Caselli contro La Torre | L'anatema dei duri e puri - Live Sicilia

Caselli contro La Torre | L’anatema dei duri e puri

Giancarlo Caselli

La polemica sull'antimafia e su 'Libera'. Franco La Torre rompe con l'organizzazione di don Luigi Ciotti e Giancarlo Caselli (nella foto) gli dedica un'aspra requisitoria sul 'Fatto Quotidiano'. Nessuno può attaccare impunemente l'Eden dei duri e puri.

Polemica sull'antimafia
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Franco La Torre è colpevole di ‘Libericidio’, di attentato ai numi antimafiosi. Un peccato mortale. “Mi dicono che a Palermo lo sapevano tutti. Mi sarei aspettato che ‘Libera’ ponesse il problema visto che sui beni confiscati ha fondato la sua forza. Hanno il prosciutto nelle orecchie, se lo tolgano”. Ecco le parole del figlio di Pio, che ha rotto con l’organizzazione e con il suo fondatore, don Luigi Ciotti, ponendo il famigerato caso Saguto quale insormontabile pietra dello scandalo. Il dubbio, in effetti, sorge: come mai l’antimafia dei duri e dei puri non si è accorta di nulla? Come mai non ha reagito con la consueta vigoria dei giusti al cospetto dello scandalo e del presunto mercato delle vacche domiciliato nei paraggi del Palazzo di giustizia? La franchezza di Franco ha colpito nel segno: era dunque necessaria una reazione che isolasse l’imprudente, togliendolo dal novero dei buoni, nonostante il martirio del padre.

Alla bisogna ha provveduto Giancarlo Caselli con un’aspra requisitoria stampata sul ‘Fatto Qutotidiano’. L’ex procuratore di Palermo parla di “fuoco amico”, di “alcune allusioni e accuse (…) Fuoco amico al quale si sono subito accodati i vari ‘nemici’ di don Ciotti, pronti anche a spargere ipocrisia a piene mani. Una circostanza, questa, che farà forse riflettere La Torre (meno i suoi consiglieri, se ve ne sono)”.

La frasettina tra parentesi – quasi buttata lì senza parere – rappresenta il cardine più o meno occulto dell’imputazione caselliana. Franco La Torre è stato probabilmente consigliato da qualcuno, chissà, da uno dei ‘nemici di don Luigi’ che attendeva il momento migliore per spargere veleno nell’Eden dell’illibatezza. L’ignaro figlio di Pio deve essere stato sospinto alla stregua di una una pedina da occhiuti manovratori, “se ve ne sono”.
E’ un antico stratagemma dialettico quello di togliere fiato a un contraddittore, affastellando ombre su ombre che lascino immaginare innominabili interessi o suggeritori nascosti. Anche quando non si scrive apertamente, l’espediente traspare.

Se questa fosse una storia di coppole e lupare si tratterebbe, insomma, di un chiaro tentativo di mascariamento. Poiché la questione coinvolge l’annus horribilis dell’Antimafia, persone perbene, un giudice-icona, ‘Libera’ e un sacerdote in odore di santità legalitaria, si può parlare al massimo – e con tutte le cautele necessarie – di delegittimazione semplice. In fondo, un peccato veniale.

 


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