Il mini-Massimo si rifà il look |Restauro per il modellino del teatro - Live Sicilia

Il mini-Massimo si rifà il look |Restauro per il modellino del teatro

Gaetano Edoardo Alagna al lavoro sull'archetipo (foto Franco Lannino/ufficio stampa Teatro Massimo)

È lungo due metri, largo uno e alto 80 centimetri. È l'archetipo con il quale Giovan Battista Filippo Basile si aggiudicò il concorso per realizzare il simbolo di Palermo. Ora un artigiano lo sta riportando allo splendore iniziale. Grazie a una donazione di Inner Wheel.

La curiosità
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PALERMO – È suggestivo come il teatro, ma nel foyer c’è posto solo per qualche dito. Ogni dettaglio è in scala, riproposto fedelmente nei minimi particolari. L’archetipo con cui Giovan Battista Filippo Basile si presentò al concorso indetto dal Comune per la costruzione del teatro, che sarebbe diventato nel giro di un secolo il simbolo della città, è un’opera d’arte a tutti gli effetti. Solo che è piccola per essere una struttura architettonica. E ha perso qualche pezzo nel tempo. Così, un gruppo di quattordici club service e associazioni, coordinate dall’Inner Wheel Palermo Centro, ha finanziato, con una donazione di 2.500 euro, il restauro dell’archetipo del teatro Massimo che verrà riconsegnato alla città tra un paio di settimane.
Piccolo lo è, ma solo per modo di dire. Perché il modellino di legno è lungo due metri, largo uno e alto ottanta centimetri, è poggiato su un basamento di un metro e questo fa sì che raddoppi in altezza. Grandissimo davvero per essere un modellino. Da quattro mesi, a lavorare all’archetipo in legno di noce tenera, realizzato da Salvatore Coco – un importante ebanista dell’epoca – è un artigiano di 46 anni che ha curato, peraltro, altri importantissimi restauri, come il ripristino della sacrestia di casa Professa e del coro ligneo di Ciminna, e persino il restauro dell’Immacolata di Borremans, un enorme dipinto dei primi del Settecento. È stato proprio l’Inner Wheel a scegliere direttamente, in base al curriculum e in continuità con un precedente lavoro sulla riproduzione, Gaetano Edoardo Alagna, esperto in restauro di opere lignee e dipinte dorate. È stato proprio lui infatti ad avere curato il primo restauro del mini Massimo nel 2009. E adesso, a distanza di sei anni, si ritrova per la seconda volta nel foyer del teatro alle prese con quella che viene considerata un’opera a tutti gli effetti. Perché l’archetipo, diviso come una mela in quattro quarti, al suo interno riproduce minuziosamente l’originale. In uno spaccato che permette di sbirciare dentro. Dai fregi e le colonne, alle cariatidi del palco reale e la cupola emisferica, fino alle finestre ad archi e i famosi leoni bronzei. Si vedono persino le fondamenta perché, in principio, la logica costruttiva prevalse nella realizzazione.
Un piccolo puzzle estremamente affascinante che ha fatto il giro del mondo. Da Shangai a Roma, è stato visto e apprezzato da milioni di persone. Durante questi spostamenti, però, il baby Massimo ha perso dei pezzetti. Pezzetti che non sono stati trovati durante il primo restauro ma che adesso saltano fuori, recuperati dal teatro e consegnati direttamente all’artigiano. È per questa ragione che Alagna, durante il primo ‘restyling’, ha reso sia riconoscibili i pezzi nuovi che visibili gli interventi, perché non aveva intenzione di assemblare un’imitazione di particolari. Adesso, invece, con gli originali a disposizione, sta realizzando un restauro filologico, scomponendo, ricomponendo e restando fedele all’originale. Circa 700 pezzi tutti da ricollocare e pulire. Tra i pezzi ritrovati vi è quello che a Palermo è conosciuto comunemente come il “carciofo”. Si tratta del fregio finale che sta in cima alla cupola del teatro e che nel 2009 Alagna non ha voluto riprodurre. Sperava che fosse ritrovato e così in effetti è stato.
Vederlo lavorare nel foyer è molto suggestivo. Gli attrezzi da lavoro sono dei cotton fioc abbastanza lunghi e degli spazzolini da denti. Si dedica al restauro in modo minuzioso facendo uso di una particolare miscela di acqua raggia, alcol etilico a 99 gradi e olio paglierino. Il primo pulisce, il secondo sgrassa, mentre il terzo lo restituisce al legno. Una vera e propria opera d’arte in miniatura che resterà esposta all’interno del teatro Massimo, senza imminenti viaggi in programma.

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