Lo scandalo senza confini | Quell'intreccio tra prefetti - Live Sicilia

Lo scandalo senza confini | Quell’intreccio tra prefetti

Nel mondo delle amministrazioni giudiziarie spiccano le figure dei rappresentanti del governo nelle principali città siciliane. Dalla Cannizzo al prefetto di Catania Maria Guia Federico fino all'ex prefetto di Messina Scammacca. Compensi d'oro per l'amministrazione della discarica di Misterbianco (nella foto).

IL CASO beni confiscati
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PALERMO – Si potrebbero definire “intrecci prefettizi”. Nulla di illecito, ma la cronaca ci dice che nel mondo delle amministrazioni giudiziarie spiccano le figure dei prefetti.

Quello di Palermo, Francesca Cannizzo, è stata trasferita venerdì scorso dal Consiglio dei ministri. “Su sua espressa richiesta”, ha precisato una nota del ministero dell’Interno. Dalle carte giudiziarie della Procura di Caltanissetta è venuto fuori il suo rapporto di amicizia con Silvana Saguto, l’ex presidente delle Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, sospesa nei giorni scorsi dal Csm. Alla Saguto, che invocò l’aiuto di un amministratore giudiziario, la Cannizzo avrebbe chiesto un posto di lavoro per un parente dell’ex prefetto di Messina Stefano Scammacca.

Il pensionato Scammacca è stato nominato da un altro prefetto, quello di Catania Maria Guia Federico che era stata sua vicaria, nel collegio di amministratori della discarica di contrada Valanghe d’Inverno, a Misterbianco, sequestrata all’imprenditore Domenico Proto. Scammacca riceve un compenso di 25 mila euro lordi al mese, 10.500 netti (stessa cifra assegnata agli altri due commissari, Riccardo Tenti e Maurizio Cassarino).

Sulla gestione della discarica e la nomina dei commissari aveva sollevato più di una perplessità il deputato nazionale del Pd, Giuseppe Berretta. Il caso finì pure, nel marzo scorso, davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite che ruotano attorno allo smaltimento dei rifiuti. Il prefetto catanese spiegò che “la legge non prevede criteri di nomina dei commissari, quindi si affida a quella che non dico discrezionalità, ma bontà del prefetto, che ha individuato dei criteri che si è data da sola. Parliamo di persone fuori dalle valutazioni politiche, fuori da rapporti di tipo politico, di persone competenti, dal curriculum integerrimo e competenti nella specifica materia”. Il tema fu anche oggetto di un duro botta e risposta a mezzo stampa. La commissione prefettizia, così si firmava in una nota spedita ai giornali, precisò che i compensi lordi “sono stati liquidati al di sotto del minimo contemplato dalla normativa vigente”.

Nel vuoto normativo che fa della discrezionalità un pilastro per le nomine degli amministratori, la figura dei prefetti è quella su cui è stata riposta parecchia fiducia. Ex prefetto, ad esempio è anche Giosuè Marino, che siede nel consiglio di amministrazione della clinica Villa Santa Teresa di Bagheria, sequestrata per mafia all’imprenditore Michele Aiello. La sua nomina, assieme a quello di un altro ex, il magistrato Luigi Croce, e dell’avvocato Giovanni Chinnici fu decisa non dal Tribunale di Palermo, ma dall’Agenzia nazionale per i beni confiscati un tempo gestita da Giuseppe Caruso, il prefetto che puntò il dito contro chi aveva sfruttato le amministrazioni giudiziarie per assicurarsi dei “vitalizi”. Le scelte di allora erano dettate da ragioni investigative piuttosto che da esigenze manageriali: servivano professionalità adatte per sanare, o meglio per smantellare una delicata questione di esuberi.

 


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