"Cristiani e arabi insieme? |Palermo dimostra che si può" - Live Sicilia

“Cristiani e arabi insieme? |Palermo dimostra che si può”

La lectio di Sgarbi al teatro Politeama

Primo appuntamento di "Panorama d'Italia" al Politeama dove il critico d'arte Vittorio Sgarbi ha parlato dei tesori della città. Ma anche di mafia, Orlando e Crocetta.

Vittorio Sgarbi
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PALERMO – “Non c’è luogo al mondo in cui il dialogo tra civiltà cristiana e araba sia stato tanto profondo. A Palermo quel dialogo mille anni fa, ai tempi dei Normanni, c’era. Gli arabi hanno dato bellezza a Palermo, non morte. Perché oggi, mille anni dopo non è più possibile?”. Così Vittorio Sgarbi ha concluso il suo racconto dei tesori di Palermo in un teatro Politeama gremito per l’apertura di Panorama d’Italia, l’iniziativa promossa dal settimanale diretto da Giorgio Mulè che animerà il capoluogo fino a sabato.

Quello di Sgarbi è stato un ideale lungo viaggio verso la bellezza. Partendo da Goethe fino alla Palermo di Orlando e alla Sicilia di Rosario Crocetta, entrambi presi di mira con un paio di battute dal critico d’arte. Parte dal Grand tour settecentesco Sgarbi, che aveva la Sicilia tra le sue tappe obbligate: “L’idea stessa di turismo nasce da lì. Si scendeva dalle terre più fredde dell’Europa per vedere l’Italia, fino al luogo dove la luce diventa abbagliante e la bellezza infinita, la Sicilia”. Un’immagine idilliaca a cui fa da contraltare quella del paesaggio predato, ed ecco il “sacco di Palermo”, l’abusivismo edilizio che negli anni Sessanta ha distrutto parte della città. E poi il sacco più recente, quello delle pale eoliche disseminate nel territorio: “La metà non funziona nemmeno” dice Sgarbi, che si sofferma sulla “strada più bella dell’Isola”, il percorso tra Palermo e Calatafimi, crocifisso dalle pale, contro le quali in passato il critico si è battuto.

Storture malgrado le quali il capoluogo siciliano resta simbolo della bellezza assoluta, ribadisce Sgarbi. Che si sofferma a lungo sui tesori di Palazzo Abatellis. Uno in particolare, il più suggestivo simbolo di questa decaduta magnificenza, “L’Annunciata di Palermo”, il capolavoro del 1476 di Antonello da Messina. Un gioiello sul quale Sgarbi si sofferma per una grande parte della sua lectio, rapendo l’attenzione dell’uditorio. Il critico descrive le caratteristiche dell’opera: lo sguardo della Madonna, la sua mano sospesa, il velo che ne incornicia il volto. “È il velo di una donna libera, un segno di pudore e fierezza. È idiota pensare oggi di togliere il velo alle donne musulmane. Dovremmo farlo allora anche con le nostre suore. Le religioni vanno rispettate”, dice Sgarbi. Che si sofferma sulla genialità dell’intuizione di Antonello, il primo a ritrarre un’annunciazione senza angelo, una scena in cui l’annuncio arriva da una voce interiore. “Un ritratto in cui c’è una potentissima vena siciliana: questo bellissimo dipinto potrebbe essere il simbolo assoluto dell’isola, insieme al ritratto del marinaio di Antonello custodito al Mandralisca di Cefalù, che è una Gioconda al maschile per quel sorriso ironico, beffardo. È il ritratto di uno stronzo. E stronzo non è un’offesa, stronzo è il potente. È Berlusconi, o Renzi. Non è Crocetta, di lui non si può nemmeno dire che è stronzo”, aggiunge suscitando l’ilarità del pubblico. È la seconda stoccata al governatore, che a principio del monologo Sgarbi aveva preso di mira: “Non c’è un presidente della Regione, mi risulta che c’è un cittadino di Gela che ha usurpato il ruolo – dice strappando un applauso -. E un sindaco della città crepuscolare, che ha vissuto la primavera ma non si accorge che siamo in pieno inverno”.

Parlando di Orlando, arriva anche il passaggio sulla politica antimafia che fece a pezzi la Dc. E poi sulla mafia: “Non mi ero accorto della mafia fossile a Salemi”, dice il critico ricordando il suo periodo da sindaco e lamentando l’abbandono del centro storico del comune del Trapanese. Quella mafia “che comincia con l’Unità d’Italia, con lo spirito quasi leghista della volontà di mantenere un potere locale rispetto a un potere coloniale che viene da lontano”.

Ma la politica resta ai margini del discorso di Sgarbi. Incentrato sull’arte e sulla bellezza. Passando in rassegna altri capolavori dell’Abatellis, dal celebre Trionfo della morte alle opere di Renato Guttuso. E poi i gioielli dell’epoca arabo-normanna, dalla Zisa alla Cuba, che spingono il critico alla riflessione sulla pacifica convivenza, possibile allora, tra cristiani e musulmani, che a Palermo ha toccato il suo punto più alto. “Venendo a Palermo – racconta Sgarbi a Livesicilia al termine della lectio, visitando una mostra allestita all’interno del teatro -, e guardando il materiale fotografico dei tesori della città, ho capito questo: la convivenza non è impossibile. Forse non funziona il dialogo tra le religioni ma può esserci il dialogo tra culture. Ricordo un mio viaggio in Pakistan anni fa, con ragazzi e tante persone normali che parteggiavano per Bin Laden. Non erano terroristi, ce l’avevano con le bombe che sganciavano gli occidentali. Loro non ci vedevano democrazia, per loro erano bombe”.

 

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