Quattro ipotesi sul caso Pistorio - Live Sicilia

Quattro ipotesi sul caso Pistorio

Nel delirio politico degli ultimi giorni resta ancora insoluto un quesito: perché Rosario Crocetta ha nominato Giovanni Pistorio assessore?

Sganciandosi per un attimo dal travolgente delirio politico degli ultimi giorni, tra ingressi e uscite in giunta, arresti nel cerchio magico, dimissioni annunciate e scontri all’arma bianca tra Crocetta e Faraone, resta ancora insoluto un quesito. Che forse merita un approfondimento per la sua imperscrutabilità. E cioè perché Rosario Crocetta ha nominato Giovanni Pistorio assessore?

Sia chiaro, non si discutono in questa sede le qualità dell’uomo, la sua esperienza politica, la sua nota capacità d’analisi e la sua propensione al confronto di granitica scuola democristiana. La domanda è strettamente connessa più che al nominato al nominante. Ossia a quel Rosario Crocetta che per due anni e passa ci ha raccontato in tutte le salse che non voleva politici di professione in giunta (salvo poi mettere, per dire, alla formazione un “tecnico” come Mariella Lo Bello), anzi più precisamente che in giunta non ci voleva proprio Pistorio, uomo “del passato” e della “restaurazione”, diceva il governatore un annetto fa (mentre si circondava di quei rivoluzionari di Lumia, Monterosso, Cardinale e via discorrendo).

E allora perché mai Crocetta ha deciso di aprire, anzi spalancare le porte della giunta al segretario dell’Udc, già vice di Raffaele Lombardo negli anni d’oro del Movimento per l’autonomia e già assessore alla Sanità di quell’altro rivoluzionario di Totò Cuffaro? Perché, vista la salva di prevedibili critiche che è piovuta addosso al governatore cinque minuti dopo l’annuncio, senza parlare delle invidie e gelosie degli altri politici “puri” (diciamo) di maggioranza, i cui appetiti sono stati solleticati dalla nomina dello stesso Pistorio e considerando anche l’effetto domino scatenato dalla stessa nomina con le dimissioni di Nino Caleca seguite a stretto giro di posta?

Legittimo cambiare idea, ci mancherebbe. Interessante sarebbe capire perché. Ma su questo è dato solo di fare delle ipotesi.

Forse il governatore non voleva scossoni per l’assessorato, dove Pistorio aveva piantato radici robuste, insediandosi come capo della segreteria particolare di Ettore Leotta, il magistrato che ha lasciato l’incarico perché stressato dai lunghi tempi di percorrenza Palermo-Siracusa nell’era del post pilone. Insomma, si potrebbe ipotizzare che Pistorio l’assessore lo faceva già, da qui l’idea di non rompere gli equilibri. Ma questo sarebbe ingeneroso verso Leotta, galantuomo che ha goduto di apprezzamento bipartisan. E considerato il bilancio del suo breve mandato, leggasi il capitombolo della riforma dei liberi consorzi, la volontà di perseverare potrebbe apparire, come da antico adagio, diabolica.

E allora forse Crocetta voleva fare un favore all’Udc, permettendo a Gianpiero D’Alia di liberare la poltrona occupata dallo stesso Pistorio alla guida del partito siciliano per far strada al più giovane nisseno Gianluca Miccichè, da cui dovrebbe passare il ricambio generazionale in vista della creazione di un nuovo soggetto politico centrista. Ma considerati i rapporti non proprio idilliaci tra Crocetta e D’Alia riesce difficile immaginare cotanta cortesia e premura del primo verso il secondo.

O magari semplicemente Crocetta ha a un certo punto capito che la sola retorica della rivoluzione legalitaria e della novità a tutti i costi non basta per portare avanti la complicata macchina della Regione. In fondo, circondato com’è da vecchie volpi che hanno già fatto il bello e il cattivo tempo negli anni dei suoi predecessori, sarebbe un passaggio quasi ovvio. E chissà che magari Crocetta in fondo al cuore non rivaluti la vituperata stagione del governo Cuffaro. Magari dopo Pistorio, ora che si libera (pare) anche l’ambita e potente poltrona di Lucia Borsellino alla Sanità, si potrebbe fare un pensierino a qualche altro assessore d’epoca

Resta un’ultima, suggestiva ipotesi. E cioè che alla fine Rosario Crocetta sia in realtà Raffaele Lombardo. E che quella faccia lì altro non sia che il più riuscito capolavoro di Tutino.

 


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