Tentata estorsione a ditta dei rifiuti |Condannato affiliato clan Cintorino - Live Sicilia

Tentata estorsione a ditta dei rifiuti |Condannato affiliato clan Cintorino

Il primo troncone dell’inchiesta sulla tentata estorsione ai danni della Caruter, azienda che gestisce la raccolta di rifiuti a Calatabiano, si è conclusa con una condanna.

la sentenza
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CATANIA. Si è concluso con una condanna a 4 anni e 10 mesi di reclusione, 4 mesi in più rispetto alla richiesta dell’accusa, il processo in primo grado per la tentata estorsione ai danni della Caruter, la ditta che gestisce il servizio di raccolta dei rifiuti in alcuni comuni del comprensorio ionico etneo, tra cui Calatabiano. Questa la sentenza pronunciata ieri pomeriggio dal presidente della seconda sezione penale del tribunale di Catania, Carmen La Rosa. Alla sbarra il 55enne Vito Strano, unico imputato dopo il patteggiamento della pena a 2 anni di Pietro Ferretti, ex operaio della stessa Caruter. Tentata estorsione e furto, aggravati dal metodo mafioso, le accuse per entrambi.

LE RICHIESTE. E’ sulle anomalie della vicenda che prende il via la requisitoria del pubblico ministero Pasquale Pacifico, che non esita a definirla “un’estorsione gestita quasi in condominio”. Strano e Ferretti, spiega il pm, non sono gli ideatori della tentata estorsione ma intervengono, in modo assolutamente peculiare, solo dopo che altri soggetti, rimasti ignoti, sottraggono materialmente i mezzi dal deposito dell’azienda. E’ grazie ai colloqui intercettati nel carcere di Bicocca, dove si trova detenuto Vito Strano, che si riesce a ricostruire l’intero episodio. Il tentativo di estorsione, per l’accusa lo confermerebbe anche il colloquio registrato dalla responsabile dell’azienda, Ada Agnello, quando Pietro Ferretti la contatta per porsi come mediatore per il recupero della refurtiva, è opera di gente di Fiumefreddo di Sicilia. E’ lo stesso Ferretti a tirare in ballo Vito Strano, nella qualità di elemento di spicco della malavita di Calatabiano, in grado di “abbissari a cosa” (“sistemare la cosa”). Il pubblico ministero, inoltre, conferma l’avvenuta richiesta di denaro, anche se Ferretti non quantifica l’ammontare della somma. Per Pacifico non ci sono dubbi nemmeno sulla sussistenza dell’aggravante mafiosa. Un dato comprovato non solo dalla personalità dell’imputato, gravato da numerosi precedenti specifici, ma anche dal peso mostrato nella vicenda, ponendosi da pari a pari con elementi di spicco della criminalità di Fiumefreddo di Sicilia, come Salvatore Brunetto. Il pubblico ministero, al termine della discussione, ha chiesto una condanna a 4 anni e 6 mesi di reclusione per la tentata estorsione aggravata e l’assoluzione per il furto aggravato dei mezzi, non commissionato dall’imputato.

Per Alessandro Santangelo, difensore di fiducia di Vito Strano, invece, non vi sarebbe prova di alcun avvenuto tentativo di estorsione, ma solo di un furto commissionato da qualcuno di Fiumefreddo di Sicilia, a cui era stato promesso un posto di lavoro poi non dato. Le intercettazioni, per il legale, dimostrerebbero che Strano era all’oscuro di qualsiasi tentativo di estorsione, poiché convinto che si trattasse di un furto. Per questo sarebbe intervenuto per il recupero della refurtiva. I due tappi svitati, gli unici rinvenuti, sarebbero quelli tolti ai mezzi per rubare la benzina e non un messaggio di natura estorsiva. Nessuna richiesta di denaro, sempre secondo la difesa, sarebbe stata avanzata alla Caruter da Ferretti. Lo proverebbero le intercettazioni agli atti. Tuttavia Strano non sarebbe mai stato al corrente di alcuna richiesta, né di denaro né di un posto di lavoro. Aldilà del passato dell’imputato, afferma l’avvocato Santangelo, non ci sarebbero elementi per contestare l’aggravante mafiosa. Per questo il legale ha chiesto l’assoluzione da entrambi i capi di imputazione. “Attendiamo adesso di conoscere la motivazione della sentenza – ha dichiarato Alessandro Santangelo – per valutare l’impugnazione”.

L’INCHIESTA. E’ il novembre del 2013 quando il sostituto procuratore di Catania Pasquale Pacifico sottopone a fermo di indiziato di delitto, con l’accusa di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso e furto aggravato, Pietro Ferretti, incensurato di 43 anni, e Vito Strano, pluripregiudicato di 53 anni, affiliato al clan Cintorino. Pochi giorni prima i responsabili dell’azienda Caruter avevano presentato denuncia di furto contro ignoti, dopo la sparizione dal deposito di due mezzi per la raccolta dei rifiuti. Pochi giorni dopo quell’episodio, Pietro Ferretti, operaio della Caruter, si propone ai vertici della ditta quale intermediario per il recupero degli automezzi rubati. Per risolvere la questione la Caruter avrebbe dovuto sborsare una somma di denaro ed assumere alle proprie dipendenze il figlio 28enne di Vito Strano. Richieste subito respinte dai responsabili. Sei mesi dopo per gli stessi reati vengono fermati Salvatore Brunetto, Alessandro Siligato e Luigi Franco, oggi imputati nel secondo troncone dell’inchiesta. Le intercettazioni in carcere tra Vito Strano, i familiari e Luigi Franco, avrebbero consentito agli inquirenti di chiudere il cerchio sulla vicenda.

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