto tra lombardiani e Partito democratico all’epoca? Il laborioso senatore Beppe Lumia da una parte e il democristiano di sinistra con tanti amici nel Pd Giovanni Pistorio da un’altra. Il tandem si riunisce oggi, chiudendo il cerchio, magico, attorno a Palazzo d’Orleans. Dove regna oggi come allora Patrizia Monterosso, inamovibile segretario generale scelta da Lombardo dopo l’ascesa nell’era di Cuffaro. Cuffaro prima, Lombardo poi anche nel curriculum di Pistorio, che col presidente di Raffadali fu assessore alla Sanità, incappando in una condanna della Corte dei conti.

Nino Caleca, abbandonando la giunta con un gesto politico che fin qui nell’esperienza Crocetta non aveva avuto procedenti, ha parlato di “incomprensibili ritorni al passato”, proprio con un chiaro riferimento all’ingresso in giunta di Pistorio. Ma il passato vive senza soluzione di continuità nella Regione targata Crocetta, quella della rivoluzione più conservatrice di cui si abbia memoria. Viveva nel compianto Lino Leanza, sponsor politico di Caleca, che con Pistorio percorse strade parallele, in giunta con Cuffaro e ai vertici del Movimento per l’autonomia. Vive in Totò Cardinale, altro interlocutore di primo piano di Lombardo dalla sponda Pd, diventato riferimento politico di Crocetta e suo supporter col Pdr, costola ribelle dei democratici. Vive in qualche modo in Lucia Borsellino, che da dirigente fiancheggiò Massimo Russo nell’era lombardiana. Vive nell’interlocuzione con Confindustria, che esprimeva un assessore con Lombardo e che ha continuato a gestire lo stesso assessorato con Crocetta. Vive nei dirigenti regionali più quotati nel cerchio magico del governatore, da Gianni Silvia ad Annarosa Corsello o Luciana Giammanco. La spina dorsale del potere lombardiano nella burocrazia regionale è rimasta saldissima nella sgangherata era crocettiana.

La favoletta della discontinuità è stata forse la più spassosa delle boutade crocettiane. Basterebbe scorrere i nomi dei deputati di maggioranza che traboccano di deputati eletti nelle file lombardiane e miccicheiane e poi confluiti nei contenitori nati ad hoc a Sala d’Ercole.

Con Lombardo Crocetta non ha condiviso solo gli uomini, ma anche le pose. Tentando la creazione di un partitino cortigiano e leaderistico, il Megafono, esperienza che il tempo ha fortemente ridimensionato. Componendo e scomponendo giunte con un continuo, frenetico ricambio di assessori. Spostando dirigenti di qua e di là in un valzer impazzito che ha portato altro caos nella già non efficientissima burocrazia regionale. E provando a giocare allo spacca-partiti, proprio come il suo predecessore, fin quando il gioco è stato possibile. Lo stato asfittico dei conti regionali e il generale disastro politico hanno poi spinto Crocetta a scendere a più miti consigli, trovando una fragile intesa col suo stesso Partito democratico.

Il risultato è il caos, non diverso da quello che caratterizzò gli ultimi tempi dell’era di Lombardo. Basta pensare agli ultimi giorni, due assessori usciti di scena in 48 oore proprio mentre governo e maggioranza si sforzavano di raccontare la storiella di una ritrovata coesione.

Passo dopo passo, il Presidente della Regione ripercorre le orme del suo predecessore. Avviandosi, è questo il timore dei suoi stessi alleati, verso lo stesso epilogo, al netto delle vicende giudiziarie: la sconfitta politica.


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