"Per l'antimafia chiusa una stagione | Ora le riforme o andiamo al voto" - Live Sicilia

“Per l’antimafia chiusa una stagione | Ora le riforme o andiamo al voto”

Intervista a Beppe Lumia. Il silenzio dopo l'addio della Borsellino: "Non servono dichiarazioni su dichiarazioni". "Tutino? Chi sbaglia paga".

L'intervista
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7 min di lettura

PALERMO – Per Beppe Lumia la parola d’ordine è ancora una: riforme. Che poi era la stessa parola d’ordine degli anni di Raffaele Lombardo e del discusso patto del Pd con il governatore. Oggi come allora, nel pieno della crisi del governo Crocetta, Lumia invoca una stagione “di riforme”, per scansare “il baratro”. “Vivacchiare sarebbe un errore, meglio  in quel caso votare subito”. Perché mai le riforme che da sei anni si annunciano senza esito stavolta si dovrebbero davvero realizzare? Il senatore come sempre non batte ciglio: “Perché siamo sull’orlo del baratro”. Ma prima dei ragionamenti sul governo, c’è il tema della crisi nera dell’antimafia politica. Per la quale Lumia anche qui serafico ammette: “Una stagione si è chiusa”.

Senatore Lumia, partiamo dalle dimissioni di Lucia Borsellino. Non ho letto una sua dichiarazione al riguardo. Le è dispiaciuto?

“Mi è dispiaciuto molto. Ho passato questi giorni a riflettere. Non servono dichiarazioni su dichiarazioni. Non posso dimenticare le polemiche contro Lucia dei giorni scorsi, ingenerose e ingiuste, anche ora non serve un plauso di maniera. Bisogna avere il coraggio di dire che una stagione anche nell’antimafia si avvia alla conclusone”.

E detto da lei, che dell’antimafia politica è un alfiere da tempo…

“Ci sono due modi di affrontare la situazione: uno è assistere passivamente al dilaniarsi dell’antimafia, con liti e con gli stracci che volano accusandosi reciprocamente di incoerenza. È nella peggiore tradizione dell’antimafia una reazione di questo tipo. Ricordiamoci che già dai tempi di Falcone e Borsellino la polemica contro l’antimafia era devastante. E si abusava proprio del linguaggio del fare carriera, del fare antimafia di facciata per ottenere incarichi e successi. Ripercorrere questa strada sarebbe patetico e sarebbe un bel regalo alla mafia,. Ma c’è un’altra strada penso più seria e più profonda, su cui mi sto interrogando da mesi”.

E cioè?

“Avere il coraggio di dire che una stagione dell’antimafia si è chiusa. E prendere atto che anche l’antimafia deve voltare pagina. Che anche l’antimafia ha bisogno di un bel bagno di umiltà e di ripensarsi alla radice per costruire una nuova stagione che faccia tesoro degli errori per una moderna progettualità. Un’antimafia che si interroghi sul conflitto che ha attraversato per decenni il Paese, quello tra garantismo e giustizialismo. Al netto del garantismo strumentale a tutelare interessi dei potenti, dei mafiosi e dei collusi politici, ma anche al netto del giustizialismo anch’esso strumentale per colpire l’avversario ed eliminarlo dalla scena. Il garantismo onesto e il giustizialismo onesto devono trovare un’intesa in nome della grande lezione di Falcone che in termini tecnici viene chiamata ‘doppio binario’. Aggredire la mafia col massimo rigore e nello stesso tempo recuperando tutti gli elementi di garanzia”.

E basta questo secondo lei? Non ci sono altri errori?

“L’altro è stato separare la lotta per la legalità da quella per lo sviluppo. Se questi due aspetti vengono separati l’antimafia sarà sempre marginale e frammentata e pronta a rimproverassi sempre e a scatenare conflitti interni devastanti a somma zero. Mentre un’antimafia che sa coniugare legalità e sviluppo può uscire dalla marginalità e navigare in mare aperto. Una navigazione difficilissima. Ma più utile al Paese e più efficace nella lotta alle mafie”.

Sì, ma quest’esame di coscienza collettivo dov’è? Una persona come Lucia Borsellino lascia la giunta con una lettera in cui solleva un problema di carattere “etico” e non succede niente. Le pare possibile?

“Infatti. Ecco perché bisogna guardarsi dentro, ognuno deve fare questo lavoro per fare in modo che si comprenda che siamo arrivati finalmente alla fine di un modello. Il modello regione Sicilia”.

Ma la Borsellino nella sua lettera non parla di modelli generici, fa riferimento specifico al caso Tutino e al governo Crocetta.

“A quella vicenda bisogna reagire in un solo modo. Chi sbaglia paga, che è l’atteggiamento che ho sentito nelle parole del presidente Crocetta. Questa stessa vicenda è una spia di una crisi più grande, la crisi di un modello di Regione. Quel modello che per decenni ha governato la nostra terra, che ha subito una scelta, quella di essere terra di consumi rispetto al Nord che si è ritagliato il ruolo di terra di produzione. Nella terra dei consumi la politica si dimena e la spesa pubblica assistenziale la fa da padrona. Nella terra dei consumi, il gattopardismo, il trasformismo diventano alla fine l’approdo di qualunque stagione politica. In questi due anni è innegabile che il governo crocetta, la stessa Lucia Borsellino hanno fatto saltare in aria il sistema e un modello di Regione. La cosa che adesso manca e per cui serve un vero salto di qualità, è quello di costruire un’altra idea di Regione. E questo può avvenire soltanto con una stagione di riforme senza precedenti, in modo che le parole della Borsellino non siano lasciate scivolare nel silenzio e nell’ipocrisia”.

Per parlare di “cominciare a costruire” dopo quasi tre anni di governo non è un po’ tardi?

“Non è mai troppo tardi. Immaginate se finalmente tutti, innanzitutto il governo con accanto una maggioranza coesa e con un impegno della stessa opposizione permettessero di prendere il volo alla riforma dell’acqua pubblica, che finalmente attui in Sicilia una moderna ed efficiente gestione del servizio idrico. Immaginate se in Sicilia si istituisse il reddito di cittadinanza. Immaginate se decollasse una legge per la sburocratizzazione, per evitare che la burocrazia sia il problema dei problemi. O immaginate se si affermasse in Sicilia la scuola a tempo pieno, per dare ai giovani dei quartieri a rischio una scuola aperta tutto il giorno. Anzi dico di più, a cosa serve un alternarsi dei governi della Regione se il modello rimane sempre quello? Piuttosto che liquidare questo governo per riproporsi anche con nuove maggioranze le stesse questioni, meglio utilizzare questi mesi con una road map rigorosissima per una stagione di riforme al servizio della Sicilia”.

E perché dopo che da anni non c’è stato verso di farle, stavolta secondo lei ci si dovrebbe riuscire?

“Perché siamo sull’orlo del baratro. E quindi oltre c’è solo la rovina definitiva. Utilizziamo la fine dell’anno per stabilire che passo ci siamo dati. E perché sia in sintonia con quello che i siciliani chiedono”.

Ma pure ai tempi di Lombardo parlavate di riforme, lo ricorderà. E ancora le aspettiamo…

“Certo, non basta una crisi di governo per sciogliere questi nodi. Il conflitto politico è un conflitto inutile, lo pensano molti siciliani. E infatti così va a votare una piccola minoranza”.

Il segretario del Pd ha detto che questo governo ha fallito. Lei la pensa diversamente?

“Io penso che ha avuto il coraggio di affrontare e prendere di petto queste questioni. Penso che lo stesso Crocetta abbia avuto questo coraggio. È importante e definitivo capire la scelta che si farà. La scelta delle riforme è quella più coerente. E ci può aiutare ad aprire un rapporto più adulto con Roma, da classe dirigente a classe dirigente per evitare che la Sicilia sia una regione da abbandonare al proprio destino. Per esempio sulla Sanità, dopo un cammino di risanamento senza precedenti perché mantenere la penalità di un costo così alto della compartecipazione?”.

Crede che ci sia qualcuno che sfrutta il suo ruolo romano per giochi di potere?

“E’ un gioco antico, non voglio fare polemiche e conflitti sterili. Lo dobbiamo superare. O siamo compatti e moderni o nessuno ti regalerà niente se non subalternità e umiliazione”.

Quindi secondo lei si deve andare avanti fino alla fine della legislatura?

“Ho detto chiaramente: apriamo una stagione di riforme. Vivacchiare, mantenere un conflitto permanente sarebbe un errore. Meglio sarebbe in quel caso andare a votare subito”.

Dobbiamo aspettarci un nuovo governo? Un Crocetta quater?

“Per queste cose c’è un segretario, un presidente, dirigenti, non è il mio ruolo. Devono essere loro a trovare la quadra giusta. Ma questi progetti se non aprono alle riforme lasciano il tempo che trovano. In questi giorni si è dimostrato che quando si è vicino a un baratro, scatta l’allarme. L’Ars in una settimana ha approvato leggi importanti. Adesso bisogna fare le leggi della vita”.


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