Carcere duro per Nuccio Mazzei |Il padrino dei Carcagnusi al 41bis - Live Sicilia

Carcere duro per Nuccio Mazzei |Il padrino dei Carcagnusi al 41bis

Il provvedimento del Ministro della Giustizia riservato ai boss più pericolosi arriva anche per l'esponente della mafia catanese Sebastiano Mazzei.

CATANIA – Sebastiano Mazzei è detenuto al regime del carcere duro, il cosiddetto 41 bis. Il ministro della Giustizia ha firmato il provvedimento per il capo indiscusso – secondo la Procura di Catania – della cosca dei “Carcagnusi”. Il 43enne è finito in carcere dopo quasi un anno di latitanza: ad aprile è stato catturato a Ragalna. Gli investigatori della Squadra Mobile lo hanno scovato in una villetta “protetta” dal cane da guardia “Michael” in onore di quel Corleone, protagonista del film cult “Il padrino”. Il boss dormiva con un’ascia sotto il materasso: nessuna pistola sul comodino.

Per Nuccio stesso destino del padre. Il capomafia Santo Mazzei, 62 anni e consacrato uomo d’onore da Leoluca Bagarella, è in regime di carcere duro da oltre due decenni e ora è toccato al suo erede. Per la Direzione Distrettuale Antimafia Nuccio “U Carcagnusu” potrebbe “impartire” ordini anche dal carcere e per questo hanno chiesto al Ministro della Giustizia di disporre il “filtro” del 41 bis per poter “monitorare” i contatti tra il detenuto e l’esterno. La corrispondenza e i colloqui con i familiari saranno oggetto di “controllo”. Anche se nemmeno il muro del carcere duro, molte volte, è riuscito a fermare gli ordini dei mafiosi catanesi. Al provvedimento di Orlando i difensori di Mazzei potranno presentare reclamo al Tribunale di Sorveglianza di Roma.

È ancora minorenne Nuccio Mazzei quando entra a pieno titolo nella cosca capeggiata dal padre Santo.  Nel 1998 sfugge all’arresto nella retata Orione: la sua prima latitanza. Già da giovane è affiliato alla cosca referente dei Corleonesi a Catania. Dalle estorsioni alla droga, al controllo del mercato ittico, i Carcagnusi hanno gestito i loro affari criminali avendo come roccaforte il rione di San Cristoforo. Le inchieste dimostrano legami diretti con ‘ndrine calabresi per il traffico di stupefacenti e con propagazioni di potere criminale che si estendono anche alle periferie di Catania, come Lineri.

Nuccio Mazzei nel 2009 avrebbe avuto una taglia sulla testa. Lo spietato killer e capomafia dei Carateddi Sebastiano Lo Giudice avrebbe voluto ammazzarlo. Lo raccontano diversi pentiti: U Carcagnusu era uno dei capi della mafia di Catania da eliminare insieme a diversi boss dei Santapaola. Il suo attentato era stato già pianificiato: ma qualcosa andò storto come racconta il collaboratore Gaetano D’Aquino. Alla guerra di mafia dichiarata da Ianu U Carateddu il ghota di Cosa nostra si organizza per rispondere e cerca proprio Nuccio Mazzei come alleato: ci sarebbe stato infatti un summit a Vaccarizzo, in una casa al Villaggio Ippocampo di mare. Due importanti operazioni nel 2009 bloccano la cruenta faida che stava per esplodere: l’operazione Revenge, che decapita i Cappello, e il blitz Summit che interrompe un vertice mafioso convocato proprio per pianificare le strategie da attuare contro i Carateddi.

Nuccio Mazzei ad aprile del 2014 sfugge all’operazione “Scarface”, ma prima e dopo la sua cattura, si susseguono altri due blitz che vedono il figlio di Santo Mazzei designato come la “mente criminale” di diversi gruppi della malavita organizzata. Droga, estorsioni e intestazioni fittizie di beni: Nuccio Mazzei sarebbe riuscito a mettere le mani sugli “affari tradizionali” della mafia militare, ma anche ad “infiltrarsi” nella cosiddetta economia legale. Scarface e Ippocampo, già arrivati a processo, fino alla recente retata “Enigma”, che ha portato ad azzerare la cellula dei Mazzei a Lineri, crocevia di affari illeciti al confine tra Misterbianco e Catania.

Nuccio, secondo la ricostruzione della magistratura (l’inchiesta è coordinata dal sostituto procuratore della Dda Rocco Liguori), avrebbe dato le direttive alla squadra di Lineri, capeggiata da Costantino Grasso, specializzata nel racket delle estorsioni. Un’indagine che parte dal ritrovamento di un vero e proprio “libro mastro del pizzo” e che permette di smantellare un sistema in cui la mafia diventa “una vera e propria agenzia per riscuotere crediti”: nove imprenditori avrebbero scelto di assoldare i “picciotti” della frazione di Misterbianco per “riscuotere i debiti”, invece di pagare la parcella di un avvocato. Oggi si celebra l’udienza davanti al Tribunale della Libertà che dovrà decidere se confermare o meno la misura cautelare nei confronti di Sebastiano Mazzei emessa dal Gip nell’ambito dell’inchiesta Enigma. Intanto sono arrivati i primi esiti da parte del Riesame. L’ordinanza resta confermata quasi nella sua totalità: è caduto solo qualche capo di imputazione, con un annullamento e la riqualificazione della misura custodiale per due indagati. Dal carcere ai domiciliari per Carmelo Di Mauro e Alfio Cavallaro. Annullamento, invece, per l’imprenditore Antonino Giuffrida. Ancora dietro le sbarre invece coloro che sono ritenuti dalla magistratura i vertici dell’organizzazione, gregari e picciotti pronti a eseguire gli ordini di Nuccio Mazzei. Il “padrino” dei Carcagnusi da oggi è relegato al 41 bis.


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