Nuovo sbarco a Palermo |Arriva una nave con 717 migranti - Live Sicilia

Nuovo sbarco a Palermo |Arriva una nave con 717 migranti

Al molo Pontone un'imbarcazione con 622 uomini, 88 donne, 7 bambini. Una delle migranti è in gravidanza. Sbarcate le vittime del naufragio di giovedì.

a BORDO 12 SALME
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PALERMO – Sono partiti intorno alle 7 del mattino, giovedì scorso, dal porto di Zuara, città della Libia nord-occidentale. Oggi sono sbarcati a Palermo, al molo 4 del porto. Sono 717 i migranti, alcuni sopravvissuti al naufragio avvenuto a poche ore dalla partenza davanti alle coste libiche, a scendere dalla Dattilo, la CP940 della Guardia Costiera. A sbarcare anche dodici salme, otto uomini e quattro donne. Tra queste, la madre di un bambino, a bordo dell’imbarcazione con il padre. La procura di Palermo ha aperto un’indagine per omicidio volontario, a carico di ignoti. Si ipotizza anche il reato di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
L’imbarcazione ha ormeggiato al molo Pontone intorno alle 8,15. Le operazioni di sbarco tuttavia sono iniziate appena mezz’ora dopo. Al porto si è subito attivata una macchina d’accoglienza per i 717, di cui 622 uomini, 88 donne (una nigeriana incinta all’ottavo mese di gravidanza è stata trasferita all’ospedale Buccheri La Ferla), 7 bambini, tutti di età inferiore agli otto anni. Tre donne, con ustioni di secondo grado, in gravi condizioni, sono state trasferite al centro Ustioni dell’ospedale Civico. Un uomo nigeriano affetto da febbre e dolori allo stomaco, invece, è stato trasferito al reparto Malattie infettive del Policlinico.
Il primo rifocillamento è stato organizzato dalla parrocchia San Curato d’Ars, del direttore della Caritas Sergio Mattaliano. Ogni migrante ha ricevuto beni necessari alla prima accoglienza: un pacchetto verde con due panini, due bottiglie d’acqua e un succo di frutta. Ma non solo: anche scarpe, magliette e pantaloni. Ognuno indossava un braccialetto rosso necessario all’identificazione ed era in possesso di una tessera di carta, con dati anagrafici e fototessera, rilasciata dopo i primi accertamenti. Con il supporto della prefettura di Palermo, proprio i volontari daranno loro una base temporanea. Secondo Anna Cullotta, responsabile della Caritas Diocesana, soltanto 200 degli oltre 700 resteranno a Palermo. Un appoggio logistico al vicolo San Carlo, dunque, per i 100 che saranno ospitati, per due o tre giorni; l’altra metà, sosterà a Giacalone. Gli altri 500, invece, saranno trasferiti in diverse strutture di altre città italiane: tra questi, 100 a Monreale, in attesa di disposizioni della Prefettura verso centri di prima accoglienza o accoglienza straordinaria nazionali.
Molti sono giovani, di diverse nazionalità d’origine. Tanti sono centrafricani e sono presenti anche diversi gruppi familiari. Si tratta per lo più di persone provenienti da Eritrea, Nigeria, Somalia, Siria, Gambia e Sudan. Le vittime, che avrebbero un’età compresa tra i 18 e i 30 anni. Secondo il racconto dei testimoni, che hanno viaggiato insieme ai compagni morti sul gommone poi affondato, sull’imbarcazione erano stipati circa 130 extracomunitari e 20 taniche di benzina. A riportare la testimonianza di un sopravvissuto è Flavio di Giacomo dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni. “Un 20enne marocchino ha raccontato che, dopo sei ore di navigazione, il gommone partito da Zuara, ha avuto dei problemi – spiega -. Il materiale con cui sono costruiti questi gommoni è molto scadente. Così il sole ha cominciato a farlo sgonfiare e, perdendo consistenza, ha cominciato a prendere acqua a prua. Le persone prese dal panico – prosegue – si sono spostate tutte a poppa, creando uno squilibrio nel gommone stesso. Ed è per questo che alcuni sono caduti in acqua. Tra questi, contiamo delle vittime e non dovrebbero esserci dispersi. Alcuni invece sono riusciti a sopravvivere nonostante fossero caduti in mare”. Tra i 106 sopravvissuti al naufragio, a 40 miglia a nord da Tripoli a bordo di 7 gommoni, soltanto una decina aveva il giacchetto di salvataggio. “Già da più di tre anni la Libia è diventata invivibile – racconta ancora il responsabile dell’Oim -. Molti per salvarsi dalla violenza decidono di partire. Dopo sei ore di navigazione hanno avuto questo problema. Un viaggio che è costato loro 800 dinari, circa 600 o 700 euro. Questo ragazzo ha comprato il giacchetto di salvataggio, insieme ai suoi amici, ma non dai trafficanti. In questo caso è stato un fai-da-te. Di solito sono i trafficanti a venderli ad alcuni, perché anche lì esiste una forma di razzismo. Ai subsahariani, ad esempio, non glielo danno. I morti, secondo le prime indiscrezioni, dovrebbero essere tutti subsahariani”.
Ad attendere i sopravvissuti molte autorità. Tra queste il sindaco di Palermo, il prefetto Francesca Cannizzo, il cardinale Paolo Romeo e il numero 1 dell’Asp di Palermo Antonio Candela. “Non ci si abitua a queste tragedie – commenta Leoluca Orlando -. Oggi piangiamo altri morti, nella quasi totale indifferenza dell’Europa che è complice di questo genocidio e si comporta come Ponzio Pilato. I tedeschi sono autori di Auschwitz e stermini nazifascisti. Noi non vogliamo essere considerati complici e chiediamo all’Ue di abolire il permesso di soggiorno, strumento di tortura e di arricchimento per la criminalità organizzata, come previsto dalla Carta di Palermo, approvata a marzo”.
Per il primo cittadino inoltre “il diritto alla mobilità è inalienabile perché nessuno ha scelto dove nascere, ma tutti hanno il diritto di scegliere dove vivere”. Per il cardinale Romeo “bisogna esaminare in loco chi ha diritto d’asilo, chi è in emergenza e chi ha problemi di salute. Solo con una carta internazionale accettata serenamente dagli stati questo può essere possibile. La chiesa, a chi bussa alla sua porta, non può chiedere il documento per aiutarlo. È un fratello che ha di bisogno – prosegue -. Si tratta di un flusso di gente che lì non ha più futuro e qui si aggrappa all’ultima speranza. Papa Francesco dice che questo genocidio del Mediterraneo non può essere sopportato più perché chi sta correndo incontro alla vita non può trovare proprio in queste acque la sua morte”.

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