Parigi, l'ora dei progetti |dopo rabbia e paura - Live Sicilia

Parigi, l’ora dei progetti |dopo rabbia e paura

La politica deve svegliarsi e agire con una responsabilità progettuale e coraggiosa. Sia in Europa sia in Medio Oriente.

L’ennesima strage di Parigi ci interpella e chiama in causa le nostre coscienze. Anche la politica deve svegliarsi e agire con una responsabilità progettuale e coraggiosa.

Sono ore in cui le paure, le emozioni, la rabbia e lo sdegno agitano i nostri cuori e le nostre menti. Non è facile ma dobbiamo far in modo che facciano capolino anche idee e progetti, visto che il conflitto è profondo e durerà nel tempo. Ovviamente le risposte che soprattutto le alte istituzioni europee ed internazionali debbono dare – a partire dal G20 in corso in Turchia e, mi auguro, presto dall’ONU – sono variegate e complesse. Così anche a livello nazionale. In Italia e negli altri paesi si dovrà comprendere che la sicurezza non è un valore “pericoloso”, ma dev’essere strutturato al pari dei grandi valori costituzionali. Un valore di nuova generazione che deve essere liberato da pregiudizi a sinistra e da strumentalizzazioni a destra.

In sicurezza bisogna investire con risorse e professionalità senza precedenti, soprattutto in prevenzione ed intelligence, alzando il livello qualitativo che ogni Stato è in grado di esprimere.

Anche la cultura ha un ruolo decisivo. È un conflitto che deve essere vissuto senza estremismi, tipici delle guerre di religione che hanno sempre utilizzato il vecchio schema “Dio lo vuole”, che ha causato e continua a causare enormi atrocità, anche nella veste utilizzata dall’integralismo islamico. Dovremo far di tutto per vincere questa sfida delicata e ardua, perché l’Occidente è in pieno disarmo morale e ideologico. Senza dubbio l’aver messo da parte gli approcci ideologici è stato un bene, ma non si è riusciti a costruire nuovi profili e sistemi ideali dello stare insieme, per cui il cinismo, l’apatia e l’indifferenza hanno creato un tale vuoto che viene facilmente riempito dall’unica ideologia, religione, politica imperante: l’Islam radicale ed estremo.

È una sfida a cui siamo chiamati per dare un senso al nostro stare insieme ed una motivazione alle nuove generazioni. Sarà un cammino non agevole, una chiamata che va raccolta e vissuta per intero. Anche l’integrazione e le politiche di immigrazione vanno ripensate e rilanciate. Non solo nelle banlieue di Parigi o nel triste noto Molenbeek di Bruxelles, ma anche nei sobborghi di altre capitali e città europee, l’emarginazione e la povertà sono state il viatico per il proselitismo dei terroristi islamici. I foreign fighters vanno duramente colpiti sul piano penale, ma bisogna pensare come bloccare alla radice le nuove potenziali reclute che nei nostri quartieri possono continuare a proliferare.

Così anche con l’immigrazione serve una più chiara e rigorosa strategia. I poveri, i rifugiati, i disperati vanno accolti e integrati senza pregiudizi e paure. Quelli che si organizzano in mafie e terrorismi vanno puniti e allontanati. Nel frattempo ci sono alcune scelte immediate che bisogna compiere nel teatro dei conflitti in Medio Oriente. Ma con una premessa: è stato un errore rompere gli equilibri in Iraq anni fa, poi in Libia e adesso in Siria, senza avere pronta e matura un’alternativa. Aver armato prima Al Qaeda nel teatro afgano e poi l’ISIS nel teatro siriano sono stati errori madornali, imperdonabili. Stesso rischio si è corso in Egitto, Tunisia, Marocco. La democrazia è un valore che va maturato dal basso e accompagnato dall’esterno con equilibrio e responsabilità.

Ci sono alcune valide proposte che vanno esaminate con attenzione al fine di isolare l’ISIS, anche con buoni compromessi che possano creare le condizioni per batterlo pure sul piano militare. Ai curdi va riconosciuta la fondatezza della loro richiesta di avere uno Stato: sono tra i pochi che sul campo hanno saputo dimostrare energia e forza contro l’ISIS, vanno organizzati e responsabilizzati statualmente.

È necessario inoltre fare un altro buon compromesso in Siria e con Assad. Bisogna negoziare la transizione di questo regime con una road map dove mettere in gioco il conflitto contro l’ISIS ed un graduale ritorno alla democrazia, con un urgente rispetto dei diritti umani delle opposizioni al regime.

Ancora, va disinnescato un altro recente conflitto d’aria in Libia, per accelerare il negoziato in corso finalizzato a realizzare concretamente il processo di unità delle forze anti-ISIS in un percorso di stabilizzazione e rilancio dell’economia di questo importante paese, che richiama una diretta responsabilità italiana nel guidare un processo post-Gheddafi.

Bisogna avere coraggio e mettere mano anche all’altro storico conflitto, quello tra Israele e Palestina. Due Stati, due sovranità piene e sicure, entrambe responsabilizzate con un’adesione all’Europa, che deve diventare la vera cornice per superare questo tragico conflitto. Anche il Libano deve essere riportato a pace ed unità. Solo così si possono focalizzare tutte le energie contro l’ISIS, reprimere la loro forza nella capacità di inserirsi nelle tragiche e devastanti contraddizioni presenti in quei territori e piegarle al proprio pericolosissimo progetto espansionistico del califfato.

È un cammino irto di ostacoli ma anche una sfida che può dare motivazione ed energia all’Europa e ad un Occidente che sa comprendere la sfida e gettare le fondamenta per un Mediterraneo sicuro, di cooperazione e di pace. Un percorso in cui la Sicilia è chiamata ad essere una risorsa per facilitare e strutturare tale ambizioso ma indifferibile percorso.

 

 

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