Così si prepara una bomba | Figlio e nipote a lezione di mafia - Live Sicilia

Così si prepara una bomba | Figlio e nipote a lezione di mafia

foto d'archivio

Chiusa Sclafani, provincia di Palermo, mandamento mafioso di Corleone. Le microspie svelano gli insegnamenti del presunto capomafia, cresciuto al fianco dei vecchi padrini, alle nuove generazioni.

PALERMO – Le potremmo definire “lezioni di mafia”. Vincenzo Pellitteri, in carcere da alcune settimane con l’accusa di avere guidato il clan di Chiusa Sclafani, ci teneva parecchio al comportamento del figlio Salvatore e del nipote Roberto. Dall’alto della sua esperienza di sessantaduenne Pellitteri riteneva di dovere educare le nuove generazioni e, nel contempo, prepararle all’azione. Nel paesino dell’entroterra palermitano erano importanti sia la forma che la sostanza.

I due cugini dovevano, innanzitutto, imparare quanto necessario fosse “…. camminare più spesso basso”, evitando atteggiamenti di protagonismo. E così papà Vincenzo aveva incaricato un altro nipote, pure lui di nome Salvatore, per tenere a bada i due picciotti nemmeno trentenni. “Tu secondo me… – gli diceva – devi fare una buona lezione a questi due… che stiamo attenti perché sanno troppe cose… quest’aria se la devono togliere… devono camminare separati sempre… non ogni sera, ma quasi…”.

Vincenzo Pellitteri, d’altra parte, era cresciuto al fianco di un padrino vecchio stampo, e cioè quel Gaspare Geraci che pochi mesi fa, alla soglia dei 90 anni, ha deciso di farsi da parte. Ha capito di essere ormai troppo vecchio per reggere le sorti del suo piccolo regno di cui andava fiero. L’età avanzata gli ha evitato il carcere. L’ordine di arresto era pronto pure per lui.

Pellitteri ha avuto l’intelligenza di aspettare, e in silenzio, che arrivasse il suo momento. Anni fa era entrato in contrasto con il “vecchio” e per evitare lo scontro a muso duro aveva lasciato la Sicilia. Nel 2011, però, ha fatto rientro a Chiusa Sclafani, da Pezzana, paesino del Piemonte. Sapeva già, che nella corsa alla successione, dicono i carabinieri del Gruppo Monreale, sarebbe stato preferito a qualche parente dell’anziano capomafia che scalpitava. Il tutto con la benedizione di Rosario Lo Bue, l’erede di Totò Riina e Bernardo Provenzano alla guida del mandamento di Corleone, di cui la famiglia di Chiusa Sclafani fa parte.

E così, ottenuto il bastone del comando, Vincenzo Pellitteri ha guardato subito alle nuove generazioni. Che andavano educate alla vecchia maniera. Una mattina di agosto dell’anno scorso le microspie hanno registrato un altro passaggio delle lezioni. Ed è un passaggio inquietante, visto che lo zio spiegava al nipote Salvatore come si costruisce un ordigno. Uno di quelli da piazzare in chissà quale cantiere per intimidire l’imprenditore di turno.

Ecco i passaggi del dialogo: “… quella prova quella che abbiamo fatto quella è la migliore di tutte, quella che mi dicesti tu”; “… scioglie la bottiglia”; “Il secchio tutto si è incendiato”; “Lo sai cosa ci devi prendere?… cosa c’avete messo voi altri?”; “Benzina”; “No lo sai cosa devi prendere”; “Le cose dei moci… quelle li bagni e si devono fare lunghi… tutto bagnato però di benzina… che quando scoppia di dentro, a colpo fa la fiamma”; “Sì, è vero ora questa la facciamo”. Lezione finita. Prima o poi sarebbe arrivata l’occasione per mettere in pratica gli insegnamenti.

 


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