Regione, i conti erosi dalla sanità | Come viene usato un euro su due - Live Sicilia

Regione, i conti erosi dalla sanità | Come viene usato un euro su due

Il mondo che Lucia Borsellino ha gestito fino a qualche giorno fa fotografato dalla Corte dei conti: su 17,6 miliardi di uscite complessive, 9,5 vengono utilizzati per ospedali e assistenza. Bene i tagli sui farmaci, male i pagamenti ai fornitori. E sulla spending review obiettivo mancato.

Il giudizio di parifica
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PALERMO – Per ogni euro di spesa della Regione, 54 centesimi vengono utilizzati per la sanità. È questo l’universo che giovedì Lucia Borsellino ha salutato, lasciando la giunta: l’assessorato che oggi Rosario Crocetta guida ad interim, stando all’istantanea scattata venerdì dalla Corte dei conti, è la vera centrale delle uscite della Regione: “La spesa sanitaria del 2014 – annotano le Sezioni Riunite – risulta pari a 9.508 milioni ed aumenta di circa 615 milioni rispetto all’omologo dato del 2013. La stessa assorbe circa il 54 per cento dell’intera spesa della Regione, pari a 17.599 milioni”. Insomma: secondo la Corte dei conti l’anno scorso solo 8,1 miliardi su 17,6 sono usciti dalle casse di Palazzo d’Orléans per motivi diversi dalla salute.
La voce più grossa riguarda il personale. Tanto personale: 48.530 dipendenti, 43.975 dei quali assunti a tempo indeterminato. Eppure c’è spazio – e tanto – anche per le consulenze e le collaborazioni esterne: nel 2014, secondo la requisitoria del procuratore generale Diana Calaciura Traina, consulenti e cococo sono stati 1.004, un quinto dei quali di stanza nella piccola Azienda sanitaria provinciale di Ragusa. Ben più parsimoniosa, ad esempio, è stata Agrigento, che invece se l’è cavata con soli sette esterni.
Ci sono però anche delle voci virtuose. Ad esempio il saldo della “mobilità”: la Regione, infatti, paga per i suoi cittadini che si fanno curare altrove e incassa se invece dalla Penisola qualcuno viene a farsi ricoverare in Sicilia. Entrambi i dati sono confortanti: i versamenti alle altre Regioni sono diminuiti di oltre 4 milioni, attestandosi a 222 milioni e 174 mila euro, e gli incassi sono aumentati di oltre un milione, arrivando oltre quota 60. Certo, il saldo è ancora negativo ma l’inversione di tendenza è chiara.
Come è palese l’azione sui farmaci. I controlli sulle prescrizioni improprie condotti dall’assessorato retto fino a qualche giorno fa da Lucia Borsellino hanno permesso di tagliare da 872 a 771 milioni la spesa per il rimborso dei medicinali acquistati con le esenzioni in farmacia, con una tendenza che conferma quella dell’anno precedente. “Con riguardo alle prescrizioni mediche – concede Diana Calaciura Traina – è stata intensificata l’azione di monitoraggio e controllo delle prescrizioni, indirizzandole verso farmaci di minore costo, aventi gli stessi principi attivi”. Insomma: addio “griffe”, si spende meno. Una gestione, su questo punto, elogiata apertamente dalla Corte dei conti, anche se con un apprezzamento che viene esteso anche all’operato dello Stato centrale: “Le sensibili flessioni, rispetto al 2013, del costo del personale, che diminuisce di circa 35 milioni, e della spesa farmaceutica convenzionata, con 101 milioni in meno – si legge nella relazione firmata dal presidente Maurizio Graffeo e dalla relatrice Licia Centro .-, confermano l’efficacia, sotto il profilo del contenimento dei costi, della dinamica pattizia tra Stato e Regione, condensata nella calendarizzazione e nel monitoraggio sistematico degli obiettivi da raggiungere”.
Ovviamente non ci sono solo note positive, però. Ad esempio i fornitori. La Regione ha l’obbligo di pagare entro ogni anno almeno il 90 per cento delle risorse destinate alla sanità: una volta assunto l’impegno di spendere una determinata quantità di denaro, insomma, Palazzo d’Orléans deve pagare realmente, “al fine – ricordano le sezioni Riunite – di velocizzare i pagamenti dei fornitori delle aziende sanitarie, garantendo a queste ultime un’adeguata capacità di cassa”. Ebbene, non è andata così: “Ciò – obiettano i giudici contabili – risulta di particolare evidenza con riferimento alla quota a carico della Regione, che, a fronte di un impegno pari ad oltre 4,2 miliardi di euro, ha trasferito alle aziende, nel corso del 2014, meno di 1,3 miliardi (circa il 30% del dovuto)”.
Poi c’è il nodo spending review. Un obiettivo mancato, secondo la Corte: “Queste sezioni Riunite – osservano Graffeo e Centro – devono, tuttavia, sottolineare la necessità di maggiori e più incisivi controlli da parte dell’assessorato vigilante nel settore degli acquisti di beni e servizi”. Già, perché per i giudici c’è un “costante incremento” delle spese per questa voce e, soprattutto, “il sostanziale mancato raggiungimento di alcuni importanti obiettivi di contenimento della spesa previsti dalla normativa statale in tema di spending review”.
E a pagare sono i siciliani. Non è la considerazione scontata, da bar dello Sport, ma una valutazione messa nero su bianco dai giudici, che parlano della “pregnante considerazione che, a fronte della sostanziale inefficacia in Sicilia delle misure di contenimento della spesa sanitaria nel settore degli acquisti e delle attuali tensioni della cassa regionale, lo sforzo fiscale aggiuntivo richiesto ai cittadini siciliani rischia di consolidarsi per un ulteriore lungo periodo”. È un’aperta critica alla decisione della Regione di utilizzare i soldi provenienti dall’aumento di Irap e Irpef per la sanità: “Appare inoltre a queste sezioni Riunite – scrivono Graffeo e Centro – difficilmente configurabile l’affidamento effettuato dal governo regionale sulla utilizzabilità, a copertura delle quote di ammortamento delle nuove anticipazioni di liquidità, per il triennio 2015-2017, del gettito (circa 300 milioni annui) derivante dalla massimizzazione delle aliquote fiscali Irap ed Irpef, originariamente attivato per sanare i deficit del settore sanitario”. C’è un motivo, ovviamente: “Occorre rilevare – annotano i magistrati – come, negli esercizi precedenti, tali entrate siano state destinate sia al finanziamento della spesa sanitaria corrente sia a far fronte ad altre emergenze di cassa della Regione (tra cui trasporto pubblico, collegamento con le isole minori, fondo perequativo comunale, riorganizzazione delle risorse umane nel settore forestale)”. Insomma: anche se in fin dei conti il piano di consolidamento funziona meglio del previsto, tanto che l’anno si chiude con un utile di 54 milioni, “la Corte deve porre in particolare evidenza come sussistano, per il futuro, gravi e preoccupanti problematicità circa la sostenibilità della spesa sanitaria e dell’onere restitutorio a carico della Regione”. I tagli non bastano. Non bastano ancora.


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