Confisca a Faro, re del cemento |Dia, sigilli a impero da 7milioni - Live Sicilia

Confisca a Faro, re del cemento |Dia, sigilli a impero da 7milioni

Quote societarie, aziende, terreni, appartamenti, garage, automezzi e numerose disponibilità bancarie riconducibili a Giuseppe Faro sono state confiscate dalla Dia. Tutti i particolari. Panvino: "La Dda e la Dia di Catania sono considerate a livello nazionale fiore all'occhiello per le misure di prevenzione" GUARDA INTERVISTA VIDEO.

CATANIA- Una maxi confisca da 7milioni di euro è stata eseguita dalla Dia guidata da Renato Panvino a Giuseppe Faro “noto imprenditore -scrive la Dia- a capo di attività operanti nei settori dell’edilizia e del movimento terra, tra Catania e il Veneto, vicino all’organizzazione mafiosa facente capo al clan La Rocca, affiliata alla famiglia mafiosa “SANTAPAOLA” di Catania”.

Tra i beni sottoposti a confisca figurano quote societarie, aziende, terreni, appartamenti, garage, automezzi e numerose disponibilità bancarie e postali per un valore complessivo di circa 7 milioni di euro.

MODELLO CATANIA- Con la gestione dei beni confiscati affidata al Pm Antonino Fanara, la Procura di Catania è riuscita a creare la prima azienda, per numero di dipendenti, dopo l’Anas in Sicilia. Un sistema perfetto che è riuscito a coniugare il salvataggio di numerose imprese confiscate con il rispetto della legge. Sotto la guida del Procuratore Michelangelo Patanè, la sinergia con la Dia ha prodotto, soltanto nell’ultimo mese, sequestri e confische per circa 40milioni di euro ai danni delle principali famiglie mafiose della Sicilia orientale.

LA NOTA DELLA DIA. FARO Giuseppe, che annovera una condanna per una serie di rapine ai danni di autotrasportatori, è stato coinvolto nell’operazione di polizia denominata “CALATINO”, condotta dalla D.I.A. di Catania nel 2000 nei confronti del clan mafioso operante nel territorio di Caltagirone e comuni viciniori, storicamente capeggiato dal potente e considerato boss LA ROCCA Francesco (emerso anche in numerosi “pizzini” della corrispondenza con Bernardo Provenzano), affiliato alla famiglia mafiosa “SANTAPAOLA” di Catania. Sulla base delle risultanze investigative il FARO veniva giudicato e condannato, con rito abbreviato, alla pena di anni 3 di reclusione per il reato di estorsione in concorso, con l’aggravante mafiosa di cui all’art. 7 D.L. 152/91 e succ. mod.

La figura di FARO Giuseppe emerge inoltre, seppur non colpito da provvedimenti giudiziari, anche nell’operazione di polizia denominata “IBLIS”, nell’ambito della quale da una conversazione ambientale, lo stesso viene indicato quale soggetto sul quale il noto boss Vincenzo AIELLO, all’epoca rappresentante provinciale di “Cosa Nostra”, poteva contare per l’illecita aggiudicazione di gare di appalto. Con l’odierno provvedimento FARO Giuseppe è stato sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. per la durata di anni due con obbligo di soggiorno nel comune di residenza e presentazione bisettimanale all’Autorità di P.S. territorialmente competente, nonchè al pagamento di una cauzione di €. 5.000,00.

Le indagini di natura economico-finanziaria e patrimoniale, delegate dalla locale D.D.A. alla D.I.A. di Catania e riguardanti il periodo compreso tra il 1992 ed il 2011, finalizzate a rilevare la capacità reddituale di FARO Giuseppe e del suo nucleo familiare, hanno permesso di accertare forti profili sperequativi tra i redditi dichiarati ed il patrimonio posseduto, tali da fondare la presunzione, condivisa dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catania ed accolta dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Catania, di una illecita acquisizione patrimoniale derivante dalle attività delittuose connesse all’organico e prolungato rapporto di frequentazione di FARO Giuseppe con esponenti di vertice delle famiglie mafiose di Catania e Caltagirone.

Dalle indagini espletate dalla D.I.A. di Catania si è, inoltre, rilevato come FARO Giuseppe, dopo avere costituito imprese e società operanti soprattutto nel settore dell’edilizia e del movimento terra nonché la disponibilità di due cave estrattive ubicate nel territorio di Palagonia e Licodia Eubea, successivamente all’arresto avvenuto nell’anno 2001, abbia preferito eclissarsi dalla scena economica, delegando a moglie e figli il compito di incrementare il patrimonio di famiglia, investendone i frutti delle attività delittuose da lui poste in essere nell’acquisto di quote societarie, nella titolarità di imprese, nell’acquisto di numerosi immobili e autoveicoli.

Il patrimonio oggi sottoposto a confisca è stato stimato complessivamente in sei milioni e settecento mila euro ed è costituito da quote societarie e numerose società operanti perlopiù nel settore edile-immobiliare, terreni, immobili e fabbricati siti nei comuni di Palagonia, San Zenone degli Ezzelini, Albignasego, Surbo, autocarri e autovetture, oltre a rapporti bancari e postali su tutto il territorio nazionale.


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