Saro, i buchi neri e una trazzera | Dialogo sulla Buttanissima Sicilia - Live Sicilia

Saro, i buchi neri e una trazzera | Dialogo sulla Buttanissima Sicilia

Giuseppe Sottile e Pietrangelo Buttafuoco

Colloquio tra GIUSEPPE SOTTILE E PIETRANGELO BUTTAFUOCO. L'uno (Giuseppe Sottile) ci mette il neretto delle domande e dei rumori 'fuori scena'. L'altro (Pietrangelo Buttafuoco) si occupa delle risposte e del clamore delle nostre cose. Insieme ci raccontano, per filo e per segno, le 'mille e una disgrazia' della nostra terra.

La conversazione
di
10 min di lettura

“Che vergogna tutti questi milioni di milioni erogati dallo Stato alla Regione siciliana”.

 Ma come? Sono urgenti e ci sono dovuti. Pochi, maledetti e subito.

“Servono solo a sbiancare il buco nero del deficit”.

Adagio…

“Insomma, servono a somministrare un brodino al moribondo governo di Rosario Crocetta; portano ossigeno alla macchina dell’impiego pubblico, metastasi del tumore numero uno qual è lo Statuto speciale regionale e non vanno, questi soldi, ad avviare lo sviluppo. Saranno anche 500.000.000 di euro ma non potranno certo impedire quello che succede in ogni famiglia, in Sicilia: la fuga dei ragazzi, tutti scappati di casa per cercare il futuro altrove”.

 Ma dove sei, adesso, ti sento così nervoso…

“Sono ad Agira, passo da Leonforte, attraverso in lungo e in largo il cosiddetto entroterra, è piena estate e non c’è che lo svuotarsi di tutto. Neppure gli emigrati tornano più”.

Ormai sono tutti nonni, gli emigrati. Che vai cercando?

“E che vergogna anche tutto questo vivamaria dei Cinque Stelle per una trazzera di collegamento al posto dell’autostrada Catania-Palermo”.

Via dell’onesta!

“Ma per favore. Ci stiamo ubriacando con una trazzera quando in Egitto, e dico in Egitto, con tutti i suoi guai, allargano il Canale di Suez. La stradina è come la traversata a nuoto dello Stretto di Beppe Grillo: un capolavoro mediatico. Tanto di cappello. Ma è solo fumo negli occhi: una distrazione di massa. E se invece ci fosse stata una tratta ferroviaria di Alta Velocità, oleata da robuste tangenti, realizzata da magnaccia corrotti, occhiuti e realisti, capaci di prendere e però dare anche, con un’infrastruttura funzionale e moderna, com’è d’obbligo nella politica tutta di sangue e merda?”.

Non diciamo le parole sporche…

“Il guaio vero della Sicilia è di avere avuto politici di mezza molatura – sia a destra, sia a sinistra – e pecore zoppe adesso risultano questi populisti grillini, bravi a fare spuma di niente…”.

 Ma come? La società civile!

“Il mito della società civile fa danni peggio della grandine. A inseguire i grillini, l’allora segretario del Pd, Pierluigi Bersani, dovette capitolare. Ed è per questo se ci ritroviamo oggi con Laura Boldrini presidente della Camera e Pietro Grasso presidente del Senato, due dilettanti allo sbaraglio. Alla Rai, ricordi? Vennero nominati Benedetta Tobagi e Gherardo Colombo, due signori di passaggio. E non dobbiamo dimenticare che la società civile – il cui latrato, orchestrato dai Cinque Stelle, era Rodotà-tà-tà al tempo delle Quirinarie – si accompagna alle facce di Ignazio Marino a Roma o dello stesso Crocetta qui, in Sicilia. Per non dire del think…”.

Il think?

“Certo, il think-tank, il ritorno di Gianni & Riotto detto Johnny a Palermo. La sua trasmissione di Rai3 in diretta dallo Spasimo con i panettoni di Castelbuono, le focaccine di Costa, l’intervista itinerante al sindaco Leoluca Orlando e il risultato dello 3,6%, ovvero seicentomila spettatori in tutta Italia. Praticamente, in Sicilia, tra nove milioni di abitanti, neppure suo cugino l’ha voluto vedere. Ma sono gli inconvenienti della società civile. Adesso lo chiamano Johnny Flop”.

Senta, mi consenta: la fissazione è peggio della malattia.

“Che fissazione, che malattia. Proprio un doppio flop e lo stesso Matteo Renzi, che pure doveva raccogliere il grido di dolore di Johnny, non è andato a raccogliere invece il pianturello sul Sud di Roberto Saviano?”.

E va bene, proseguiamo.

“Io non ne capisco di vicende elettorali ma di politica sì, e solo la politica, in forza anche della sua capacità di rottura, può essere utile adesso”.

Quale rottura?

“Ecco, appunto, i grillini: avrebbero dovuto seguire l’esempio dell’unico vero e serio politico in questo frangente, ossia Fabrizio Ferrandelli, il giovane deputato del Pd che ha tirato la somma dopo tante sottrazioni di dignità e onore dell’Assemblea regionale siciliana e se n’è andato per davvero. Non ha annunciato le dimissioni. Le ha da-te! E i Cinque Stelle, invece di scegliere di stare dalla parte dello stipendio, avrebbero dovuto fare come Ferrandelli e farlo in blocco, anche a costo di farsi subentrare da mangiapane a tradimento. Avrebbero dovuto accendere l’attenzione con un gesto simbolico, e forse anche più costoso della trazzera, su un fatto inoppugnabile: non si può stare un minuto di più in un’istituzione al cui vertice c’è Rosario Crocetta. Non dico che anche i deputati di destra l’avrebbero potuto fare…”.

Perché non lo dici?

“Perché ho capito cosa sono”.

Cosa sono?

“Sono idealisti. Ovvero, hanno solo l’idea della lista. E’ una formula di Augusto De Marsanich, il segretario nazionale del Msi prima di Giorgio Almirante. E’ una battuta che Nello Musumeci conosce bene ma sono sicuro che lui saprà comandare ai suoi un’immediata uscita dall’elenco degli accomodati all’Ars e voglio proprio ricordarlo questo benedetto idealismo perché i parlamentari di destra, centrodestra o moderati che dir si voglia, avrebbero dovuto anche loro consegnare in blocco, e non minacciarle – come hanno fatto, temendo di essere presi sul serio – le loro dimissioni. Anche a costo di far subentrare in parlamento dei crocettiani di complemento, come si sono rivelati nella maggior parte dei casi lungo tutta questa legislatura i vari figuri dell’area moderata. Gli uomini di Angelino Alfano hanno tenuto la candela a Crocetta e, paradosso, anche le truppe di Micciché”.

Perché paradosso? Micicchè, di fatto, è stato il grande elettore di Crocetta.

“E paradosso è perché difficilmente gli interessi di Angelino convergono con quelli di Gianfranchino. L’eletta di quest’ultimo, a Enna, la signora Luisa Lanteri, è una supporter del governatore…”.

E chi è la signora Lanteri?

“E che ne so. Ho fatto un esempio. Io, a Enna, conosco solo Vladimiro Crisafulli…”.

Lo stesso Crisafulli che ha dato la sua solidarietà a Crocetta contro il tuo articolo, pubblicato sul Fatto Quotidiano, sullo sbiancamento anale…

“Ma il mio non era un articolo contro Crocetta, anzi, dicevo che grazie alla sua stagione se ne vedevano delle belle. Tu che sei stato anche a Detroit, tu sapevi dell’esistenza di questa tecnica?”.

Ma ti ha chiesto un milione di risarcimento!

“Ma non per lo sbiancamento. Lo ha fatto per la scena in cui Antonio Presti, peraltro simpaticamente, gioiosamente, goliardicamente, trovando i cronisti a Tusa, tutti in attesa del presidente, si mette sotto al suo balcone, lo chiama e dice…”.

Non lo dire altrimenti i milioni diventano due.

“Ma io trasecolo! Presti è un gran signore, un uomo di grande spirito, si diverte nella disarticolazione del linguaggio, è un vero dada. Anche a me, quando ci siamo incontrati a Capo d’Orlando, a una cena, mi ha detto: ‘Dove te ne vai tutta sola?’. Io dovevo proprio andarmene, non stavo in piedi dalla stanchezza e lui, sempre simpaticamente, gioiosamente, goliardicamente, soggiungeva: ‘E che, fu coitus interruptus?'”.

Simpatico, in effetti.

“Appunto, un uomo brillante Presti. E’ un numero uno, il suo Atelier sul Mare, a Tusa, è il biglietto da visita della Sicilia migliore. E’ un uomo veramente libero ed è per questo che Crocetta lo ha, di fatto, sabotato”.

Ancora la fissazione. Ma Crocetta è così nefasto per te?

“Nefasto lo è per la Sicilia. Dopo di che mi smuove un sentimento di compassione. Chi gli sta accanto lo fa solo per spremerlo e cavarne utili, in termini di carriera e di potere. E’ un uomo solo. Spero che un giorno ci si possa incontrare per parlare, fuori dall’agone della gara perché non mi sento in gara. Una volta mi telefonò e mi disse: ‘avveleniamoci con dolcezza’. Quando tutto sarà finito gli porterò in omaggio, a consolazione di tanta delusione, un verso di Ibn Hamdis. Lui è solo un personaggio, è arrivato a palazzo d’Orleans come da un reality. Non è cosa sua fare il presidente della Regione. Non è mestiere adatto a tanti, troppi…”.

 A proposito…

“Appunto: non mi candido. Non è cosa mia. Risulterei peggio di Crocetta. Non ho la necessaria moquette”.

Moquette?

“Sì, il pelo, il pelo sullo stomaco. E poi sono, come si dice oggi, divisivo. Pensa che qualche avvocaticchio, in servizio permanente effettivo nell’esercito dei mestatori si adopera nel fornire dossier, nel redigere carte di mezze verità mescolate a doppie bugie, per intimidirmi. E io, come Totò con Aldo Fabrizi in Guardie e ladri, pur sparato a uso di intimidazione… Non mi intimidisco”.

Un avvocaticchio?

“Anche due. E con loro tutta la testuggine dell’antimafia degli impresentabili. Quando sul Fatto Quotidiano mi sono occupato di un potente e pericoloso boss dell’antimafia, questi, senza smentire una sola cosa da me riferita nel mio servizio giornalistico, s’è limitato a inviare alla direzione del mio giornale una informativa accuratamente confezionatagli da un avvocaticchio – un picciotto, appunto – dove venivo descritto nella multiforme veste di nazista, stragista, mafioso va da sé, ovviamente omofobo, nonché satrapo di Enna, amico di Giuliano Ferrara e forse anche di Marcello Dell’Utri”.

E a che cosa puntavano?

“Era chiaro che boss e picciotto mirassero alla mia cacciata da Il Fatto Quotidiano o, quantomeno, alla mia delegittimazione ed è uno stilema, questo, tipico dell’antimafia degli impresentabili su cui proprio tu, su Il Foglio, hai scritto le parole definitive. E quando Manfredi Borsellino, alla cerimonia in memoria del padre, tra le braccia di Sergio Mattarella dice quelle cose che ha detto sulla giostra delle antimafiuzze di pronto accomodo non c’è da aspettare intercettazioni fantasma o meno, come quelle dell’incauto Espresso, per capire come è andata a finire. E mi ripeto: una cosa è la mafia, un’altra è la mafia dell’antimafia. Dopo di che c’è la lotta alla mafia. Ed è qualcosa di vero e di serio su cui, personalmente, scelgo di consigliarmi, affidarmi e farmi spiegare da Claudio Fava e non certo dagli avvocaticchi in servizio permanente ed effettivo presso i sottoscala di questura”.

Sei stato investito da una polemica nata a destra sul tuo essere…

“Saraceno. Ebbene sì, il guaio è che questi di destra – la pur formidabile Giorgia Meloni – non sanno quanto sia di destra l’essere saraceni. Era solo un calcoluccio elettorale quello della Meloni, credono che tutto sia come una volta. Coi deputati depositari di voti ed equilibri. Pezzenterie di botteguccia. In verità è più efficace mobilitarsi così, con la parola e la libertà, piuttosto che con le alchimie elettorali. Sono pur sempre ludi cartacei”.

Però fai politica.

“Certo. Con i miei articoli. E con i miei libri. E facendo politica mi sono convinto di un fatto: è necessario mobilitare l’opinione pubblica di Sicilia sull’urgenza di cancellare l’autonomia e dunque privarsi dello statuto speciale. E’ impossibile governare la Sicilia col ricatto del consenso ed è infattibile che si possa costruire la speranza con questo ceto politico regionale. Il fatto che tutti loro – tutti questi deputati – non si dimettano, la dice lunga”.

E come la racconteremo?

“La racconteremo ancora a lungo. Con Buttanissima Sicilia a teatro, Salvo Piparo, in scena, cosa fa? Aggiorna lo spettacolo di continuo. Tutto quel grande successo al Teatro Biondo, per esempio…”.

Quello del debutto o quello della replica?

“Quello del sold out, per dirla con Johnny Flop… Furono entrambe le serate un gran successo, un tutto esaurito rotondo. Non certo un flop. Il Teatro Biondo pieno come un uovo. Tutto quel successo del Biondo, insomma, si ripeterà con gli aggiornamenti dettati dalla realtà. Dal pilone della Palermo-Catania allo sbiancamento plastico del sederino. Tutta Italia aspetta le ultime nuove di questo cuntu, per dirla con la cantata che fa in scena Costanza Licata”.

Tutta Italia?

“E certo, anche in continente: ricordi a Perugia, al Festival Internazionale del Giornalismo? Che spavento. Ce ne stavamo soli soli, buttati in due poltrone, io e il regista…”.

Già, il regista…

“Sì, il regista: Giuseppe Sottile del Basto! Insomma, te lo ricordi? Io e te, terrorizzati di fare il forno, il fiasco e il flop e, invece, anche in continente, con un pubblico in larga parte di stranieri, il tuo canovaccio ebbe un grande successo. In soli cinque minuti il teatro si riempì. E non solo in platea: tanta gente in piedi! E quella signora, poi, ricordi? Ci disse: ho capito solo il 70 per cento ma quello che ho compreso mi ha divertito tanto… Era inglese quella signora. Pensa dove può arrivare il palermitano stretto di Salvo Piparo. A proposito: giorno 27 agosto, Buttanissima Sicilia, sarà a Messina, al Giardino Corallo. E il 28, dunque il giorno dopo, sarà di scena a Palazzo Donnafugata, a Ragusa, mentre in autunno la compagnia tornerà ancora in Continente, a Torino: quattro serate al Carignano”.

E i piemontesi come se lo gusteranno lo spettacolo?

“Con il filtro dell’esotismo. Sono pur sempre le Mille e una disgrazia di Sicilia”.

 


Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI