Pompe funebri gestite dalla mafia | La Causa inchioda D'Emanuele - Live Sicilia

Pompe funebri gestite dalla mafia | La Causa inchioda D’Emanuele

Pioggia di condanne nel processo di secondo grado scaturito dall'inchiesta Cherubino. Tutti i nomi e le dichiarazioni del pentito Santo La Causa.

la sentenza d'appello
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CATANIA – Pioggia di condanne nel processo d’appello Cherubino, l’operazione che svelò l’intreccio tra mafia e onoranze funebri a Catania. Al centro dell’inchiesta gli affari di Natale D’Emanuele, cugino del capomafia Nitto Santapaola.

I VERBALI DI LA CAUSA. “Natale D’Emanuele- ha raccontato La Causa- l’ho conosciuto negli anni ’80, quando era un parente dei Ferrera- Santapaola e anche un affiliato”. L’occasione dell’incontro sarebbe stata una visita resa allo storico boss della famiglia di Catania Giuseppe Ferrera, in quel momento latitante. E proprio alla famiglia Ferrera- Santapaola si dichiara affiliato La Causa, per un periodo di tempo che anche oggi ha dichiarato intercorrente tra la metà degli anni ’80 e il 28 aprile 2012, giorno in cui ha cominciato a rendere le prime dichiarazioni ai sostituti della Dda. Ma non è l’unica circostanza che riferisce su Natale D’Emanuele. “L’ho incontrato in carcere a Bicocca, tra il 2009 e il 2012- ricorda- prima che venissero a notificarmi il 41 bis. Gli spiegai che non poteva procedere ad affiliazioni in carcere, ma lui lo faceva lo stesso”. Sulla sua attività di imprenditore, poi, La Causa non ha dubbi: “D’Emanuele gestiva l’impresa di pompe funebri mirando al monopolio assoluto”.

LA SENTENZA. La prima sezione della Corte d’Appello presieduta dal giudice Pivetti ha rimodulato diverse condanne rispetto al verdetto di primo grado. Il Pg aveva chiesto la conferma della sentenza del Tribunale di Catania. Rideterminata in 17 anni e un mese la condanna per Natale D’Emanuele, esclusa l’aggravante dell’associazione armata. Il figlio Andrea, assolto dall’accusa di associazione mafiosa, è stato condannato a 4 anni per illecita concorrenza con l’esclusione dell’aggravante mafiosa. Rosario Romeo, condanna a 3 anni e 6 mesi, Francesco Spinale, invece, 4 anni e 6 mesi, Massimo Vecchio, 6 anni e 3 mesi, Salvatore Gulisano, 10 mesi, Pietro Santangelo, 1 anno e 4 mesi, Salvatore D’Arrigo, 2 anni, Filippo Torrisi, 2 anni, Francesco Pennisi, 4 anni, Orazio Zuccaro, 2 anni e 3 mesi, Sebastiano Murabito, 4 anni, Carmelo Raimondo, 4 anni. Per Murabito e Raimondo è stata esclusa l’aggravante mafiosa.

I giudici hanno riqualificato il reato da rivelazione di atti d’ufficio ad abuso d’ufficio per Filippo D’Angelo (11 mesi), Nunzio Cordaro (1 anno e 1 mese), Antonio Mazzarino (10 mesi), Salvatore Cannizzaro (11 mesi), Ercole Tringale (11 mesi), Nunzio Morales (1 anno), Sergio Parisi (10 mesi).

Confermata la condanna in primo grado per Angelo Agosta (due anni di reclusione e 1000 euro di multa) e Giuseppe Scaccianoce (sei mesi).

La Corte d’Appello ha deciso per la revoca della confisca per le quote di Edil immobiliare che risultano intestate ad Angelo Aiello. Confisca revocata anche per l’immobile di via Sebastiano Catania intestato al figlio di Natale D’Emanuele, Andrea.

 


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