La Saguto e i beni confiscati| Sette mesi per voltare pagina - Live Sicilia

La Saguto e i beni confiscati| Sette mesi per voltare pagina

L'ex presidente della sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo, Silvana Saguto

La confisca eseguita ieri dai carabinieri nasce dalla vecchia gestione della sezione Misure di prevenzione travolta a maggio dall'inchiesta. Ci vorrà del tempo per vedere i frutti del lavoro dei nuovi giudici, costretti a ripartire da zero. (Nella foto Silvana Saguto).

PALERMO – Il dopo Silvana Saguto è iniziato, ma i suoi effetti, in termini di sequestri e confische, ancora non si vedono. Ci vorrà del tempo. Lo dimostra il fatto che la confisca eseguita ieri dai carabinieri del Ros ai danni dell’imprenditore Giuseppe Ferrante e del boss pentito Francesco Franzese è figlia del lavoro dell’ex presidente della sezione Misure di prevenzione. O meglio, di tutto il collegio finito sotto inchiesta e travolto dallo scandalo, visto che il giudice estensore del provvedimento è Lorenzo Chiaramonte. Pure lui è indagato a Caltanissetta, assieme a Fabio Licata, e ha chiesto e ottenuto di essere trasferito a Marsala.

Quello di ieri è il secondo provvedimento patrimoniale disposto dal maggio scorso, da quando cioè venne fuori la notizia dell’inchiesta nissena. Anche il primo, per la verità, era frutto del lavoro della vecchia gestione. Ironia della sorte, fu eseguito a Corleone nelle ore in cui i finanzieri della Tributaria piombavano nell’ufficio e a casa della Saguto oltreché di Gaetano Cappellano Seminara, il più noto fra gli amministratori giudiziari.

La gestione targata Saguto è finita nell’occhio del ciclone. Si indaga su un radicato giro di favori e incarichi, in ballo ci sono pesanti accuse di corruzione che sono sfociate nella sospensione della Saguto da parte del Csm. Magistrati, quelli di Caltanissetta, che indagano su altri colleghi, quelli di Palermo: è una delle pagine più buie per le toghe dell’intero distretto di Palermo. Bisognava voltare pagina. Il presidente del Tribunale, Salvatore Di Vitale, ha affidato il dopo Saguto innanzitutto a Mario Fontana. Era un incarico di reggente a termine visto che, come già previsto, Fontana aspettava di approdare in Corte d’appello. Quindi è stato scelto Giacomo Montalbano, pure lui magistrato di lungo corso. Negli ultimi otto mesi è stato necessario ripartire da zero, visto che nessuno dei nuovi giudici approdati alla sezione misure di prevenzione, si era occupato prima di beni sequestrati e confiscati alla mafia. Da zero, con un turn over forzato, si è ripartiti anche in cancelleria, dove si fa ancora fatica ad orientarsi nel marasma delle vecchie carte e dell’arretrato da smaltire. E sono state messe a punto alcune circolari per garantire trasparenza nella scelta di amministratori e consulenze.

Insomma, mettere ordine non è facile. Ci vorrà del tempo per vedere gli effetti del nuovo corso. Non resta che sperare che tutto ciò avvenga in fretta. Da anni gli addetti ai lavori ripetono che nella lotta alla mafia, per essere efficace, si devono mettere le mani nelle tasche dei boss. Compito arduo quello della nuova sezione Misure di prevenzione: colpire al cuore gli interessi economici dei mafiosi – presunti tali come lo sono alcuni imprenditori e conclamati nel caso di Franzese – ridando credibilità all’intero sistema. Innanzitutto spazzando via il sospetto, sempre più diffuso e alimentato a ragione dalle recenti indagini, che i sequestri della vecchia gestione fossero finalizzati, solo ed esclusivamente, ad alimentare il giro di incarichi e favori. Nella brutta vicenda giudiziaria, di cui solo in parte conosciamo gli atti giudiziari, ne è uscita finora sconfitta una parte importante della magistratura. Ai nuovi giudici delle Misure di prevenzione – che valutano le proposte di pm, Dia e questore – il compito di evitare che a vincere siano i mafiosi.

 


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