Il Pd certifica il disastro Crocetta | Ma non sa che fare e se lo tiene - Live Sicilia

Il Pd certifica il disastro Crocetta | Ma non sa che fare e se lo tiene

Il paritito, nel corso della lunga direzione regionale, ha di fatto sfiduciato Crocetta. Ma non ha staccato la spina al governatore. I democratici pensano già alle elezioni, ma con calma. E per qualcuno "c'è ancora la possibilità di rilanciare questo governo".

PALERMO – Il Pd ha sfiduciato Crocetta. Ma non gli ha tolto la fiducia. I democratici pensano già alle elezioni, ma con calma. E nei saloni dell’Hotel delle Palme qualcuno ironizza: “Si andrà al voto? Certo, tra due anni”. Cioè alla fine della legislatura, nonostante tutto.

Quello andato in scena ieri è stato un lungo processo al governatore. Una requisitoria a tratti durissima, che ha visto la partecipazione di diversi big del partito, dal segretario regionale Fausto Raciti al sottosegretario Davide Faraone, passando da Antonello Cracolici ai pesanti interventi di Fabrizio Ferrandelli e Mirello Crisafulli. Tutti concordi, con diverse sfumature e gradazioni, nel sancire il fallimento del modello di governo di Crocetta. Un modello, quello del presidente solo al comando, spinto dalla foga moralizzatrice, che non avrebbe prodotto nulla se non “guai” per il Pd. “Il partito – ha sintetizzato un dirigente come Franco Piro – ha perso la rappresentenza nel governo ma ha mantenuto tutte le responsabilità”. Responsabilità condivise col presidente e che adesso però rischiano di far affondare il partito stesso.

Ma ecco fare capolino, tra le sedie della direzione, quello che Giovanni Panepinto ha onestamente definito “l’istinto di conservazione” dei politici. Che però potrebbe non essere più sufficiente se il prezzo da pagare per il mantenimento della poltrona è “l’imbarazzo che oggi proviamo tra la gente” ha ammesso il parlamentare arigentino. Il governo Crocetta, insomma, è stato un disastro. E la carrellata degli interventi che hanno messo in luce questo flop epocale è lunghissimo.

A cominciare dalle parole del segretario Raciti che ha usato toni comunque moderati: “Nella sua lettera di dimissioni – ha detto – Lucia Borsellino parla di incompatibilità morale ed etica col governo. Una incompatibilità che deve essere rimossa. E deve essere il governatore a dirci come si fa. Di sicuro non è più tempo per cronoprogrammi ed elenchi, siamo già oltre. Questo è il momento più difficile della legislatura”. Un ammonimento che non sarebbe nemmeno stato colto dallo stesso Crocetta nei suoi due lunghi interventi di ieri. Ma le “bocciature”, dicevamo, sono state tante. Chiarissima e annunciata quella di Fabrizio Ferrandelli, che ha anche presentato una mozione di sficia all’Ars e che ieri ha parlato di un Crocetta “inadeguato, inaffidabile e incompetente”. Per Mirello Crisafulli, questo governo, anche in seguito all’addio di Lucia Borsellino “non ha più alcuna credibilità politica”, mentre il sottosegretario Davide Faraone ha ricordato come “il giudizio di parifica della Corte dei conti ha fornito l’immagine di una Regione in enorme difficoltà, non si può pensare di evitare il voto solo per paura di perdere”. E ancora, Antonello Cracolici ha detto che “il modello di governo di questi due anni e mezzo è fallito. Andare al voto non sarà mai una vittoria, ma almeno è un modo per dimostrare che esiste una classe dirigente. Crocetta è stato un pavido, ha voluto fare la guerra al partito piuttosto che combattere dentro il partito”. Durissimi, poi, gli interventi dell’ex presidente della commissione antimafia all’Ars Lillo Speziale: “Crocetta ha usato la leva della legalità per portare avanti una guerra politica, ma ha compiuto il più grande atto di trasformismo mai visto, riportando al governo gente come Cimino o Cardinale, che governa da tanti anni in Sicilia”, e anche del deputato catanese Concetta Raia che ha sottolineato come questa esperienza sia giunta “ai titoli di coda. L’esempio è il settore della Formazione. Questo governo, nello smantellare un sistema, non è mai stato capace di crearne uno nuovo, adesso facciamo ciò che è necessario fare”. E durante la direzione, anche nubi di altro tipo si sono addensate sul governatore, come emerso dall’intervento del presidente della Commissione Salute all’Ars Pippo Digiacomo: “Lucia Borsellino ha detto di essere andata via perché il suo cognome potrebbe non sopportare quello che si sarebbe abbattuto su questo governo. Cosa dobbiamo aspettarci? Quali erano le paure di Lucia?”.

Quanto basta, insomma, per staccare la spina al governo un minuto dopo la direzione. E invece, il Pd prenderà tempo. E non si sa quanto. Intanto, almeno fino all’assemblea convocata per fine luglio. Il partito ha aperto una crisi, che non si sa dove porterà. Pensa già al dopo-Crocetta, ma quando davvero si tornerà al voto è una incognita che ha trasformato le sale dell’Hotel palermitano in una sala scommesse: “Entro ottobre”, dice qualcuno. “Nella primavera del 2016, insieme agli altri grandi Comuni”, dicono altri. “Tra due anni”, ironizza qualcun altro ancora, come abbiamo detto. Cioè a naturale conclusione del mandato. Del resto, esponenti di spicco come il capogruppo Baldo Gucciardi e il vicepresidente dell’Ars Giuseppe Lupo parlano ancora di “svolta da imprimere al governo: il rilancio è ancora possibile”.

La maggior parte del Pd però ha sfiduciato Crocetta, nonostante, attraverso le parole di Fausto Raciti, abbia confermato la fiducia ai suoi assessori. Un esito molto meno bellicoso di quello uscito fuori dalla prima direzione “calda” di questa legislatura, più di due anni fa, quando l’allora segretario Giuseppe Lupo (che ieri vestiva appunto i panni del pompiere e del pontiere) chiese di fatto agli assessori in quota Pd di uscire dalla giunta di Crocetta, fresca fresca di nomina. Gli assessori, ovviamente, sono rimasti saldi in quel governo per parecchi mesi ancora.

Oggi, nemmeno quello. Il Pd sfiducia Crocetta, ma non gli toglie la fiducia. Anche perché, probabilmente, non sa ancora bene cosa dovrà fare. Con quale coalizione, ad esempio, lavorare alle prossime elezioni anticipate. Mentre infatti il segretario Raciti ha insistito anche ieri sull’asse tra Pd e moderati (Ncd e Udc), in molti nel partito non gradiscono l’avvicinamento agli alfaniani. C’è poi la paura ingenerata da alcuni flop alle ultime amministrative, e il possibile exploit che potrebbe giungere dal Movimento cinque stelle. E poi, soprattutto, c’è quell’istinto di conservazione di cui ha parlato Panepinto. Che si palesava sul volto dei deputati regionali presenti all’Hotel delle Palme, tutte le volte in cui si accennava al voto anticipato. Un voto che li estrometterebbe da Sala d’Ercole per poi portare all’elezione non più di 90, ma di 70 deputati. Il Pd intanto ha processato Crocetta, ne ha preso le distanze. Invece di staccare la spina, però, si è limitato ad acquistare una “prolunga”.


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