"Mi ha rovinato, mi consuma" | I boss e il panico per Flamia - Live Sicilia

“Mi ha rovinato, mi consuma” | I boss e il panico per Flamia

Il blitz dei carabinieri che ieri ha portato in cella 21 persone svela i retroscena sulla cosca mafiosa di Bagheria.

IL BLITZ DI BAGHERIA
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PALERMO – Nessuno, quando lo combinarono, poteva immaginare che Sergio Flamia li avrebbe traditi. Ed invece si è pentito, seminando il panico fra i boss. “… mi ha rovinato… mi consuma…”, diceva Onofrio Morreale, che è stato reggente del mandamento di Bagheria, durante un colloquio con la moglie nel carcere di Sulmona. Perché il pentimento di Flamia ha spostato in avanti la data di scarcerazione per molti mafiosi di Bagheria sui quali sono piovute addosso nuove e pesanti accuse.

“Haiu l’occhi apierti (ho gli occhi aperti, ndr)”, era la parola d’ordine fra i boss che nel gennaio 2012 organizzarono la cerimonia di affiliazione di Flamia a Cosa nostra nel retrobottega di un panificio. “Mi hanno fatto la punciuta del dito, facendo scorrere un po’ di sangue nella santina e facendomi fare il rito – raccontò Flamia -. Se tradisco Cosa nostra le mie carni bruceranno come questa santina … per tre volte, tenendo la santina che bruciava, nelle mani. Poi mi è stato detto che come parola d’ordine per riconoscerei tra gli associati, la parola d’ordine era: haiu l’occhi apierti”.

Nessuno immaginava che, un giorno non troppo lontano, i presenti si sarebbero dovuti difendere dalle sue accuse. Compreso il cugino, Pietro Giuseppe Flamia, detto il porco, che per la verità, stando alle intercettazioni dei carabinieri, ci ha messo del suo per aiutare gli investigatori a tracciare il suo presunto profilo criminale. Pietro Giuseppe aveva goduto nel 2013 di un anno di semilibertà durante il quale avrebbe imposto il pizzo a tappeto. Poi, tornato di nuovo in cella, l’anno scorso, come tutti i detenuti, ha iniziato ad avere la necessità di comunicare con l’esterno. Soprattutto per conoscere i nuovi equilibri e capire a chi chiedere aiuto economico per i parenti. Affidava le sue ambasciate alla moglie che andava a visitarlo in carcere. ” … però stai attenta… alle volte… all’uscita… hai capito? – le diceva – all’uscita non ti controllano… neanche ti guardano … mi hai capito?… stai sempre attenta… eventualmente te lo metti in bocca”.

Soldi, servivano tanti soldi. Era la preoccupazione principale per tutti. Lo era stato anche per Sergio Flamia che, quando era ancora un uomo d’onore, aveva ricevuto dal capomafia, Gino Di Salvo, il compito di gestire la cassa del mandamento: ” … c’è stata quella mattinata che ci siamo visti… sono rimasti… duemila e cinquecento euro… da Ficarazzi… gli ha detto: Zu Gi… se li metta nella cassa… glieli facciamo avere alla moglie di Nino (Antonino Zarcone che si sarebbe poi pentito, ndr)… deve andare a colloquio… cose… devono viaggiare…”.

 


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