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LiveSicilia.it / Archivio / Ventuno arresti per 50 estorsioni Ribellione di massa degli imprenditori

Ventuno arresti per 50 estorsioni
Ribellione di massa degli imprenditori

Una delle fasi del blitz dei carabinieri in provincia di Palermo

I carabinieri del Reparto operativo e del Nucleo investigativo hanno notificato ventidue ordinanze di custodia cautelare. La stragrande maggioranza riguarda persone già detenute. Colpite le famiglie mafiose di Bagheria, Villabate, Ficarazzi e Altavilla Milicia. Vittime del racket anche a Palermo. GUARDA LE FOTO DEGLI ARRESTATI.   ASCOLTA LE INTERCETTAZIONI.

mafia, BLITZ nel palermitano
di Riccardo Lo Verso
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PALERMO – Emergono cinquanta storie di pizzo dalle macerie della mafia di una grossa fetta della provincia di Palermo che comprende Bagheria, Villabate, Ficarazzi e Altavilla Milicia. Storie di gente che la tassa di Cosa nostra ha iniziato a pagarla negli anni Novanta e ha continuato a farlo fino ai nostri giorni. E qualcuno ci ha rimesso le aziende, ridotte al collasso. A Bagheria e dintorni, come non è accaduto nella vicina Palermo, si è assistito ad una collaborazione di massa da parte delle vittime del racket. In 36 anni hanno denunciato, spinti dalle operazioni dei carabinieri che hanno arrestato boss e gregari del mandamento. Gli ultimi ancora liberi sono finiti in cella nella notte.

I carabinieri del Reparto operativo e del Nucleo investigativo hanno notificato ventidue ordinanze di custodia cautelare. La stragrande maggioranza riguarda persone già detenute. Alcune, però, erano ancora in libertà. Il personaggio principale dell’indagine, coordinata dal procuratore Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Leonardo Agueci e dai sostituti Caterina Malagoli e Francesca Mazzocco, è Pietro Giuseppe Flamia, soprannominato il porco. Oggi è detenuto, ma nel 2013, durante un lungo regime di semilibertà, si sarebbe mosso parecchio a Bagheria per gestire il racket delle estorsioni.

È l’anno in cui i boss del mandamento di Bagheria provarono a reagire al blitz che aveva portato in cella una trentina di persone. Un anno frenetico prima della seconda batosta. Nel 2014 una nuova retata dei carabinieri fiaccò le speranza di chi era rimasto fuori. L’indagine su Bagheria e dintorni, però, non era chiusa. Lo conferma il blitz dei carabinieri guidati dal comandante provinciale Giuseppe De Riggi. Un contribuito è arrivato dai colloqui carcerari di Pietro Giuseppe Flamia che, nel frattempo, era finito in cella. Ai parenti raccontava storie di vecchia mafia, ricostruiva faccende di pizzo e affidava i pizzini delle ambasciate. Non sapeva che i carabinieri del Reparto operativo e del Nucleo investigativo, agli ordini del colonnello Salvatore Altavilla e del maggiore Dario Ferrara, stavano trascrivendo tutto. O forse lo immaginava, ma non aveva altra scelta che parlare per comunicare con l’esterno.

Il resto lo hanno fatto dichiarazione di un altro Flamia, Sergio, cugino di Pietro Giuseppe, e oggi collaboratore di giustizia. Ci sono imprenditori che hanno perso il conto della cifra versata nelle casse dei boss. Hanno iniziato a pagare in lire, hanno proseguito in euro e alla fine si sono ritrovati sul lastrico. Emblematica è la storia di un imprenditore che negli anni Novanta aveva creato un piccolo impero nel Bagherese. Avevano iniziato con l’impiantistica elettrica e si era lanciato nel mondo dell’edilizia. L’appoggio di Cosa nostra lo aveva aiutato ad aggiudicarsi diverse commesse, anche pubbliche. Poi, la mafia gli aveva presentato il conto, sotto forma di pizzo: pagava 3 milioni di lire al mese che sono diventate decine di migliaia di euro ai nostri giorni. Il suo socio di maggioranza, Cosa nostra, lo ha messo al tappetto.

Il pizzo lo hanno pagato in tanti: titolari di supermercati, con sedi anche a Palermo, costruttori, proprietari di bar, centri scommesse e sale gioco; grossisti di frutta, verdura e pesce; venditori di mobili. La scusa era sempre la stessa: aiutare le famiglie dei carcerati. I capimafia finivano in carcere, uno dopo l’altro, ma c’era sempre qualcuno pronto a farsi vivo. 

Pubblicato il 2 Novembre 2015, 07:02
14 Commenti Condividi
Commenti
  1. Vincenzo Prestianni 5 anni fa

    …Inviare pizzini dal carcere…ma allora che senso ha arrestarli?Chi prevarica il prossimo con comportamenti anche sfumati riconducibili a quelli mafiosi, compresa “l’associazione esterna”, dovrebbe essere confinato su una piattaforma dell’Oceano Pacifico per almeno 50 anni. Stop. Finito. Onore all’Arma e a tutte le Forze dell’Ordine. Grazie ai Magistrati devoti al loro mandato. PACE!

    Rispondi
  2. Pietro 5 anni fa

    uno dei tanti motivi perché non assumono è anche questo.
    vigliacchi estorcere soldi alla povera gente, senza dignità!!!

    Rispondi
  3. antonio 5 anni fa

    L’economia siciliana è in ginocchio. Gli imprenditori non possono più pagare il pizzo e non gli resta che denunciare gli estortori.
    I mafiosi se ne facciano una ragione e vadano a lavorare per mantenere le loro famiglie.

    Rispondi
  4. Autista 5 anni fa

    Esattissimo !!!!

    Rispondi
  5. enzo messina 5 anni fa

    Esempio da emulare. Finalmente la ribellione ha dato i suoi frutti. Le estorsioni non fanno altro che far lievitare i prezzi in tutti i settori e creano povertà e disoccupazione. A causa di pochi incoscienti e nullafacenti si tiene imbrigliato un popolo intero. VERGOGNA!

    Rispondi
  6. franco 5 anni fa

    QUESTI SOGGETTI HANNO ROVINATO QUEL POCO DI ATTIVITÀ’ ECONOMICHE ESISTENTI IN SICILIA

    Rispondi
  7. Maria 5 anni fa

    Vediamo quanti di questi galantuomini si costituiscono in associazione contro le misure Di prevenzione ….ma forse non occorre perchè con questi chiari Di luna non si eseguirà più un sequestro Di patrimoni illeciti a Palermo !!!!!

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  8. Roberto 5 anni fa

    Bellissima notizia. Rispetto sincero per gli imprenditori, che hanno fatto la cosa più normale del mondo.

    Liberiamoci di questa gentaglia inutile, feccia dell’umanità. Impediamo però che possano continuare ad agire anche dalle carceri. È vergognoso.

    Rispondi
  9. 41 forever 5 anni fa

    Purtroppo molti non vogliono capire che bisogna adottare il pugno duro con questa gentaglia.
    Video conferenze lontani dalla Sicilia a vita!!!
    E poi scusate… ancora con la storia dei Pizzini…. più poteri a tutte le forze dell’ordine

    Rispondi
  10. M5S 5 anni fa

    Onore a tutte le forze dell’Ordine, Grazie a chi collabora per la GIUSTIZIA , . I delinquenti si meritano i lavori Forzati, hanno Danneggiato il sud in tutti i sensi.

    Rispondi
  11. Carmelo 5 anni fa

    Vivere in questa terra sta diventando insostenibile e vergognoso. O ti chiedono il pizzo i mafiosi, o hai a che fare con le organizzazioni di facciata. Nel resto del mondo non credo che queste cose siano mai esistite. Perchè ci siamo ridotti così?

    Rispondi
  12. vincenzo 5 anni fa

    Rinchiudeteli in una cella e buttate via le chiavi nell’oceano Atlantico.

    Rispondi
  13. Turi 5 anni fa

    Lo stato con la legge 44 fa propaganda e basta, al momento di rimborsare i danni di chi ha denunciato, trovano mille ragioni per non farlo e la risposta nemmeno arriva, lo capisci con la lentezza estenuante con la quale seguono l’iter.

    Rispondi
  14. Liborio 5 anni fa

    Al sindaco di Bagheria va riconosciuto il merito di avere saputo avviare un’impresa di civiltà che coinvolge i cittadini e coincide con il bisogno storico di liberazione della Sicilia dai poteri criminali. Con la sua guida il Comune si è dato l’obiettivo di essere altamente efficiente, di offrire servizi qualitativamente accettabili e vincere proprio su questo difficile terreno la competizione con i privati. E’ la dimostrazione che il potere di un sindaco impegnato può superare quello dei parlamentari nazionali.

    Rispondi

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