"Portato fuori sotto la pioggia" | Gli ultimi istanti di vita di Aldo Naro - Live Sicilia

“Portato fuori sotto la pioggia” | Gli ultimi istanti di vita di Aldo Naro

Aldo Naro, il giovane medico ucciso in discoteca

I carabinieri hanno ricostruito gli ultimi istanti di vita di Aldo Naro, ucciso con un calcio durante una serata in discoteca, ed emergono una serie di circostanze da chiarire.

PALERMO – “È sicuramente doveroso rappresentare che mentre questi (Aldo Naro ndr) – scrivono i carabinieri – si trovava riverso a terra dopo avere subito il trauma del calcio al collo… lo sollevavano di peso portandolo all’esterno della struttura nonostante il freddo e la pioggia di quella sera…”. La violenza del calcio non ha dato scampo ad Aldo, il giovane neolaureato in Medicina ucciso il 14 febbraio scorso all’interno della discoteca Goa. Questo non vuol dire, però, che non si indaghi sui soccorsi. Emergerebbero circostanze da chiarire, possibili ritardi e inefficienze. I militari li hanno messi nero su bianco nell’informativa consegnata alla Procura della Repubblica. I pubblici ministeri stanno valutando eventuali responsabilità di altre persone, oltre a quelle del minorenne che ha confessato di avere sferrato il calcio mortale.

La richiesta di soccorso al 118 è partita da una telefonata alle 3.18. Sul posto sarebbero poi arrivate tre ambulanze. La prima, quindici minuti dopo la chiamata in cui un ragazzo diceva che “… il problema è che sta morendo il ragazzo… serve un’ambulanza vicino il Goa… vicino il velodromo… c’è uno che è morto per terra”. “Mi dia il suo numero di telefono… invece di urlare mi dia il suo numero di telefono”, gli rispondeva l’operatore. L’uomo dall’altro capo della cornetta: “Ma quale numero di telefono… ma che ne so… sono alla serata”. E l’operatore chiudeva in maniera brusca e con una frase inequivocabile: “Ma va scassaci a minchia”.

Pochi secondi dopo è stato Massimo Barbaro, uno dei proprietari della discoteca, a chiamare il 118: “… può mandare guardi un’ambulanza al Goa, è una discoteca in via Pv 46, hanno litigato due ragazzi”. La centrale operativa ha allertato l’ambulanza e contattato la Questura. Nel frattempo, però, sono continuate ad arrivare altre richieste di aiuto. C’è chi entrava nello specifico di quanto accaduto: “… sì perché è scivolato a terra, perché a terra è bagnato ed ha sbattuto la testa..”. Qualcuno, dunque, azzardava una ricostruzione che poi sarebbe stata smentita dai fatti.

Pochi secondo dopo un altro ragazzo spiegava che “… è successo che c’è stata una lite… di cui non si capisce bene l’entità… i battiti sono veramente leggeri… vi prego fate presto perché il ragazzo secondo me ha qualche lesione cervicale o qualche altra cosa…”. A parlare era un giovane che sarebbe stato poi sentito a sommarie informazioni. Ai carabinieri racconterà di avere frequentato un corso di primo soccorso : “Mi sono accorto che aveva gli occhi semi aperti con le pupille ribaltate e quindi gridavo a tutti che non poteva essere spostato da quella posizione per nessun motivo. Nonostante ciò i buttafuori lo sollevavano per i piedi e per le spalle e lo portavano fuori nel viottolo e lo adagiavano sul pavimento. Mi avvicinavo e intimavo di non toccare la vittima perché avrebbero potuto accusare altre lesioni”.

Aldo Naro, invece, sarebbe stato “sollevato di peso” – come hanno scritto i carabinieri – e portato all’esterno della discoteca. Perché?, fu un gesto dettato solo dalla concitazione di quei momenti? Altri testimoni hanno parlato di lentezza degli operatori intervenuti in discoteca. E di mancanza dell’attrezzatura sanitaria necessaria – “barella spinale e collare” – per affrontare l’emergenza. Sono tutti temi che i pubblici ministeri stanno approfondendo, assieme ad altri aspetti della vicenda. Dai silenzi alle connivenze, dal sottobosco dei buttafuori in nero all’ombra della mafia, ai dubbi che vengono alimentati dalle intercettazioni. “Ma chi ti ci ha portato”, chiedeva il compagno di cella di Andrea, l’autore del delitto, che rispondeva mentre si trovata nel carcere Malaspina: “… ma se gli serviva a tutti il nome”. Ecco perché i genitori di Aldo dicono che prima di parlare di perdono bisogna accertare se sia emersa tutta la verità. Oppure se il reo confesso non abbia voluto coprire qualcuno.

 


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