Catania Pride, educazione| alle differenze e lotta al bullismo - Live Sicilia

Catania Pride, educazione| alle differenze e lotta al bullismo

Una giornata intensa ricca di dibattiti, laboratori creativi e confronti serrati su tematiche come bullismo omotransfobico ed educazione alle differenze.

Un momento della conferenza

CATANIA – Gay Pride: buona la prima. Una giornata intensa ricca di dibattiti, laboratori creativi e confronti serrati su tematiche come bullismo omotransfobico ed educazione alle differenze. “Vogliamo utilizzare tavoli di discussione orizzontale per sfruttare il tempo del pride per confrontarci su temi importanti dal punto di vista culturale e politico”, spiega il presidente di Acigay Catania, Alessandro Motta. “Educare alle differenze” è il nome scelto per il primo dibattito. E’ proprio nell’ambito dell’educazione scolastica, infatti, che si gioca una partita cruciale tra due modelli contrapposti: quello patriarcale e tradizionale nutrito dal “pensiero del dominio” e quello inclusivo bastato sulla valorizzazione delle differenze. “Quest’ultimo modello è sotto attacco”, spiega Motta che riporta un esempio evidente. “Si inventano mostri che non esistono come la categoria gender”. Parole usate a sproposito per “spaventare” docenti e genitori come emerge dalle diverse testimonianze di chi lavora nelle scuole. L’inasprirsi degli attacchi da parte dei detrattori dell’educazione alle differenze non è casuale. “Adesso gli facciamo paura: ci sono state scoperte scientifiche che hanno inciso sulla procreazione, la coscienza civile è aumentata. In caso di referendum sulle unioni civili non ci sarebbero problemi, la decisione della Corte Suprema negli Stati Uniti e l’esito del referendum irlandese dicono che c’è un’attenzione a questi temi e loro ne hanno paura in un contesto di più generale laicizzazione della società”, argomenta la docente universitaria Graziella Priulla che di questi attacchi è stata recentemente vittima durante due conferenze. Si è vista spintonare, aggredire verbalmente da un gruppo di persone che avevano al seguito dei bambini con tanto di palloncini rosa e blu. “Sono organizzati in modo scientifico e utilizzano tutte le tecniche che usava l’Inquisizione nella caccia alle streghe, come la tecnica della fallacia: creai un nemico e gli attribuisci delle caratteristiche spaventose che agganci a qualcosa che sta nella pancia delle persone. In questo caso i bambini, che vengono sempre collegati nel lessico al pericolo, alla minaccia e alla paura: naturalmente il mix per le famiglie che di questi discorsi non hanno mai sentito parlare è terrificante”, spiega Priulla.

Per questo bisogna mettere le cose in chiaro. Questi gruppi temono di perdere “il monopolio dei discorsi sulla vita, sul corpo, sul sesso e sui ruoli di genere”. Molto si fonda sull’ignoranza, in tanti non distinguono l’educazione sessuale da quella di genere che scardina il caposaldo della polarizzazione delle dicotomie. “Il fatto che si possa mettere in discussione la polarizzazione, cioè che la vita sia molto più ampia del bianco e del nero, li terrorizza”. Dall’altro lato della barricata si resiste e si va avanti. Lo dimostrano le oltre duecento associazioni che l’anno scorso hanno aderito all’incontro romano “Educare alle differenze”, organizzato tra gli altri anche da Tiziana Biondi (presidentessa di Stonewall) che ha raccontato il lavoro del gruppo teso a “scardinare stereotipi legati ai ruoli di genere e all’orientamento sessuale”. Momenti di riflessione preziosi dai quali prendere spunto quando si lavora nelle scuole dove già operano diverse realtà (Luigi Tabita, responsabile del progetto Alma ha raccontato la sua esperienza a Siracusa).

L’educazione alle differenze, inoltre, diventa fondamentale per sconfiggere un fenomeno come il bullismo. Un argomento al centro del libro del docente e attivista glbt Dario Accolla. Il testo “Omofobia, bullismo e linguaggio giovanile”, edito Villaggio Maori, è stato presentato durante il secondo evento della giornata. Lo studio parte dall’analisi di un campione di trecento trentatré persone di tutti gli orientamenti sessuali di nove città equamente distribuite tra nord, centro e sud del paese. La fotografia della situazione non è affatto scontata: poche differenze tra centro e periferia, sostanziale omogeneità tra nord e sud (“tendenzialmente più omofobo”), “un centro Italia molto deludente perché hanno aderito pochi ragazzi omosessuali.  Le vittime del bullismo omofobico sono soprattutto i maschi. “Lo stereotipo verso il maschio omosessuale è quello più forte, è una questione di sessismo e maschilismo”, spiega Accolla. C’è poi la condizione delle persone transessuali, soprattutto MTF, percepiti come gay: un caso di “negazione dell’identità”. “Una violenza enorme, una doppia discriminazione”, spiega Accolla. Quando si parla di bullismo non bisogna dimenticare che il fenomeno riguarda l’aspetto fisico, psicologico e verbale (quest’ultimo ambito, spesso sottovalutato a torto, è quello maggiormente indagato dal libro). Accolla parla di “costruzione semantica del diverso”, gli insulti omofobi contribuiscono a fomentare un processo di “disumanizzazione della persona”. “Molti di questi insulti sono legati o alla vegetalizzazione del fenomeno (finocchio) o all’animalizzazione (puppo) ”. Oppure si utilizzano tutta una serie di parti del corpo nella creazione dell’insulto legate ai campi semantici della sporcizia e della defecazione. Un processo molto pericoloso.

“La lingua è un insieme di mattoni attraverso i quali crei il reale”, dice Accolla.  E’ qui che la violenza ha le sue radici e nel pensiero maschilista ed eterosessista che crea stereotipi. Il terzo dibattito (moderato dal coordinatore di Live Sicilia Catania, Antonio Condorelli) ha avuto al centro gli aspetti politici legati al documento del pride e ha registrato la partecipazione di numerosi esponenti di associazioni e movimenti politici: Pina Palella della segreteria provinciale della Cgil, Francesca Milone di Queer As Unict, Filippo Giurbino dell’Unaar, Anna Bonforte di Sel, Anna Di Salvo de La Città Felice, Matteo Iannitti di Catania Bene Comune.

Partendo dalla piattaforma politica, presentata da Alessandro Motta e Dario Accolla, Giovanni Caloggero (consigliere nazionale di Arcigay) ha fatto il punto sullo stato di salute della comunità glbt. “Dobbiamo parlare con le persone che rappresentiamo, in passato abbiamo sbagliato guardando troppo alla politica e regalando troppo ai partiti”. “Bisogna partire dal sé e dalla consapevolezza della nostra identità”, dice Caloggero. Ma il pride, come dimostrano tutti gli interventi della serata, pur nascendo per la comunità è un patrimonio di tutti. Di tutta la città, della Catania che è riuscita a ottenere il registro delle unioni civili ma dove ancora si registrano aggressioni omofobe.  “Il registro dimostra un avanzamento da parte dell’amministrazione del quale non possiamo non tenere conto, ma c’è ancora tanto da fare”, spiega Matteo Iannitti. “Non si tratta di una vertenza, dobbiamo lavorare per ottenere un cambiamento profondo, non esistono gerarchie nelle lotte e il movimento glbt ci ha insegnato a lottare per la liberazione delle persone da tutte le forme di oppressione: per questo noi non abbiamo bisogno di aderire a un documento politico, noi siamo il pride”.

 

 

 


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