“In Italia ci arrestano” | Cambia la rotta dell'immigrazione - Live Sicilia

“In Italia ci arrestano” | Cambia la rotta dell’immigrazione

Uno dei recenti sbarchi di immigrati al porto di Palermo (Foto d'archivio)

In pochi mesi le procure siciliane hanno bloccato più di cento scafisti. La paura del carcere avrebbe contribuito a rendere la rotta balcanica predominante rispetto a quella mediterranea. La conferma arriverebbe dalle intercettazioni.

PALERMO – “In Italia ci arrestano, ci arrestano” continuava a ripetere uno dei mercanti di morte che stivano i profughi sulle carrette del mare. Meglio seguire altre rotte.

In pochi mesi le procure siciliane hanno bloccato più di cento scafisti. La paura del carcere avrebbe contribuito a rendere la rotta balcanica predominante rispetto a quella mediterranea. La conferma arriverebbe dalle intercettazioni. Da quelle voci fino a pochi mesi fa impossibili da tradurre, ma che ormai sono meno misteriose. A Palermo si sono attrezzati anche per colmare il gap linguistico. Hanno creato un pool di magistrati, coordinati dal procuratore Francesco Lo Voi e dall’aggiunto Maurizio Scalia. Ne fanno parte i pm Anna Picozzi, Calogero Ferrara, Renza Cescon e Roberto Tartaglia. Alcuni fanno parte della direzione distrettuale antimafia, competente quando in ballo c’è la tratta di essere umani. Non solo Palermo, le cronache ci raccontano di arresti eseguiti pure a Catania, Messina, Augusta e Pozzallo.

E così è aumentata la paura degli scafisti. “In Italia ti arrestano”, meglio girare alla larga. Dall’inizio dell’anno sono alcune migliaia i profughi transitati dal Friuli Venezia Giulia. Giungono da Tarvisio, Gorizia e Trieste. Si accampano nei boschi della Serbia per entrare in Austria o Ungheria, dove la tensione è salita alle stelle nei giorni scorsi. I migranti sono stati costretti, visto il pugno di ferro ungherese, a guardare alla Slovenia come zona di transito. Il numero dei flussi lungo la rotta balcanica – secondo i dati dell’agenzia europea Frontex – parla di oltre centomila arrivi da gennaio ad oggi. Burkina Faso, Benin, Nigeria, Repubblica Centroafricana, Somalia, Etiopia, Eritrea, Sudan sono i paesi da cui si fugge da guerra e miseria per raggiungere prima il centro di smistamento della Libia e poi via mare le coste siciliane. A queste rotte si è aggiunta quella terrestre che parte dalla Siria con destinazione Nord Europa attraverso Turchia, Bulgaria, Romania, Slovenia Ungheria. Un percorso che, a giudicare dalle intercettazioni, i trafficanti di uomini ritengono più sicuro rispetto al transito in Italia e, in particolare, in Sicilia dove fioccano gli arresti.

Agli scafisti viene ormai contestato il reato di omicidio volontario che fa scattare pene pesantissime. La condanna più dura che sia mai stata inflitta è arrivata nei mesi scorsi a Catania per un giovane condannato all’ergastolo. Una decisione del Tribunale del Riesame ha dato oggi ragione ai pm palermitani. Secondo il Gip l’accusa di omicidio volontario non poteva essere contestata a cinque scafisti perché non era nota la causa del decesso di oltre 26 uomini. I magistrati avevano deciso di impugnare il provvedimento. Il Riesame ha dato loro ragione: “Gli scafisti non hanno desistito dalla propria condotta, nonostante la agevole prevedibilità della morte di numerose persone”.

 

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