I beni confiscati e la giustizia ferita | Serve l'intervento di Mattarella - Live Sicilia

I beni confiscati e la giustizia ferita | Serve l’intervento di Mattarella

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella

Le impietose intercettazioni, al di là del penalmente rilevante, svelano una gestione a dir poco clientelare della giustizia. I magistrati coinvolti restano al loro posto. Non si possono aspettare i tempi elefantiaci del Csm. Solo il Capo dello Stato può restituire credibilità alla magistratura palermitana.

PALERMO – “In data odierna il procuratore generale Sergio Lari ci ha trasmesso gli atti relativi all’indagine penale condotta dalla Procura di Caltanissetta”. Le parole di Renato Balduzzi, presidente della Prima Commissione del Csm sanno di burocratese. E la burocrazia in Italia è, nella migliore delle ipotesi, sinonimo di lentezza. Invece oggi serve la massima velocità per salvare, prima che sia troppo tardi, l’autorevolezza di un intero distretto giudiziario colpito alla radice dallo scandalo sulla gestione dei beni sequestrati alla mafia.

Lo scandalo sull’operato della Sezione misure di prevenzione presieduta da Silvana Saguto non è solo esploso, ma si è ormai consolidato. Dopo il sequestro e le perquisizioni, ecco le impietose intercettazioni che, al di là del penalmente rilevante – ci sarà tempo e modo di accertare la verità – svelano una gestione a dir poco clientelare della giustizia. Troppe complicità attorno alla Saguto, troppi magistrati coinvolti che restano a Palermo in attesa che il Csm decida sull’eventuale trasferimento per incompatibilità ambientale o applichi sanzioni disciplinari.

“Abbiamo già disposto un calendario di convocazioni dei cinque magistrati destinatari dell’inizio della procedura per i primi di novembre al fine di definirla con la massima urgenza all’esito di queste audizioni”, aggiunge Balduzzi. Non basta. Serve, a questo punto, l’intervento di Sergio Mattarella, capo dello Stato e presidente del Consiglio superiore della magistratura. Mattarella è palermitano, conosce bene il Palazzo di giustizia della città in cui è nato. Un luogo dove lavorano, ogni giorno e con grande senso di responsabilità, magistrati onesti e operosi.

Il 19 luglio scorso, in occasione delle cerimonie di commemorazione per la strage di via D’Amelio, Mattarella era seduto nell’aula magna dove troneggia un dipinto che ritrae Falcone e Borsellino. Dall’inchiesta viene fuori un groviglio di interessi. Nell’attesa del passo indietro dei magistrati, che non arriverà, non si può consentire che il vento maleodorante degli scandali finisca per contaminare i luoghi simbolo dell’antimafia: quella vera, senza chiacchiere e mostrine. C’è un problema politico, ancor prima che giudiziario. Va affrontato, subito e senza burocratese. Mattarella non può girarsi dall’altra parte: qui non siamo di fronte a manchevolezze di ordinaria amministrazione; siamo di fronte a una catastrofe.

 


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