Falsi invalidi e patologie fasulle | "Ti devi vestire male combinato" - Live Sicilia

Falsi invalidi e patologie fasulle | “Ti devi vestire male combinato”

La simulazione della malattia, l'abbigliamento trascurato. Chi puntava ad ottenere una pensione di invalidità senza avere i requisiti era disposto a tutto. Ecco le intercettazioni delle conversazioni che hanno condotto agli arresti per la maxi truffa all'Inps.

Palermo, le intercettezazioni
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PALERMO – Vere e proprie messe in scena. C’erano schizofrenici, diabetici, depressi. Tutti rigorosamente falsi e con un unico obiettivo: quello di ottenere oltre alla pensione, l’indennità per l’accompagnamento. Dovevano fingersi non autosufficienti: la loro vita, senza qualcuno che li avesse assistiti, non poteva andare avanti. Uscivano da casa spettinati, indossando abiti vecchi e strappati. E dopo avere autonomamente guidato la propria auto, si facevano accompagnare da badanti, cugine, nipoti, fasulle quanto le patologie che avrebbero dovuto simulare davanti alla commissione esaminatrice. La stessa che assegna la percentuale di invalidità in base alla quale l’Inps stabilisce la somma da erogare per la pensione.

Chi campava sulle spalle dei veri malati ed è stato raggiunto da una delle misure cautelari scattate per la maxi truffa ai danni dell’Inps, era pronto a tutto per essere il più credibile possibile. Lo “show” sarebbe andato più volte in scena con la partecipazione delle finte badanti che portavano sé le medicine che l’aspirante invalido doveva assumere e sottolineavano quanto fosse indispensabile l’assistenza di una persona: il malato non poteva più fare nulla da solo.

Le indagini hanno accertato che si trattava di recite al cento per cento, durante le quali anche l’aspetto doveva essere “curato”. E così, se la documentazione da presentare alla commissione parlava di “schizofrenia” ci si presentava coi “capelli tesi”. Se era necessario simulare un ritardo mentale, ci si vestiva trasandati, lo sguardo era perso nel vuoto, le capacità relazionali erano ridotte a zero. Era Giuseppe Cinà a consigliare come presentarsi ad ogni visita. Cosa indossare, cosa dire, ma soprattutto cosa non dire. Ne è un esempio la conversazione intercettata con Giovanni Tantillo. Quest’ultimo doveva presentarsi per una nuova visita lo stesso giorno in cui era stato convocato il figlio di Cinà.

Tantillo: minchia devo scendere con i capelli tesi, tutto male combinato..
Cinà: eh…se vedi a mio figlio sembra vero un mongoloide (ride, ndr). Andiamo dai che ti guardo pure il posto della macchina, sbrigati!
Tantillo: dove…all’Inps?
Cinà: si così ti posteggi
Tantillo: ah devo andare direttamente là, con la macchina
Cinà: vieni all’Inps!
Tantillo: e a quella la devo andare a prendere?
Cinà: ci penso io, caso mai la prendo io, ti lascio a te ed a Nunziello qua con la macchina, ma la tua macchina a distanza, l’hai capito, così non vi vede nessuno (abbassa il tono della voce ndr).

Cinà dispensava consigli, procurava false badanti, posteggiava le auto dei finti invalidi. Durante un’altra telefonata intercettata dai carabinieri, si rivolge a Giacomo Marchione: lui e la moglie speravano di avere riconosciuta l’invalidità e di ottenere la pensione quanto prima.

Giacomo: no, vossia mi deve dire come…a sto punto, come dobbiamo restare per domani.
Giuseppe: domani alle tre ci vediamo vicino da te.
Giacomo: al semaforo, va bene?
Giuseppe: va bene, vestiti male combinato, ti raccomando.
Giacomo: male combinato…non è che mi posso mettere le pezze nel di dietro.
Giuseppe: vestiti male combinato
Giacomo: va bene
Giuseppe: tutte le pillole che prendi, tutte cose.
Giacomo: le porto pure le pillole?
Giuseppe: quelle prima di tutte.
Giacomo: va bene, ciao.
Giuseppe: ciao.
Giacomo: alle tre ci vediamo allora?
Giuseppe: al semaforo!


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