"Vi racconto mio fratello Pino | che non voleva essere martire" - Live Sicilia

“Vi racconto mio fratello Pino | che non voleva essere martire”

Parla il fratello del parroco assassinato a Brancaccio: "Non credo che gli sarebbe piaciuto diventare un martire. Lui era semplicemente un prete, con una reale vocazione".

 

PALERMO- Quella statua in legno, posizionata al centro di piazza Anita Garibaldi, sembra viva. Alla commemorazione organizzata in memoria di Padre Pino Puglisi, ci sono i familiari, gli amici, vecchi e nuovi, e i volontari del Centro Padre Nostro. Qualcuno, disinteressato, preferisce rimanere a casa, incollandosi davanti al teleschermo che trasmette Manchester-Juventus. Altri preferiscono godersi lo spettacolo dal balcone arrugginito e testimone di un omicidio che, 22 anni fa, avvenne in silenzio. Seduti in prima fila, Gaetano e Franco Puglisi, i fratelli di Pino, si alzano solo per qualche intervento sul palco e per qualche intervista a giornalisti e tv locali. Dai loro sguardi si percepisce il dolore ancora vivo per la perdita di un fratello, un sentimento senza tempo nonostante sia passata quasi un’eternità, ma anche l’amore infinito nei confronti dell’uomo che un tempo fu il loro consigliere.

Franco ne parla con due fari negli occhi che sanno di malinconia. “Per me Padre Puglisi era semplicemente Pino, mio fratello. Con noi era prete solo quando avevamo dei dubbi riguardanti la fede. Difetti? Non riesco a trovarne nessuno, perché lui era davvero troppo buono. Ci siamo accorti di quanto fosse speciale solo quando è morto e adesso continua a mancarci tantissimo. Non credo che gli sarebbe piaciuto diventare un martire. Lui era semplicemente un prete, con una reale vocazione. E come lui ne ho conosciuto pochi, davvero pochi”, conclude, salutando gli amici accorsi a ricordare il fratello nei pressi della casa museo, oggi divenuta bene di interesse antropologico e storico.

Ieri sera sono bastate musica e parole dolci per ricordarlo. Tra i presenti, Maurizio Artale, il presidente del Centro Padre Nostro, fondato nel 1991 da Pino Puglisi. Lui, che non ha mai conosciuto quel prete di borgata, conduce con orgoglio e soddisfazione il Centro d’accoglienza dall’anno della morte di don Pino. “In questi 22 anni ho avuto la fortuna di conoscerlo a poco a poco, attraverso la testimonianza di familiari e amici. Oggi posso finalmente dire di conoscerlo un po’ di più rispetto a chi davvero gli è stato vicino”, dice a conclusione delle commemorazioni. Negli anni Brancaccio, territorio difficile che per Pino fu luogo di nascita e morte allo stesso tempo, è cambiata, mostrando potenti segnali di miglioramento. Ma ancora c’è tanto da fare. “Continuo a camminare con le lampadine di scorta in macchina perché c’è chi si diverte a rubarle. L’ultima intimidazione risale a qualche mese fa, ma bisogna sempre reagire a testa alta affinché il male diventi sempre minore. Non sopporto chi sostiene che Brancaccio non sia cambiata. Non è assolutamente vero. Certo è che non si arriva mai al capolinea”, conclude Artale.

Per Leoluca Orlando. Pino era un prete qualunque, molto semplice ma determinato nella lotta contro la mafia. “L’ho conosciuto durante gli anni in cui frequentava il seminario, io aderivo al Serraclub, movimento costituito in ricordo di Junipero Serra, missionario francescano. Dire che Pino non era un prete antimafia è il modo migliore per ricordare un parroco di borgata come lui”.

Oggi di lui rimane solo un sogno. “Di notte riesco a vederlo, vivo come non mai. Cammina, mi parla ma io stesso, nel mio inconscio, so che lui non c’è più. E ogni volta che riesco a incontrarlo, seppur in un sogno, mi sveglio felice”, dice il fratello Franco. Anche Maurizio Artale giura di averlo incontrato, seppur per la prima volta. “Ricordo solo di essermi spaventato. Era davanti a me, con un sorriso che abbagliava. Mi indicava la strada da percorrere”.

 

 

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