Abbattuta l'omertà su clan Scalisi |Fibrillazioni sul "capomafia" - Live Sicilia

Abbattuta l’omertà su clan Scalisi |Fibrillazioni sul “capomafia”

I retroscena dell'operazione Time Out che ha decapitato il vertici della cupola adranita dei Laudani. TUTTI I NOMI - LA TRATTATIVA DEL PIZZO (VIDEO) - LE FOTO

CATANIA – Un muro di omertà denso e fitto quello che si respira ad Adrano. Uno spaccato sociale allarmante e preoccupante che emerge dall’inchiesta “Time Out” scattata, oggi, con l’esecuzione di otto misure eseguite dalla Squadra Mobile di Catania e dal Commissariato di Adrano (sei notificate in carcere) che hanno mozzato i vertici della cupola degli Scalisi, gli alleati della famiglia mafiosa dei Laudani. Le intercettazioni non lasciano adito a dubbi. “Dalle conversazioni – afferma il pm Assunta Musella – emerge chiaramente che il fenomeno delle estorsioni è molto diffuso, ma si avverte anche la particolare rassegnazione da parte delle vittime che si sottomettono”.

“Quanto dobbiamo pagare? 500 euro. Va bene, se non dobbiamo fumare non fumiamo“. Questo è un sunto di una delle intercettazioni – raccontata dai magistrati alla stampa – che cistallizza lo stato d’animo delle vittime pronte a rinunciare magari al pacchetto di sigarette al giorno pur di “pagare” la protezione al “picciotto mafioso”. Un dato allarmante: solamente due persone hanno collaborato con le istituzioni, infatti. Un cittadino rumeno per un tentativo di estorsione e l’imprenditore che nel 2011 si stava occupando della manutenzione della strada 231. Per questo caso ci furono degli arresti in flagranza: in manette finirono Davide Di Marco e Massimo Di Guardia, già condannati in primo grado per questo reato. Ci furono dei danneggiamenti dei mezzi e dell’auto privata dell’imprenditore che fecero alzare le antenne della polizia di Adrano. Le cimici “immortalano” la trattativa: la promessa che al cantiere non sarebbe successo più niente. I “messaggeri” vanno via con la promessa di portare il “rappresentante”. Loro sono uomini inviati dai “pezzi grossi”.

E se dalle attività tecniche emergono molti altri casi di richiesta di pizzo, la mancata collaborazione delle vittime non ha permesso alla magistratura di procedere perchè non sono state identificate le persone offese. Una stratificazione radicata di silenzio omertoso che ha rappresentato un terreno fertile per gli Scalisi, clan specializzato nelle estorsioni. Perchè ad Adrano la malavita si è divisa gli affari: da una parte il pizzo e dall’altra la droga, che per una pax mafiosa è gestito dai Santangelo, referenti della cosca Santapaola – Ercolano.

Il capo indiscusso Giuseppe Scarvaglieri, “Pippu ‘u zoppu”, reggeva le fila del clan nonostante sia in carcere da diverso tempo per una condanna all’ergastolo. Da dietro le sbarre avrebbe imposto le direttive e avrebbe “designato anche il suo rappresentante a piede libero”: il suo figlioccio Giuseppe Santangelo (morto per cause naturali la scorsa estate). In attesa della scarcerazione del nuovo referente del gruppo, che sarebbe avvenuta da lì a poco, le redini erano state affidate a Gaetano Di Marco (reggente pro tempore). Uno “straniero” della cosca, non un familiare. Un cambio di strategia che non sarebbe “piaciuta” ai vertici di lungo corso che si sentono spodestati. E allora si scatenano le fibrillazioni: “Ed è necessario l’intervento della famiglia Laudani per placare la tensione” – spiega il dirigente della Mobile, Antonio Salvago. La famiglia catanese indica un nome come capo di Adrano: Francesco Coco, “ciccio mafia”, è un persona conosciuta alle forze dell’ordine, protagonista dei fermi operati con la retata “Terra Bruciata” del 2009. Inchiesta che rappresenta l’embrione a quella di oggi.


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