I dolori del mai giovane Fausto | nella danza del Crocetta quater - Live Sicilia

I dolori del mai giovane Fausto | nella danza del Crocetta quater

Lettera al segretario del Pd. Caro Fausto Raciti, sei ancora giovane, ma indossi la maschera della vecchiaia peggiore che c'è. I trucchi di un presidente che sacrifica tutto pur di rimanere in sella. La maschera di un potere che ha scelto di salvare se stesso, sacrificando tutto il resto.

Caro Fausto Raciti, segretario del Pd siciliano,

Dobbiamo ammettere che con lei ci siamo sbagliati: pensavamo, all’inizio della sua avventura, che rappresentasse la meglio gioventù, invece lei sfoggia la maschera della vecchiaia più incartapecorita che ci sia. Altrimenti perché avrebbe legato il destino suo, del suo partito e della Sicilia alla macchietta di un presidente senza futuro, politicamente impresentabile, quel Saro Crocetta da Gela che poco capisce di amministrazione, nulla sa fare e, quando fa, procura soltanto danni? Altrimenti perché avrebbe mischiato la sua età, in fondo ancora imberbe per la politica, ai visi deturpati di certi politicanti con un pelo sullo stomaco tale da garantirsi lusinghieri paragoni con ogni pelosissima moquette?

Ci siamo sbagliati, d’accordo. Tuttavia, era facile errare. Lei, Raciti, ha proprio l’espressione iconograficamente adatta per la meglio gioventù di sinistra, adagiata sul suo facile mito cinematografico-culturale-resistenziale. Quelli con la sua faccia devono avere molto ascoltato De Gregori. Magari l’hanno pure cantato, mentre gli altri strimpellavano Baglioni per dispetto. E poi quell’aria de sinistra, compagno segretario. Con chiare tracce di dalemismo avanzato e con qualche simpatico fondo di sezione piena di fumo, impegnata nel dibattito sulla gloriosa Resistenza. Un po’ Max, un po’ Marx, un po’ Peppone. Allora, con la massima e sincera simpatia, caro Fausto, viene da chiedersi, passando a un più confidenziale tu suggerito dall’affetto: perché?

Perché uno come te è rimasto impelagato nientedimeno che nel ‘Crocetta Quater’, l’ennesimo abominio siciliano che, dietro parole sempre più trite e sempre più invecchiate, nasconde malissimo la consueta mangereccia spartizione di strapuntini, la divisione della tunica di Cristo, della Sicilia crocifissa al Crocettismo? E non sarebbe la giovinezza il luogo che odia i giochini e le scorciatoie, poiché preferisce la strada maestra dei percorsi chiari e trasparenti?

Perché, Fausto, un giovane come te sceglie per compagno di processione Rosario, l’arnese presidenziale più antico e malmesso che c’è? Le prove sono schiaccianti. Saro da Gela è l’incrocio tra un caudillo in sedicesimi, un comiziante di periferia e una volpe che – finché ha la ventura di trovarsi nel pollaio della politica – non lesina di saziarsi la pancia, fingendo di occuparsi del progresso. Precisamente il più vecchio e malandato ritratto del potere e della conservazione; la poltrona che tutto sacrifica, persino l’antimafia e Lucia Borsellino, pur di non separarsi mai dal gluteo di riferimento. E tu gli reggi il bordone, sommando rughe su rughe. Tu, il segretario post-adolescenziale nominato a Palermo per togliere le ragnatele degli angoli, sei ridotto a guardarti allo specchio e condannato a cogliere il riflesso di Saruzzo, mentre cerchi te stesso. Un autentico Faust imprigionato al suo Mefistofele.

Invecchi male, Fausto-Faust. Il nostro Accursio Sabella da giorni affronta il rompicapo sportivo del quater: “Il Pd si spacca tra renziani e ‘cuperliani’. Il Nuovo centrodestra danza goffamente sulla soglia della giunta. Gli uomini di Sicilia Futura accusano quelli di Sicilia democratica, i socialisti mandano ultimatum al governatore. Che nel frattempo ha trovato modo di litigare con Faraone, Baccei, gli ex del Megafono oltre a vari ed eventuali protagonisti di questo rimpasto. Sono questi i soggetti che daranno vita al nuovo governo, quello che dovrebbe basarsi sulle riforme che dovranno fare rinascere l’Isola che invece, prima ancora di nascere, pare fondarsi sulle faide”. Sembra un film che tutti sono costretti a sorbirsi, non capendoci niente. E in mezzo ci sei tu.

Ci sei tu, accanto a un uomo chiamato presidente che decide di recarsi nella sua Tunisia, in uno dei momenti più tragici di questa terra senza governo, incatenata al deficit, ai crolli, a ogni tipo di piaga biblica, nubifragi compresi. Ci sei tu, nella liturgia miserabile di poltroncine e sederoni che pensano solo a salvare se stessi e che vada in malora il resto. Ci sei tu col tuo Pd, altrimenti detto ‘Il Partito del Chissenefrega’, a sostenere una sceneggiata che nessun siciliano sano di mente comprenderà mai. Tu, nella foto ricordo con Totò Cardinale, Antonello Cracolici, Angelino Alfano, Giampiero D’Alia, Giovanni Pistorio e le medaglie della peggio gioventù.

Tu, Fausto, sarai ricordato come il dirigente politico che consegnò la Trinacria a Beppe Grillo e alle sue falangi. Ma soprattutto come il giovane che indossò una maschera da vecchio, perché non ebbe il coraggio di rinunciare alla sua carriera e di rovesciare il tavolo delle ignominie, per un sussulto di libertà. Ed è perfino doloroso scriverlo – più doloroso che in altre occasioni – in nome dell’affetto che il tuo viso di ragazzo perbene ispira.

 


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