Fondi Ue, ballano 800 milioni |Restano i dubbi sul futuro - Live Sicilia

Fondi Ue, ballano 800 milioni |Restano i dubbi sul futuro

La Sicilia potrebbe riuscire a spendere tutti i fondi del Fesr 2007-2013 senza restituire somme a Bruxelles. Ecco la strategia (e le scadenze) per riuscirci. Ma già incombe la nuova programmazione. E Falgares avverte: se non si cambia l'organizzazione e non si risolvono i problemi della cassa saranno dolori. Raia: "Il dirigente venga in commissione". 

PALERMO – A ballare sono ancora 800 milioni di euro. Sui quali però a piazza Sturzo, sede del Dipartimento della Programmazione, autorità di gestione del Programma operativo Fesr, c’è un cauto ottimismo. La corsa spasmodica degli ultimi due anni per non perdere i soldi della programmazione 2007-2013 (per quelli non spesi in tempo scatterebbe il disimpegno e quindi la restituzione a Bruxelles) potrebbe arrivare al traguardo centrando l’obiettivo, tutt’altro che scontato, di non perdere un euro. Alle porte però c’è la sfida della nuova programmazione, quella 2014-2012. Per la quale i primi bandi dovrebbero partire nella prossima primavera. Ma se non si interverrà per risolvere i problemi organizzativi e quelli legati alle sofferenze di cassa della Regione, avverte il dirigente Vincenzo Falgares, la Sicilia si troverà alle prese con un’altra impresa disperata e con un altissimo rischio di non riuscire a spendere i fondi, gli unici rimasti per le infrastrutture in una Regione dal bilancio asfittico.

La vecchia programmazione

La prima scadenza alle porte è quella del 31 dicembre, tra due settimane esatte. Entro quella data i soggetti beneficiari delle misure del Po Fesr 2007-2013, che assegnava poco meno di quattro miliardi e mezzo di euro alla Sicilia, devono procedere ai pagamenti. Poi ci sarà tempo fino al marzo del 2017 per completare le certificazioni e per rendere funzionanti le opere (ad esempio il tram di Palermo, malgrado la vulgata parli di soldi persi se non viaggerà entro il 31 dicembre). Al momento ci sono tre miliardi e 600 milioni di pagamenti già registrati, spiega Falgares ai giornalisti, a margine di un incontro pubblico sul Programma Operativo di Cooperazione Transfrontaliera Italia-Malta 2007/2013.

Da spendere rimangono circa ottocento milioni. Una parte, circa la metà, sarà assorbita dai così detti “retrospettivi”, cioè interventi finanziati in origine da altre fonti (statali ad esempio) che saranno imputati al programma europeo. Si tratta di interventi sulle reti ferroviarie, sull’edilizia ospedaliera e soprattutto sull’edilizia scolastica. Una parte delle somme che non risultano ufficialmente ancora spese, poi, spiega Falgares, potrebbe essere già stata spesa e non ancora registrata dai beneficiari.

Insomma, c’è un moderato ottimismo sulla possibilità di spendere tutte le somme senza perdere un euro, obiettivo che solo un paio di anni fa pareva proibitivo alla luce dei ritardi accumulati nei primi cinque anni. Per sapere se l’obiettivo sarà centrato bisognerà aspettere l’anno prossimo quando si dovrà terminare la rendicontazione della spesa, da presentare a marzo 2017.

La rimonta, almeno nei numeri (un conto è parlare di quanto si spende, un altro è per cosa si spende)  c’è stata. Ma si è trattato di un percorso ad ostacoli. Viste anche le difficoltà dell’ultimo anno, che Falgares riassume: “L’esercizio provvisorio, il riaccertamento dei residui attivi e passivi che ha bloccato gli strumenti contabili da giugno e agosto, poi il problema del patto di stabilità”. Tutte grane che hanno rallentato la spesa, con una Regione alle prese con serissimi problemi di cassa.

La nuova programmazione

È proprio quello della cassa il principale problema. Lo è stato in questi ultimi anni per la vecchia programmazione, minaccia di esserlo ancora di più per la nuova, quella 2014-2020.

I grossi ostacoli alla spesa dei fondi europei, spiega lo stesso Falgares, sono due. Il primo è di carattere organizzativo. Il sistema, così com’è, non ce la fa. E il problema non riguarda la Regione, ma tutti i soggetti coinvolti, dai Comuni alle Università. “È previsto un piano di rafforzamento amministrativo. Ma non c’è stata abbastanza tensione su questo punto”, commenta con amarezza e preoccupazione il dirigente generale.

Servirebbe la politica, per affrontare una questione cruciale. Politica che fin qui è stata affaccendata in tutt’altro, tra poltrone e rimpasti. E una vicenda dirimente come il corretto e proficuo utilizzo dei fondi comunitari, gli unici soldi rimasti alla Sicilia per fare qualcosa che non sia pagare stipendi, non riesce a trovare un posto centrale nel dibattito malgrado i tanti buoni propositi.

E c’è poi il secondo, grande problema. Quello della cassa. La quota di compartecipazione della Regione alla spesa dei progetti comunitari è infatti contenuta e non crea troppi problemi dal punto di vista della competenza. Il problema sta però nell’anticipazione delle somme, che devono essere interamente pagate dalla Regione. Il che, viste le ben note sofferenze di cassa degli ultimi tempi, rappresenta un grosso problema. Tanto più, spiega lo stesso Falgares, quando la spesa si concentra tutta in un periodo contenuto, come è successo negli ultimi due anni, con tre miliardi e mezzo da spendere.

Se non si affronteranno per tempo entrambi gli ostacoli, quello legato all’organizzazione e quello della cassa, la sfida della nuova programmazione, una sfida da quattro miliardi e mezzo di euro, rischia di essere davvero proibitiva per la Sicilia. E trasformarsi in un’altra occasione persa.

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