L'arresto di Lo Bosco e le tangenti | "Due livelli: politico e istituzionale" - Live Sicilia

L’arresto di Lo Bosco e le tangenti | “Due livelli: politico e istituzionale”

Il presidente di Rfi, Dario Lo Bosco

Il blitz della polizia che ha portato in cella tre persone, tra cui il presidente di Rfi, Dario Lo Bosco, è solo parte di una più complessa indagine. Si parla di relazioni e incontri con personaggi di alto profilo istituzionale.

PALERMO – Una parte delle tangenti era destinata ai politici. I soldi non dovevano restare tutti nelle mani di Dario Lo Bosco, ma completare altrove il loro percorso. Fino a raggiungere il secondo livello del giro di mazzette. Un livello “politico” e “istituzionale”. Ecco l’ipotesi a cui lavorano i pubblici ministeri di Palermo.

La confessione di Massimo Campione è il cuore dell’inchiesta culminata ieri con gli arresti del presidente di Rfi, Lo Bosco, e dei dirigenti della Forestale, Giuseppe Quattrocchi e Salvatore Marranca. Contemporaneamente, però, le parole dell’imprenditore agrigentino sono la prima tappa di una seconda e più complessa indagine.

Campione ha ammesso di avere pagato circa trecento mila euro, poco meno di sessantamila a Lo Bosco. L’ipotesi investigativa, però, è che di soldi ne abbia versati molti di più. Il presidente di Rete ferroviaria italiana potrebbe essere stato un collettore di mazzette, poi girate ad altri. E neppure l’unico. Gli investigatori hanno pure un’idea di chi possa essere.

Seppure in una fase investigativa segreta, dalle carte giudiziarie arrivano indicazioni precise. L’indagine è partita da un contesto molto più ampio che riguarda Massimo Campione e i fratelli, a capo di una costellazione di imprese. Era lui l’uomo intercettato. Dai suoi contatti telefonici “emerge la vicinanza e la confidenza – sono parole dei pubblici ministeri – di Campione con personaggi di alto profilo istituzionale specie in ambito aeroportuale con scambi di notizie e consigli apertamente riferibili a lavori tecnici da compiersi in appalto da parte delle imprese del Campione”. Non è tutto. In un successivo passaggio i pm aggiungono che “l’apparente contiguità di interessi e la cura – percepibile nei dialoghi – con la quale si programmano relazioni e incontri con terze persone di altrettanto rilevante profilo pubblico consentono agli inquirenti di stralciare gli atti di pertinenza”. In soldoni, vuol dire che solo la prima parte dell’indagine è arrivata alla misura cautelare disposta dal giudice per le indagini preliminari Ettorina Contino.

Chi sono, oltre a Campione, i protagonisti delle telefonate e degli incontri di alto profilo? Sappiamo ad esempio che contatti ci sarebbero stati con Giovanni Tesoriere, preside della facoltà di Ingegneria dell’Università Kore di Enna. Il docente, pure lui indagato nell’inchiesta madre, avrebbe ottenuto circa 35 mila euro da Campione che glieli avrebbe consegnati personalmente. Si sarebbe trattato di una tangente mascherata da una consulenza tecnica nell’ambito del progetto per il sensore che Campione, secondo l’accusa d’intesa con Lo Bosco, voleva piazzare sui vagoni dei treni.

Tesoriere, già indagato per corruzione nell’inchiesta sui lavori della metropolitana di Catania (“Sono estraneo a questa vicenda”, ha sempre dichiarato) ha fatto pure parte del “Nucleo di Valutazione e verifica degli investimenti pubblici”, una struttura del dipartimento regionale della Programmazione obbligatoria. Le cronache ricordano il suo appello affinché gli venisse consentito di rinunciare al suo cachet per metterlo a disposizione degli studenti iscritti alla facoltà di Enna. Ha ricoperto anche incarichi nazionali, fra cui quello di consulente dell’Enac, l’Ente nazionale aviazione civile “per le problematiche connesse allo sviluppo delle infrastrutture aeroportuali in Italia”.

Ma non è solo su Tesoriere che si concentra il lavoro del procuratore Francesco Lo Voi, dell’aggiunto Bernardo Petralia e del sostituto Claudio Camilleri. Che sia una faccenda delicata lo dimostra che il procuratore ha deciso di partecipare in prima persona agli interrogatori di Campione, quando l’imprenditore ha capito di non potersi giocare la carta di improbabili scuse. Disse, ad esempio, che i nomi presenti nella lista delle tangenti che i poliziotti dell’Anticorruzione trovarono nella sua borsa erano operai della sua ditta. Ha vuotato il sacco dopo un paio di giorni di riflessione.

Nel “contesto più generale dell’inchiesta” non ci sono, però, solo le tangenti ai politici. C’è pure la mafia agrigentina. Ci sono diversi pentiti che parlano dei rapporti fra Campione e la criminalità organizzata. Rapporti su cui si sta facendo luce, così come sulle mazzette nascoste dentro fogli A4 piegati in due, avvolti nella carta, conservati e prelevati nel bagaglio della macchina all’interno del parcheggio dell’aeroporto oppure consegnati davanti al mare della Cala.


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