In Aula la norma anti-Orlando |Province, Crocetta si accanisce - Live Sicilia

In Aula la norma anti-Orlando |Province, Crocetta si accanisce

Torna a Sala d'Ercole la riforma dei Liberi consorzi, corretta dopo l'impugnativa di Roma. Nel testo è rimasta una sola differenza rispetto alla "Delrio": il sindaco della Città metropolitana non corrisponderà a quello del capoluogo. Solo l'ultimo sgarbo del governatore a quel primo cittadino che non ha mai amato.

PALERMO – Hanno ricopiato quasi per intero la legge Delrio sulle Province. Quasi, appunto. Perché il testo approvato dalla prima commissione all’Ars dopo la mega-impugnativa del governo nazionale, ha dimenticato di recepire solo uno dei rilievi proposti da Palazzo Chigi: quello che prevede la corrispondenza tra la carica di sindaco della città metropolitana e quello del sindaco capoluogo. La norma, insomma, che avrebbe consentito a Leoluca Orlando, Enzo Bianco e Renato Accorinti di guidare automaticamente il nuovo ente.

E invece, quella norma al momento è rimasta com’era nell’agosto scorso, quando è approdata in Gazzetta ufficiale. Giorni in cui, a dire il vero, la legge appariva persino più “smaccatamente” anti-Orlando e anti-Bianco. Quel testo, infatti, prevedeva il divieto di candidatura per quei sindaci “il cui mandato scada non prima di diciotto mesi dalla data di svolgimento delle elezioni”. Come nel caso, appunto, dei primi cittadini di Catania e Palermo. Con quest’ultimo, del resto, il presidente Crocetta da anni ormai combatte una guerra senza esclusione di colpi.

Non si amano, Crocetta e Orlando. Su questo non c’è dubbio. E se il primo ha puntato il dito persino contro la forfora del primo cittadino, quest’ultimo non ha risparmiato critiche al governatore, arrivando a chiedere a più riprese il commissariamento della Regione.

Ma non c’è tema, argomento sul quale Orlando e Crocetta non finiscano per polemizzare. Ultimo, la mancata nomina dell’assessore alla Funzione pubblica, che secondo il sindaco di Palermo confermerebbe “il disprezzo per le autonomie locali” da parte della Regione. Pochi giorni prima, invece, 35 sindaci del Palermitano si sono incontrati proprio nello studio di Orlando a Villa Niscemi dove hanno deciso di presentare una valanga di candidature per protestare contro il governo che, malgrado l’impugnativa di Roma, non ha ancora formalmente rinviato le elezioni per la città metropolitana fissate per il prossimo 29 novembre. “Abbiamo deciso di dare una risposta forte alla mortificazione della dignità dei sindaci e delle amministrazioni comunali da parte del governo e dell’Assemblea Regionale Siciliana”, hanno messo nero su bianco i primi cittadini. A conferma di come l’Anci ormai rappresenti un vero e proprio “contrappeso” politico all’esecutivo regionale. Nei confronti del quale, come detto, Orlando non ha risparmiato critiche anche in occasione delle complicazioni sul rimpasto, fatti che dimostrano, secondo il sindaco “l’aggravarsi dello stato di calamità istituzionale della Regione, ammesso che la Regione ancora esista. Prima finirà questa devastante legislatura – ha aggiunto – e minori saranno i danni sociali, culturali ed economici per la Sicilia”. E non finisce qua. Perché nel corso dei mesi Orlando ha rincarato la dose indicando Crocetta come un uomo “eterodiretto” da “Lumia, Monterosso e Confindustria antimafiosa”.

Se certamente Orlando non gliele ha risparmiate, il governatore però non è stato da meno. Potendo tra l’altro “giocare” sulla possibilità di influenzare, con le decisioni del governo, anche il futuro del sindaco. È proprio il caso della legge sulle Province. Nella formulazione dell’esecutivo regionale poi approvata dall’Ars, si trovavano, a differenza delle norme nazionali, dei passaggi che sembravano tagliare fuori proprio Orlando. Via, insomma, l’automatismo tra la carica di sindaco del capoluogo e quello della città metropolitana, ed ecco spuntare persino la norma che sbarrava la strada a Orlando per questioni “temporali”. Impugnate entrambe dal governo nazionale. Che ha costretto l’Ars a rimettere mano alla legge in commissione.

Dalla quale è uscita a immagine e somiglianza della Delrio, se non fosse per quel “neo”. Un “caso nel caso”, visto che diverse forze politiche non hanno preso di buon grado l’eccezione. Che ha, secondo molti, una fin troppo evidente motivazione politica: tagliare fuori appunto Orlando e Bianco (oltre ad Accorinti). E proprio per questo, verrà chiesto già stamattina di approvare solo la norma che annulla le elezioni del 29 novembre. E tutto il resto? Se verrà applicata la Delrio interamente e senza eccezioni, si potrà andare avanti col voto. Altrimenti il testo dovrà tornare in commissione Affari istituzionali. Ad allungare e complicare un inter infinito e già disastroso.

Uno sgarbo, quello di Crocetta a Orlando. Così lo leggono tanti addetti ai lavori. Forti delle accuse continue e incessanti del governatore. Al limite dell’accanimento. “Orlando, – ricordava ad esempio Crocetta pochi mesi fa – candidato in un periodo in cui era più facile vincere, visto che Cuffaro era accusato di gravi reati, ha perso”. Una risposta, a dire il vero, allo stesso Orlando che aveva accusato Crocetta di “commissariomania, cioè la smania di commissariare tutto che è una forma di sudditanza nei confronti dell’apparato confindustriale che innaturalmente da otto anni sta al governo della Regione con Lombardo e con Crocetta”.

Ma le polemiche tra i due toccano allo stesso tempo l’apice e il fondo esattamente un anno fa. Crocetta inveisce contro Orlando, che aveva nuovamente parlato di commissariamento della Sicilia, scegliendo non certamente il sentiero dell’alta politica: “Una persona che usa la stessa giacca da vent’anni, il ‘forforoso’ Leoluca Orlando, che fa stare i palermitani in mezzo alla spazzatura e senza il sostegno della Regione sarebbe già in dissesto”. La replica non si fece attendere: “La Sicilia ha bisogno di ben altro delle isterie e delle volgarità di Rosario Crocetta”. Ma il governatore aveva detto di più, riferendosi a Orlando come il “complice di una congiura nei confronti dei siciliani”.

Pochi giorni prima, sempre Crocetta aveva inveito contro il sindaco: “Leoluca Orlando pensi a togliere i rifiuti da Palermo, finora glieli abbiamo tolti noi perché lui è incapace a farlo. Orlando non ha fatto problemi quando al governo c’erano Cuffaro e Lombardo, è evidente ormai che è in campagna elettorale. La verità è che Orlando a Palermo ha fallito”. Una ossessione, quasi, contro quel sindaco che in passato era stato candidato a Palazzo d’Orleans e che potrebbe riprovarci. “Il sindaco di Palermo? Con tutto il rispetto – disse Crocetta quasi a voler esorcizzare l’idea – stiamo parlando di una cariatide, chiede commissariamenti e lascia la città nell’immondizia, pensi a pulire le strade”. E ancora: “Capisco che Orlando deve sollevare polemiche a tutti i costi, visto che la sua popolarità è ormai a picco. Ma dovrebbe pensare a governare, piuttosto che a sollevare polveroni”. E poi ancora: “Orlando ha distrutto Palermo, l’ha messa in ginocchio. I problemi che adesso paghiamo rispetto, ad esempio, alle vicende degli ex Pip non li abbiamo creati noi. Gli consiglierei di essere un po’ più umile e di lavorare di più”. E infine: “Penso che per la salvezza della Sicilia sarebbe opportuno che Orlando andasse a casa”. Nel frattempo, quantomeno, il presidente ha provato a sbarrargli la strada verso la guida della città metropolitana. Rischiando di arrestare ancora una volta una disastrosa riforma delle Province a causa di quella che appare ormai poco più di un’ossesssione.

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