Chiesti 45 anni per picciotti di Nizza | “Coperta latitanza boss di Librino” - Live Sicilia

Chiesti 45 anni per picciotti di Nizza | “Coperta latitanza boss di Librino”

Al centro del processo a carico di alcuni esponenti del clan mafioso dei Santapaola la presunta estorsione a un imprenditore brutalmente picchiato per ordine di Andrea Nizza (nella foto), attualmente ricercato. Il pm Rocco Liguori ha formulato le richieste di pena.

CATANIA – Avrebbe acquistato lo champagne per conto di Andrea Nizza per permettere al boss dei Santapaola di brindare a Capodanno l’arrivo del 2015 durante la sua latitanza. A inchiodare Danilo Scordino, uno degli uomini più fidati del boss santapaoliano, è una conversazione captata da una cimice piazzata dai carabinieri. L’intercettazione è citata dal pm Rocco Liguori nel corso della requisitoria del processo che si celebra con il rito abbreviato davanti al Gip Daniela Monaco Crea e che vede imputati oltre Scordino, Giovanni Cavallaro, Francesco Magrì, Giovanni Privitera per mafia, armi ed estorsione. Alla sbarra anche Giuseppe Montegrande a cui non è contestato il reato di associazione mafiosa.

Per il sostituto procuratore della Dda di Catania i quattro imputati sono tra gli “uomini fidati” di Andrea Nizza che “lo hanno affiancato nella sua ascesa criminale e che gli hanno consentito di rendersi latitante già dallo scorso dicembre 2014”. Del loro ruolo ne parlano diversi collaboratori di giustizia: lo stesso fratello di Andrea, Fabrizio Nizza capo indiscusso di Librino per anni. Davide Seminara, autista del latitante, che ha fornito agli inquirenti le indicazioni per sequestrare il maxi arsenale a Librino. A dire del pentito a conoscere il nascondiglio delle armi da guerra erano Giovanni Privitera, Franco Magrì e Danilo Scordino. Seminara precisa che le armi erano “di Andrea Nizza e senza il suo assenso nessuno avrebbe potuto toccarle, usarle o spostarle”. Un ulteriore elemento per capire quanto gli imputati erano vicini al capo del gruppo di Librino.

Non fa sconti il magistrato: per Cavallaro, Magrì, Privitera e Scordino ha chiesto al Gup una condanna a 10 anni di reclusione. Per Montegrande invece la richiesta è di 5 anni e 4 mesi di carcere. Al centro del processo c’è stata l’estorsione reiterata ai danni di un imprenditore catanese che sarebbe stato minacciato da Andrea Nizza. Dalla ricostruzione dell’accusa la vittima sarebbe stata brutalmente malmenata per costringerla a cedere delle proprietà immobiliari: il prezzo da pagare per saldare parte dei debiti dovuti ai suoi strozzini. Il boss avrebbe “prestato” una somma all’imprenditore per aprire un’agenzia di scommesse: a quel punto il prestito si era trasformato in usura, vista la richiesta di rate mensili da versare. Liguori sintetizza i passaggi salienti di un anno di vessazioni e minacce: quando la vittima non riesce più a pagare il debito arriva la richiesta di vendere a Nizza (attraverso un prestanome) una villetta a un valore più basso del mercato. Una parte sarebbe servita a pagare il debito pregresso, ma al proprietario sarebbe rimasto il mutuo della casa sulle spalle. Allora contatta un’agenzia immobiliare per vendere l’immobile a un prezzo più alto e così poter pagare il debito con Nizza ed estinguere il mutuo con la banca. Ma la notizia sarebbe arrivata alle orecchie del boss che avrebbe ordinato l’aggressione.

Il 17 ottobre 2014 Nizza tramite Montegrande avrebbe fatto chiamare l’imprenditore. L’appuntamento sarebbe stato nel suo quartiere generale al viale Moncada 10: il boss lo avrebbe aspettato con altre 3 persone. La vittima sarebbe stato picchiato brutalmente: al pestaggio si sarebbero aggiunte altre persone tra cui un certo Danilo che gli avrebbe gridato: “Bastardo, gliel’hai venduta ad un mio amico. Ti sembra che… non ce ne saremmo accorti?” Nizza avrebbe colpito l’uomo con un bastone: qualcuno avrebbe proposto di ucciderlo e altri di appenderlo a un albero. Solo le suppliche e la promessa di non denunciare avrebbero salvato l’imprenditore che è arrivato a casa ridotto a una maschera di sangue. La moglie della vittima ha raccontato tutti i particolari nel processo che si celebra con rito ordinario dove è imputato il latitante Andrea Nizza.

Anche il neo collaboratore Salvatore Cristaudo, ex soldato del gruppo dei Nizza, ha raccontato del pestaggio e chi avrebbe partecipato: “Franco Macrì e Danilo Scordino lo avevano picchiato su ordine di Andrea Nizza. E’ stato mio fratello Martino a raccontarmelo”. Nella prossima udienza, infatti, su richiesta della difesa sarà convocato come teste Martino Cristaudo.

 


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